Università: cronologia di uno sciopero
Per chi sostiene che, al posto dello sciopero, i docenti universitari avrebbero potuto trovare altre soluzioni. Come è nata l’idea della protesta, come è cresciuta, come ha dovuto piegarsi, alla fine, a un modus che nemmeno ai professori fa piacere adottare.
POLITICA – Da lunedì 28 agosto a martedì 31 ottobre 5444 docenti e ricercatori di 79 università italiane hanno deciso di astenersi dal tenere il primo appello degli esami di profitto per la durata massima di 24 ore. Tutto rimandato all’appello successivo, o a uno straordinario nel caso in cui ve ne fosse uno solo fissato. La motivazione riguarda le classi e gli scatti di stipendio, rimasti bloccati nel quinquennio 2011-2015: i docenti chiedono che lo sblocco avvenga a partire dal 1 gennaio 2015, come per tutti gli altri dipendenti pubblici, invece che dal 1 gennaio 2016, e che gli anni dal 2011 al 2014 vengano giuridicamente riconosciuti. C’è chi ha criticato questo sciopero come un provvedimento lesivo nei confronti degli studenti, ma quali sono gli eventi principali che hanno portato allo sciopero?
2010: Il Governo Berlusconi blocca gli stipendi per tutti i dipendenti pubblici per tre anni, dal 2011 al 2013. Per i docenti universitari e gli altri dipendenti pubblici blocca anche le progressioni di carriera.
2013: Il Governo Letta prolunga il blocco, per tutti, anche per il 2014.
Fine 2014: Il Governo Renzi sblocca contratti e aumenti per tutti i dipendenti pubblici, tranne che per la docenza universitaria.
Carlo Ferraro, docente del Politecnico di Torino e coordinatore del Movimento per la Dignità della Docenza Universitaria (nato proprio in questo contesto di blocchi stipendiali e tagli all’Università), sottolinea come “non si tratti più solo di una questione economica, ma di dignità. Nell’opinione pubblica, data la discriminazione e il differente trattamento rispetto a tutto il pubblico impiego, si accredita la sensazione che la docenza universitaria sia una spesa pubblica improduttiva che è bene tagliare per sempre.”
Fine 2015: Non viene più rinnovato il blocco anche per il 2016, ma il periodo 2011-2015 viene totalmente ignorato. Questo comporta un ritardo di cinque anni nelle progressioni di carriera, per tutta la vita, fino a incidere sul trattamento di fine servizio e sulla pensione.
In totale, è stato calcolato un danno medio di oltre 90 000 euro netti per ciascun docente, da sommare agli oltre 10 000 euro netti accumulati nel periodo 2011- 2014.
A partire dal 2014 i docenti, avvertendo una pesante discriminazione rispetto a tutto il pubblico impiego, mettono in atto una serie di azioni volte a veder riconoscere la retribuzione che spetta loro, a fronte del lavoro svolto, non chiedendo in alcun modo che vengano versati loro gli arretrati.
2014: Lettera al Presidente del Consiglio (10 000 firme).
Inizio 2015: Sciopero bianco.
Giugno 2015: Manifestazione nei Rettorati.
2015: Lettera al Presidente della Repubblica (che la trasmette al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, 14 000 firme).
2015-2016: Azione sulla VQR del 2015-2016 (lanciata dal Movimento, non condivisa da tutti i docenti, ma che ha ottenuto lo sblocco parziale di classi e scatti stipendiali dal 1 gennaio 2016).
16 novembre 2016: Lettera al Presidente del Consiglio, contenente un’ipotesi di sciopero dagli esami (10 000 firme).
27 novembre 2016: Ulteriore lettera al Presidente del Consiglio, che ribadiva con maggior
forza l’ipotesi di sciopero dagli esami.
30 novembre 2016: Incontro di una rappresentanza del Movimento con due delegati della Presidenza del Consiglio (incontro rimasto senza alcun seguito).
27 marzo 2017: Primo incontro tra una rappresentanza del Movimento e tre delegati della Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (sembrava essersi aperto uno spiraglio).
7 giugno 2017: Secondo incontro tra una rappresentanza del Movimento e due delegati della Ministra dell’Istruzione (ottenuto dopo tre richieste al MIUR, in data 20 aprile, 11 maggio e 21 maggio scorsi, al fine di avere risposte), dopo il quale non si è avuto alcun riscontro positivo né qualsivoglia risposta, che era stata promessa entro due giorni.
Il Movimento aveva chiarito agli interlocutori, per evitare equivoci, che se non fosse arrivato un riscontro entro i tempi promessi avrebbe interpretato il silenzio come una risposta negativa e avrebbe proclamato lo sciopero (già prospettato come possibile soluzione in data 27 novembre 2017 e poi accantonato con l’avvicendarsi del nuovo Governo). L’attesa di una risposta, in realtà, si è protratta per un totale di 20 giorni, anche se invano.
27 giugno 2017: Lettera di proclamazione di sciopero dagli esami di profitto – Sessione autunnale a. a. 2016-2017 (firmata da 5444 Professori e Ricercatori Universitari e Ricercatori di Enti di Ricerca di 79 Università e Enti di Ricerca Italiani).
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