#ClassiciRiscoperti: L’incontro con gli alieni nella Sfera di Michael Crichton
Un incontro ravvicinato del terzo tipo o qualcosa di più complesso e subdolo? Non uno dei migliori romanzi dell'autore di Jurassic Park, ma degno figlio di un decennio innamorato degli alieni
STRANIMONDI – Norman Johnson è abituato a essere svegliato nel cuore della notte da un ordine. Vestirsi in fretta, la valigia già pronta per le emergenze e viaggiare a bordo di aerei militari costituiscono una routine a cui è piuttosto abituato. Non si scompone nemmeno quando scopre che l’elicottero che lo trasporta sta per atterrare dalle parti di Tonga. Arriva sul ponte di una nave americana in un’area del Pacifico dove ve ne sono in attesa anche delle altre e pensa di trovarsi di fronte a un’altra delle disgrazie di cui è esperto. Norman Johnson, infatti, è uno psicologo esperto di disastri aerei e viene chiamato ogni qual volta c’è da gestire eventuali sopravvissuti sotto shock e le autorità che li interrogano per comprendere al meglio l’accaduto. Ma questa volta, lo scopre presto, lo scenario è completamente diverso.
Fin dalla prima parte, intitolata “la superficie”, veniamo a sapere che il protagonista, non più tanto giovane e oramai in realtà stanco di quei viaggi faticosi per il corpo e la mente, è stato richiamato dalla marina militare americana per tutt’altro motivo. Anni prima, quando era ancora un giovane psicologo che cercava di trovare un lavoro per mantenere la famiglia, Johnson ha scritto un rapporto per il governo USA in cui ipotizza la strategia migliore per sostenere un eventuale incontro con una forma di vita aliena. Il titolo del documento Top Secret è Raccomandazioni per un’interazione tra un’equipe umana e forme di vita sconosciute e indica, tra le altre cose, quale sia la composizione migliore di una squadra per lo scopo:
«Le squadre che contatteranno una forma di vita sconosciuta (ULF) dovranno essere preparate a un violento impatto psicologico . Si verificheranno quasi certamente reazioni estreme di ansia. Bisognerà determinare i tratti delle personalità degli individui in grado di resistere a condizioni estremamente ansiogene e scegliere individui del genere per la squadra. L’ansia di fronte all’ignoto non è stata studiata a sufficienza. Non si conoscono e non si possono prevedere completamente in anticipo le paure scatenate da contatti con una nuova forma di vita. Ma la conseguenza più probabile di questi contatti è un profondo terrore».
Sì, perché quello sul fondo del Pacifico non è l’ennesimo aereo civile, ma un’astronave aliena ritrovata quasi per caso, ma probabilmente precipitata sulla piattaforma continentale, a trecento metri di profondità, qualche secolo fa. Esistono, quindi, gli alieni, che mentre gli americani erano intenti a combattere per la propria indipendenza dalla Corona britannica erano già in grado di costruire astronavi in grado di spostarsi nel cosmo. E che cosa voleva la marina? Che lui, assieme alla squadra che lui stesso aveva indicato nel suo lavoro andassero a incontrarli.
Crichton prima di Jurassic Park
Quando Michael Crichton nel 1987 pubblica Sfera, non è ancora lo scrittore/star che diventerà qualche anno più tardi dopo aver scritto Jurassic Park (1990), e soprattutto dopo che il romanzo è stato adattato al cinema da Steven Spielberg nel 1993. Ma è comunque uno scrittore famosissimo, anche al di fuori del pubblico della fantascienza. Ha esordito con il suo vero nome con uno dei capolavori di tutti sul tema dell’epidemia del virus killer (Andromeda), ma ha anche pubblicato due romanzi d’avventura che hanno lasciato il segno: Mangiatori di morte, un falso storico sulle avventure di un gruppo di vichinghi, e Congo, su una missione alla ricerca di diamanti in Africa. Sfera è invece un ritorno a pieno titolo nel campo della fantascienza, con un legame neanche troppo nascosto con un altro suo romanzo del 1972, Il terminale uomo.
La prima parte di Sfera, per certi versi, sembra una prova generale di Jurassic Park, con la squadra che si riunisce per la missione, un piano che viene puntualmente messo a repentaglio da eventi inattesi e una serie di dettagli che vengono dati in pasto al lettore con il contagocce, ma in grado di creare la giusta tensione che fa aumentare la velocità di lettura per cercare di arrivare rapidamente ai momenti di scioglimento e poter tirare il fiato. Sul fronte della scienza, Crichton è come sempre meticoloso: le strutture subacquee usate come appoggio per l’esplorazione del relitto sono perfettamente compatibili con quelle dell’epoca, la spiegazione tecnica di tutto il loro funzionamento fa felice gli ingegneri e i fisici che lo leggono, che si divertono anche per il dileggio nei confronti dello psicologo, considerato per buona parte del romanzo una specie di nullità scientifica.
Sullo sfondo c’è anche la geopolitica. Siamo comunque durante la Guerra Fredda e si vuole arrivare prima dei sovietici, sotto un alone spesso di segretezza e compartimentazione delle informazioni. Si tratta di uno scenario basato assolutamente su fatti reali. Lo dimostra la recente notizia che il programma di identificazione degli UFO del Pentagono si è interrotto solamente nel 2012, dopo che ufficialmente era già stato chiuso. Anzi, il programma americano va perfettamente d’accordo con la trama del romanzo di Crichton, perché per un certo verso ha funzionato come se le navi aliene avessero già visitato la Terra, in un clima che ricorda davvero da vicino gli anni Ottanta cinematografici e televisivi di E.T., Incontri ravvicinati del terzo tipo e il recente Stranger Things.
Imperfetto, ma ancora godibile
Purtroppo la seconda parte del romanzo non è all’altezza della prima (cosa che non avviene in Jurassic Park e Il mondo perduto, dove la trama rimane solida) soprattutto per due elementi. Il primo è un twist della trama che, però, ingarbuglia enormemente il prosieguo delle vicende. Si scopre presto, infatti, che l’astronave non è aliena, ma americana. Avrebbe quindi viaggiato indietro nel tempo per arrivare sulla Terra quando però qualcosa è andato storto ed è finita in fondo al Pacifico. Qui Crichton sfrutta la teoria del passaggio da un’altra zona spazio-temporale attraverso un buco nero, un’idea già di 2001. Odissea nello spazio e del più recente Interstellar. Ma non si spiega bene perché avrebbe voluto tornare, con quale scopo (esplorativo? Un collaudo?) e non si capisce fino in fondo nemmeno che cosa sia andato storto.
Il secondo elemento che ingarbuglia la storia, che a un certo punto diventa più un thrillerone d’azione un po’ confusionario che si risolve più a cazzotti che con l’uso del cervello, è il fatto che una specie di Hal-9000 (grossomodo, la sfera del titolo) si manifesta in modo violento contro la squadra di scienziati che cerca di entrarvi in contatto. Il meccanismo con cui agisce ha a che fare con il controllo della mente (ecco il legame con Il terminale uomo), ma lascia un po’ insoddisfatti perché porta a un finale che sembra artificioso, come se Crichton non fosse più in grado di controllare la trama e dovesse poi rispondere (troppo) rapidamente a una serie di punti interrogativi che ha disseminato nelle pagine precedenti. Ma, al netto di questi limiti, Sfera garantisce alcune ore di adrenalina vera, come solo i romanzi di razza sanno regalare, e un’immersione meno scontata rispetto ai soliti titoli in quell’universo anni Ottanta che sembra essere diventato una parte imprescindibile dell’immaginario pop di questi ultimi anni.
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