STRANIMONDI

La ricetta segreta di Netflix e altre magie informatiche

"Problemi, algoritmi e coding", un libro di Pierluigi Crescenzi e Linda Pagli, ci racconta l'informatica e i ragionamenti matematici di alcuni celebri algoritmi

STRANIMONDI – Leggenda narra che ad Atlanta, nella sede della Coca Cola, sia presente una copia segretissima della ricetta originale della bevanda. Stessa cosa si dice di quella della Sachertorte, custodita in una cassetta di sicurezza in una pasticceria viennese. La ricetta di una bibita o di una torta è di fatto un algoritmo che spiega come produrre qualcosa. In informatica, un algoritmo è ciò che consente, una volta individuato un problema, di scrivere una serie di passaggi per risolvere quel problema consentendo di passare a una successiva fase di progettazione(*). “Oggi si parla molto di coding, ma è un po’ la punta dell’iceberg: volevamo riportare l’attenzione sull’informatica in ogni suo passaggio. E prima del coding ci sono i problemi e gli algoritmi” afferma Linda Pagli, che insieme a Pierluigi Crescenzi è autrice della Chiave di Lettura Zanichelli Problemi, algoritmi e coding (192 pagine, € 11,90). Pagli e Crescenzi sono professori di informatica, rispettivamente all’Università di Pisa e Firenze.

Dire che l’informatica ha invaso con prepotenza ogni ambito della nostra vita è un’affermazione banale. Usiamo lo smartphone non solo per fare cose che all’incirca un decennio fa facevamo con molti più oggetti: il telefono cellulare, il computer, il navigatore, la carta di credito, il telecomando, la stampante, lo scanner, la macchina fotografica, il lettore mp3. Oggi tutti questi aspetti della nostra vita sono stati del tutto informatizzati, con un doppio effetto. Da un lato risolviamo meglio e in modo più efficiente alcuni problemi, dall’altro creiamo continuamente una mole di dati inimmaginabile legata al nostro modo quotidiano di risolvere questi problemi. Il nostro smartphone (e non solo) sa dove abitiamo, dove lavoriamo, dove paghiamo e come, quali programmi televisivi guardiamo, cosa ascoltiamo, e moltissimo altro.

Molto spesso discorsi di questo genere sfociano in considerazioni sociologiche o che comunque si concentrano sugli effetti più esterni dell’informatizzazione della nostra vita, sia nella valutazione dei benefici che in quella dei lati problematici: su questi ultimi, rimandiamo a Black Mirror. Crescenzi e Pagli invece vanno controcorrente e ci riportano all’origine, cioè all’informatica. “Volevamo rimettere al centro l’informatica come scienza difficile, non povera, e soprattutto come ambito matematico. Un informatico che non ama la matematica non sarà mai un bravo informatico”, affermano orgogliosamente gli autori. L’informatica è difficile, ha delle regole, richiede un ragionamento rigoroso. Il libro ne è coerente conseguenza: richiede attenzione, attraverso una lettura attenta e applicata poiché gli algoritmi che ci porta a scoprire sono difficili. Simbolicamente, Crescenzi e Pagli ci conducono infatti a vedere la ricetta della Sacher, ovvero ci introducono agli algoritmi di alcuni giganti del web come Google e Netflix.

Per sgombrare il campo da equivoci, il libro non ci fornisce le ricette segrete nella loro completezza. “Non potrebbe, perché sono realmente segrete e di proprietà di aziende che sono colossi e fatturano miliardi di dollari proprio grazie a queste ricette” ci raccontano gli autori. “Tuttavia, dal modo in cui funziona la ricerca su Google o il sistema con cui Netflix ci suggerisce film e serie tv a noi affini possiamo sicuramente individuarne alcuni ingredienti”. Come a dire: non sapremo tutti i dettagli della ricetta, ma che nella Sacher ci sia il cioccolato è piuttosto assodato. “Sappiamo per certo che il sistema di ricerca di Google funziona attraverso il page rank, che è ciò che ha reso Google così competitivo. Il page rank è l’assegnazione di un valore, cioè di un voto, alla pagina web che stiamo cercando e sulla quale potremmo cliccare. Google associa a una pagina una valutazione sulla base della sua popolarità: più la pagina è popolare, più persone ci vanno, più Google la trova”.

Se Google e il suo sistema di ricerca rendono di fatto possibile e agevole cercare un ago in un pagliaio, Netflix dal canto suo ha introdotto un sistema di intrattenimento concettualmente diverso da quello cui siamo abituati. Guardare la televisione generalista – ma in una certa misura anche quella satellitare e tematica – richiedeva adattare le nostre esigenze alla programmazione. Compravamo guide tv per sapere cosa andava in onda e quando. I box sets di Sky e di altre reti satellitari, la possibilità di registrare nel decoder e banalmente YouTube hanno iniziato la rivoluzione, ma Netflix l’ha estremizzata. Non solo ci offre quando vogliamo un contenuto, ma ribalta completamente l’approccio dell’utente televisivo. Netflix crea la nostra guida tv, ci suggerisce non solo cosa guardare, ma cosa ci può piacere. Un grande cambiamento, basato anche su uno dei cardini della rivoluzione informatica del web: la collaborazione tra utenti. Cercare un contenuto sulle piattaforme streaming delle reti satellitari o generaliste trasportate sul web non è sempre agevole, né rapido e funzionale. Soprattutto, queste piattaforme richiedono ancora un certo grado di impegno all’utente che in certi casi deve sapere che cosa, dove, come e quando cercare. Con le informazioni che lasciamo guardando le serie in streaming, Netflix raccoglie una miriade di dati su di noi e contemporaneamente sulle proprie serie, che possono così essere valutate in termini di ascolto, ma non solo: Netflix sa in quanto tempo vediamo una serie, per quante ore di fila, per quanti giorni, e così via. Il video che trovate sopra riassume un comunicato ufficiale Netflix che si basa esattamente su questi dati.

Inoltre, su Netflix gli utenti possono decidere anche di fornire volontariamente dati al sistema, votando le serie e i contenuti che guardano. “Il senso di collaborazione e il far parte di una comunità sono i cardini del sistema di raccomandazione di Netflix: più si collabora, più funziona bene”. Netflix propone di votare i propri contenuti attraverso il classico pollice alzato o verso a fianco del titolo. Votando, diamo a Netflix parametri tali che, opportunamente elaborati, consentono di arricchire il database del colosso di streaming, di profilarci come utenti e di utilizzare l’informazione per portare in evidenza di utenti a noi simili serie che a noi sono piaciute, e di nasconderne altre che non ci sono piaciute. “Il sistema non è infallibile, ma funziona già in modo soddisfacente. Più gli utenti collaborano, più funzionerà meglio: è anche la logica che sta dietro a Google Translate o Google Maps. Le traduzioni sono nettamente migliorate, anche grazie alla collaborazione degli utenti”. La raccomandazione si basa su uno scambio di opinioni su larghissima scala che sfrutta quello che avviene in ogni ufficio, sui siti web, ovunque. “Si pensi a quante serie o film consigliamo o sconsigliamo a voce, quando parliamo con amici e colleghi. Il sistema di Netflix traduce in chiave informatica una nostra abitudine quotidiana” affermano gli autori.

Di certo, tornando al discorso delle ricette, anche nel caso di Google e Netflix c’è una questione non trascurabile: entrambe sono aziende private, che offrono servizi gratis o a un costo ragionevole, ma che si arricchiscono moltissimo attraverso la collaborazione di noi utenti e attraverso i nostri dati. Questa rimane chiaramente una questione delicata, che richiede la massima trasparenza possibile nel pieno rispetto della privacy. Un primo passo per essere più consapevoli di ciò che usiamo, di come lo usiamo (e di come lui usa noi) è probabilmente il valore aggiunto del libro di Crescenzi e Pagli. Un libro che ci accompagna proprio alla scoperta della logica, della matematica e dei ragionamenti che stanno dietro a questi sistemi diventati ormai nostri compagni quotidiani.

segui Enrico Bergianti su Twitter

Leggi anche: Realisti di una realtà più grande

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

(*) l’8 febbraio è stata tolta la parentesi (altrimenti detto “coding”) perché poteva generare malintesi nel contesto della frase

Condividi su
Enrico Bergianti
Giornalista pubblicista. Scrive di scienza, sport e serie televisive. Adora l'estate e la bicicletta.