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Phobos e Deimos, le “asciutte” lune di Marte nate da un violento impatto?

Un nuovo modello sviluppato dai ricercatori del SouthWest Research Institute dimostra che le lune marziane si sono formate da un impatto simile a quello Terra-Luna: la loro composizione è simile a quella del pianeta rosso

L’immagine mostra come appaiono le lune di Marte viste dalla superficie del pianeta rosso (sinistra) a confronto con la Luna vista dalla Terra (destra), che è circa 100 volte più grande di Phobos in una immagine scattata da Mars rover Curiosity della NASA il 1° agosto 2013. Crediti immagine: NASA/JPL-Caltech/Malin Space Science Systems/Texas A&M University

SCOPERTE – Come si sono formate le due piccole lune del pianeta Marte, Phobos e Deimos? Da decenni i ricercatori discutono sull’origine dei due satelliti e ora un nuovo modello sviluppato dai ricercatori del Southwest Research Institute, SwRI, ipotizza che come per il sistema Terra-Luna, anche le due lune siano nate dal violento impatto tra il proto-pianeta Marte e un oggetto delle dimensione al massimo di un pianeta nano, come Cerere, o di un asteroide come Vesta.

I ricercatori guidati da Robin Canup, vice presidente associato della divisione Space, Science and Engineering del SwRI hanno pubblicato i risultati dello studio sulla rivista Science Advances e spiegano che se la teoria dell’impatto si rivelasse quella giusta, la composizione delle due lune sarebbe molto simile a quella del pianeta rosso, ma i nuovi corpi celesti sarebbero asciutti, avrebbero cioè perso tutto il vapore acqueo.

Il dibattito sull’origine di Phobos e Deimos si divide tra chi ritiene che questi oggetti siano due asteroidi catturati dalla gravità di Marte e chi, come gli autori della ricerca, ritiene che si siano formati dal disco di detriti equatoriali prodotti dall’impatto tra il pianeta stesso e un altro corpo celeste. Quest’ultima ipotesi, infatti, spiegherebbe anche perché le orbite delle due lune sono quasi circolari e co-planari.

Fino ad oggi, però, non era stato possibile sviluppare un modello promettente, per via della bassa risoluzione numerica e delle tecniche di modellazione eccessivamente semplificate di cui gli scienziati disponevano. Nello studio pubblicato da Canup e colleghi, invece, si è ottenuto il primo modello auto-consistente per identificare il tipo di impatto necessario a guidare il processo di formazione delle due piccole lune.

Canup e il suo team di scienziati hanno utilizzato simulazioni idrodinamiche a larga scala per modellare collisioni in scala planetaria, incluso il prevalente modello di formazione Terra-Luna e ha spiegato:

“Un risultato chiave di questo nuovo lavoro è la dimensione del corpo di impatto: abbiamo scoperto che è necessario un grande corpo celeste, simile per dimensioni a un grande asteroide come Vesta o al pianeta nano Cerere, piuttosto che un corpo celeste gigantesco. Il modello inoltre prevede che le due lune siano nate primariamente dal materiale proveniente da Marte, quindi la loro composizione principale dovrebbe essere simile nella maggior parte dei suoi elementi a quella del pianeta rosso. Inoltre, il riscaldamento e la bassa velocità di fuga da Marte suggeriscono che il vapore d’acqua sia andato perso, e ciò implica che le lune siano asciutte se formate dopo l’impatto”.

Il corpo celeste che ha impattato con il proto-Marte dunque deve essere molto più piccolo di quello che 4.5 miliardi di anni fa si è scontrato con la proto-Terra, dando vita alla Luna. La Terra infatti ha un diametro di 12742 chilometri, contro il diametro di Marte pari a 6779 chilometri. La nostra Luna invece ha un diametro di 3474 chilometri, cioè circa un quarto di quello terrestre.

Le lune marziane invece sono ben più piccole: Deimos infatti ha un diametro di appena 12 chilometri e Phobos di 23 chilometri e disegnano orbite approssimativamente circolari e molto vicine al pianeta rosso. Stando a queste dimensioni, il corpo celeste protagonista dell’impatto per il modello dovrebbe avere dimensioni che vanno da un diametro pari a quello dell’asteroide Vesta, di circa 530 chilometri, fino a quello del pianeta nano Cerere, pari a 946 chilometri. Julien Salmon, co-autore dello studio, ha spiegato:

“Abbiamo utilizzato modelli all’avanguardia per dimostrare che corpi celesti delle dimensioni da Vesta fino a Cerere possono produrre un disco di detriti che permetta la formazione delle due piccole lune di Marte. La porzione più esterna del disco si è ammassata fino a formare Phobos e Deimos, mentre la porzione più interna del disco si è ammassata in lune più grandi che probabilmente hanno spiraleggiato fino ad essere inglobate dal pianeta rosso. I corpi celesti più grandi, utilizzati nei modelli degli studi precedenti, prevedono invece la formazione di dischi massivi e lune interne ancora più massive che impediscono la sopravvivenza di piccole lune come quelle marziane”.

Il risultato ottenuto dai ricercatori è importante soprattutto in vista del lancio della missione Mars Moons eXploration, MMX, della Japan Aerospace Exploration Agency, che avverrà nel 2024 e che porterà alla volta delle lune marziane anche strumenti messi a punto dalla NASA. La sonda spaziale infatti farà visita a Phobos e Deimos, atterrando sulla superficie della prima e raccogliendo campioni che saranno poi riportati sulla Terra nel 2029 e analizzati.

Avere una teoria da verificare, ha sottolineato Canup, rappresenta un obiettivo importante per la missione MMX, che grazie ai campioni raccolti permetterà in futuro di stabile l’esatta composizione delle lune marziane e se questa sarà compatibile con quella di Marte, ma più asciutta, sarà possibile convalidare l’ipotesi degli scienziati, che costituisce dunque un importante occasione per determinare l’origine delle due piccole e misteriose lune “rosse”.

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Veronica Nicosia
Aspirante astronauta, astrofisica per formazione, giornalista scientifica per passione. Laureata in Fisica e Astrofisica all'Università La Sapienza, vincitrice del Premio giornalistico Riccardo Tomassetti 2012 con una inchiesta sull'Hiv e del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica Giancarlo Dosi 2019 nella sezione Under 35. Content manager SEO di Cultur-e, scrive di scienza, tecnologia, salute, ambiente ed energia. Tra le sue collaborazioni giornalistiche Blitz Quotidiano, Oggiscienza, 'O Magazine e Il Giornale.