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Ángeles Alvariño, l’oceanologa eclettica che ha scoperto 22 specie di plancton

Donna dai molteplici interessi, nel corso della sua vita ha attraversato ambiti di ricerca molto diversi tra loro – dalla letteratura alla psicologia sperimentale, dalla chimica analitica alla storia della navigazione – mostrando una vastità di orizzonti culturali e un eclettismo non comuni.

“La creatività e l’immaginazione sono gli ingredienti di base per gli scienziati, esattamente come per gli artisti, perché la scienza è un’arte”. Sono parole di María Ángeles Alvariño González, conosciuta come Ángeles Alvariño, grande oceanologa del secolo scorso. Passata alla storia per essere stata la prima donna in assoluto a imbarcarsi come ricercatrice su una nave oceanografica britannica, nel corso della sua carriera Alvariño ha scoperto ventidue specie di organismi marini.

È stata una delle massime autorità mondiali in fatto di plancton oceanico e ha contribuito in modo significativo alla comprensione dei grandi ecosistemi acquatici, ma ricordarla solo per i suoi meriti scientifici sarebbe riduttivo. Donna dai molteplici interessi, nel corso della sua vita ha attraversato ambiti di ricerca molto diversi tra loro – dalla letteratura alla psicologia sperimentale, dalla chimica analitica alla storia della navigazione – mostrando una vastità di orizzonti culturali e un eclettismo non comuni; a guidarla, oltre a un’insaziabile curiosità, la consapevolezza che tra discipline scientifiche e umanistiche non esistono barriere invalicabili e che arte e scienza altro non sono che due facce della stessa medaglia.

María Ángeles Alvariño González nasce nel 1916 a Ferrol, in Galizia, regione situata nell’estremità nordoccidentale della Spagna. Bambina intelligente e precoce, a tre anni sa già leggere e studia pianoforte. Suo padre, il medico Antonio Alvariño Grimaldos, ha una biblioteca ricca di libri di zoologia e storia naturale, che Ángeles legge avidamente. A soli 15 anni consegue il diploma presso il liceo Concepción Arenal di Ferrol e si iscrive all’Università di Santiago de Compostela. Frequenta sia i corsi di scienze che quelli di lettere, e nel 1933 si laurea dopo aver discusso due tesi, i cui titoli sono indicativi della vastità dei suoi interessi: “Insetti sociali” e “Le donne nel Don Chisciotte”. L’anno successivo è ammessa alla facoltà di scienze naturali dell’Università di Madrid, ma nel 1936 – quando scoppia la guerra civile spagnola – è costretta a interrompere gli studi; rientra quindi in Galizia, dove si dedica allo studio della lingua inglese e francese.

Tornata a Madrid dopo la vittoria di Franco, si laurea in scienze naturali nel 1941. Insegna biologia e geologia in istituti universitari galiziani fino al 1948, anno in cui inizia a lavorare presso il Dipartimento di pesca marittima dell’Instituto Español de Oceanografía di Madrid. Alvariño non ha alcun incarico ufficiale: lo IEO all’epoca non accetta né ricercatrici né studentesse, inoltre gran parte del lavoro dovrebbe essere svolto su navi della marina spagnola, ma è ancora in vigore una legge del XVIII secolo che vieta alle donne di imbarcarsi. In considerazione delle sue indiscutibili qualità, però, alla scienziata viene concessa la possibilità di condurre le sue ricerche e di seguire alcuni corsi di oceanografia presso la sede dell’istituto. In quegli anni la donna porta avanti i suoi studi anche all’Università di Madrid, riuscendo a esprimere appieno il proprio eclettismo; nel 1951, dopo aver discusso una prima tesi sulla presenza di fosfati nell’oceano, un’altra sulla distribuzione e il commercio delle alghe e un’ultima sul concetto di personalità sociale, consegue un diploma di laurea in tre discipline diverse: chimica analitica, ecologia delle piante e psicologia sperimentale.

Nel 1952 Alvariño inizia a lavorare come biologa oceanografica presso la sede galiziana dello IEO, a Vigo; si tratta, finalmente, di una posizione ufficiale. Le sue prime ricerche, pubblicate sulla rivista dell’istituto, riguardano le incrostazioni di organismi marini sugli scafi delle navi. Poco dopo aver ottenuto l’incarico a Vigo, la scienziata vince una borsa di studio del British Council per una collaborazione con la Marine Biological Association di Plymouth dove, sotto la guida degli importanti biologi marini Frederick Stratten Russell e Peter Corbin, inizia a occuparsi di zooplancton. Nel 1953 è la prima donna di sempre a imbarcarsi in veste di ricercatrice su una nave oceanografica britannica, il Sarsia; ha così l’opportunità di prelevare numerosi campioni d’acqua e analizzare le varie specie di plancton presenti nel canale della Manica e nel golfo di Biscaglia, concentrandosi soprattutto su tre grandi gruppi di organismi marini: i chetognati, i sifonofori e le meduse. Si tratta di un campo di studi pionieristico, che consente alla scienziata di compiere importanti scoperte sull’evoluzione dell’ecosistema dell’Atlantico. In particolare i chetognati,  piccoli predatori che si nutrono di altro plancton, mostrano di avere reazioni specifiche alle caratteristiche delle aree in cui vivono, fornendo così preziose informazioni sui cambiamenti di temperatura e di composizione delle acque oceaniche.

Rientrata a Vigo nel 1954, Alvariño prosegue le sue ricerche nelle acque prospicienti la penisola iberica, progettando reti da pesca speciali e coinvolgendo nelle attività di campionamento studiosi e pescatori del luogo. Due anni dopo, la Commissione Fulbright le conferisce un’altra borsa di studio, stavolta per lavorare alla Woods Hole Oceanographic Institution di Cape Cod, in Massachusetts. Lì incontra Mary Sears, ricercatrice specializzata in zooplancton, che – rimasta colpita dalla qualità del suo lavoro – decide di metterla in contatto con Roger Revelle, importante oceanografo e direttore della Scripps Institution of Oceanography di La Jolla, in California. L’uomo offre subito alla scienziata una posizione da biologa presso il suo istituto, dando il via a una collaborazione che si rivelerà molto proficua e che andrà avanti fino al 1969. In questi anni Alvariño approfondisce i suoi studi sullo zooplancton, analizzando migliaia di campioni provenienti dalle acque al largo della California, ma anche da altre aree del Pacifico e dagli oceani Atlantico e Indiano. Scopre una nuova specie di medusa, nove specie di sifonofori e dodici specie di chetognati e realizza un modello che mostra la distribuzione globale di questi organismi.

Nel frattempo riprende i suoi studi e nel 1967 consegue il dottorato in biologia presso l’università di Madrid, discutendo una tesi dal titolo “I chetognati dell’Atlantico”. Nel gennaio del 1970 lascia la Scripps Institution ed entra a far parte del Southwest Fisheries Science Center (SWSFC), parte della National Oceanic and Atmospheric Administration del governo statunitense. Oltre a portare avanti il suo lavoro al SWSFC, nel corso degli anni Settanta e Ottanta tiene corsi di biologia marina e oceanografia per dottorandi di varie università, coordina un team di ricerca oceanografica che coinvolge numerosi Paesi dell’America Latina e ottiene finanziamenti per condurre ricerche sull’ecosistema planctonico delle acque antartiche. Continua a partecipare a spedizioni organizzate da varie università anche dopo il 1987, anno in cui va ufficialmente in pensione. Negli ultimi anni della sua vita si appassiona alla storia delle esplorazioni scientifiche del passato e scrive un libro sulla grande spedizione nelle acque dell’Atlantico occidentale e del Pacifico compiuta a fine Settecento da Alessandro Malaspina, navigatore italiano al servizio della corona spagnola.

Nel corso della sua straordinaria carriera Ángeles Alvariño ha ottenuto molti importanti riconoscimenti, ma forse per lei la soddisfazione più grande è stata quella di vedere due specie planctoniche battezzate col suo nome, un chetognato (Aidanosagitta alvarinoae) e una medusa (Lizzia alvarinoae). Nel 2012, a distanza di oltre sessant’anni dall’applicazione della legge settecentesca che impediva alle donne di imbarcarsi, l’Instituto Español de Oceanografía ha voluto rendere omaggio alla memoria della grande scienziata galiziana – morta nel 2005 – dando il suo nome a una nave oceanografica. La “Ángeles Alvariño” solca ancora oggi le acque dell’Atlantico.


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Simone Petralia
Giornalista freelance. Amo attraversare generi, discipline e ambiti del pensiero – dalla scienza alla fantascienza, dalla paleontologia ai gender studies, dalla cartografia all’ermeneutica – alla ricerca di punti di contatto e contaminazioni. Ho scritto e scrivo per Vice Italia, Scienza in Rete, Micron e altre testate. Per OggiScienza curo Ipazia, rubrica in cui affronto il tema dell'uguaglianza di genere in ambito scientifico attraverso le storie di scienziate del passato e del presente.