STRANIMONDI

Our Planet, viaggio di un naturalista intorno al mondo

8 documentari che parlano del pianeta Terra e di noi: viaggi in habitat straordinari che rivelano gli effetti del cambiamento climatico.

Immagine: Netflix Our Planet

Sette viaggi incredibili in sette habitat naturali per capire ma soprattutto vedere, grazie a immagini straordinarie, gli effetti del cambiamento climatico in atto. Nessuno è al sicuro: nessun fungo, nessun crostaceo millimetrico, nessun pinguino, nessuna tigre, né i giganti del mare come le balenottere azzurre. Non è al sicuro nemmeno Homo sapiens, che questi cambiamenti climatici li ha sulla coscienza. Tuttavia, l’essere umano ha anche gli strumenti culturali, scientifici e tecnologici per limitare i danni. 

Otto documentari sul nostro pianeta. E su di noi

Our Planet, serie di documentari prodotti da Netflix in collaborazione con il WWF, parla di noi e del nostro pianeta, dei suoi meccanismi, dell’evoluzione in atto, del riscaldamento globale e di come sarebbe possibile arginarlo. La serie è costituita da otto puntate, ma la prima (dal titolo “One planet”) è una sorta di sintesi con highlights tratti dalle sette puntate successive. Le puntate e gli habitat sono: mondi congelati, giungle, acque costiere, dai deserti alla praterie, mare aperto, acque dolci e foreste.

Nella versione originale la voce narrante è quella di sir David Attenborough, divulgatore e naturalista britannico. Nella versione italiana la narrazione è affidata a un altro timbro inconfondibile, quello dell’attore e doppiatore triestino Dario Penne, voce italiana, fra gli altri, di Anthony Hopkins, Michael Caine e Christopher Lloyd. La serie ha richiesto circa 3500 giorni per raccogliere tutto il materiale video, 50 paesi visitati e il lavoro di circa 600 persone coordinate dal regista Alastair Fothergill, già al timone dei documentari Planet Earth della BBC.

La serie offre una narrazione dettagliata e incalzante, ricca di dati, capace di convogliare il racconto del particolare al quadro generale. I documentari si avvalgono di immagini meravigliose a ogni scala: da stopmotion di microscopici funghi nascenti a riprese satellitari che mostrano, per esempio, il ruolo dell’agricoltura intensiva nell’estinzione delle praterie. La serie non si limita a mettere davanti ai nostri occhi i problemi generati dall’essere umano, ma ci mostra anche le strategie efficaci per far sì che la Natura possa mettersi in salvo. L’istituzione di aree protette, il ricorso a pesca e agricoltura sostenibili e una drastica riduzione dei combustibili fossili quali fonti di energia sarebbero le vie più rapide per iniziare a limitare i cambiamenti climatici i quali, è bene ricordarlo, sono già in atto.

Specie fantastiche e dove trovarle

Our Planet è il vero e proprio viaggio di un naturalista intorno al mondo. Racconta episodi di vita vegetale e animale, interazioni fra specie, caccia e difesa, fughe e inseguimenti, tipici dei documentari. Lo fa avvalendosi di riprese meravigliose, dagli abissi fino all’interno di una piccola tana di formiche, o nel cuore di una piccola pianta carnivora che si ciba di…feci. Nella puntata Giungle vediamo infatti un esemplare di tupaia, una sorta di scoiattolino, utilizzare una nepente come gabinetto, defecando sulle pareti interne di questa pianta, il cui aspetto ricorda moltissimo quello di un piccolo water verdeggiante. Dopodiché la tupaia scappa via, senza usare la cortesia di tirare la sciacquone.

Ma niente paura: ci pensano le piogge del Borneo a ristabilire il galateo facendo scivolare le feci nella pianta carnivora, che di quelle feci si nutre. Pianta, animale e pioggia: il triangolo che li lega è stato selezionato in centinaia di migliaia anni e si regge su un equilibrio delicatissimo che, per via dei cambiamenti climatici e della progressiva distruzione delle giungle, potrebbe sparire in una decade.

Il pianeta resiste

Guardando Our Planet ci si rende conto di come la Terra sia un pianeta estremamente resistente e resiliente, capace di sfruttare lo spazio e il tempo che diamo alla natura per rimettersi in sesto velocemente. Nelle puntate ci sono diversi esempi di questa straordinaria reattività del pianeta. Uno dei più eclatanti è quanto successo a Chernobyl (lo potete vedere nell’ottava puntata, Foreste). Oggi, a 33 anni dall’incidente, una fitta vegetazione ha colonizzato la città fantasma, e con essa sono tornate molte specie animali come le volpi e i pony, ma anche alcuni predatori primari come i lupi.

Le radiazioni hanno di fatto estromesso Homo sapiens e favorito un ritorno della wilderness. La storia di Chernobyl mostra gli ingredienti necessari per il riscatto della Natura: serve tempo, spazio e protezione. E Chernobyl è a suo modo un’area protetta, poiché inabitabile. Paradossalmente, le radiazioni stanno proteggendo la natura da una minaccia ancora più grave: l’essere umano.

La conservazione e la biodiversità

Tuttavia, noi come specie siamo anche in grado di innescare quei processi virtuosi che possono far sì che il nostro pianeta torni a prosperare. Our Planet mostra altri esempi di conservazione, come quelli attuati nelle acque della Polinesia francese o nelle isole Raja Ampat (Indonesia). Lì la pesca intensiva aveva ridotto al minimo le popolazioni di squali, ma oggi, dopo 12 anni di conservazione e limitazioni alla pesca, ci sono 25 volte più esemplari di un decennio fa. Come spiega la voce narrante, la pesca intensiva è una minaccia molto seria per i nostri mari ma anche per il sostentamento della nostra specie. Pesca sostenibile vuol dire anche pesca più sicura e abbondante, grazie al ripopolamento virtuoso dei mari.

Eppure, oggi i nostri oceani mostrano segni preoccupanti di squilibrio, come si vede nella puntata dedicata alle acque costiere (la quarta). L’episodio si chiude con inquietanti riprese di acque oceaniche piene di meduse, specie sempre più in espansione grazie agli spazi lasciati liberi dai pesci. Questi ultimi sono messi in grave pericolo da microplastiche, riscaldamento delle acque e pesca senza limiti. Uscendo dall’acqua e approdando a terra, un esempio incoraggiante di conservazione arriva dalle pianure del Serengeti, nell’Africa Orientale.

Anche le grandi praterie, le giungle e le foreste sono minacciati dall’essere umano, tramite urbanizzazione e agricoltura intensiva. Le praterie, ad esempio, sono state fortemente limitate. Con esse, sono andate perse le mandrie e ovviamente i loro predatori, che negli ultimi secoli hanno visto il loro terreno di caccia ridotto del 90%. Se a ciò si sommano gli effetti di caccia e bracconaggio, oggi il WWF stima che il 95% delle tigri selvatiche sia stato sterminato.

Per approfondire i temi delle puntate e scoprire cosa può fare ciascuno di noi per aiutare il pianeta, è disponibile il sito www.ourplanet.com.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

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Enrico Bergianti
Giornalista pubblicista. Scrive di scienza, sport e serie televisive. Adora l'estate e la bicicletta.