Mia madre e la malattia di Huntington
La storia di Marco, che vent'anni fa ha vissuto l'enorme solitudine dell'incomprensione. Oggi è il presidente di Noi Huntington, associazione giovanile per parenti di pazienti.
Marco non ricorda di aver mai visto sua madre Marcella sana, in quei dieci anni passati insieme. Non è facile ascoltare la storia di questa famiglia, che vent’anni fa si è trovata da sola a gestire questa voragine, in un piccolo paesino della provincia toscana. Marco ha esattamente la mia età, 30 anni. Quando mi racconta la solitudine, l’assenza di supporto, la necessità tornato da scuola di alternarsi con la sorella nella cura quotidiana della mamma, l’incomprensione da parte degli insegnanti del suo scarso rendimento scolastico, il rifiuto netto da parte dei suoi nonni di continuare a voler bene a Marcella nonostante la malattia, i lunghi anni senza giochi, senza sorrisi, senza capire davvero perché la mamma piano piano rivolgeva sempre più gli occhi altrove; non posso non pensare che negli stessi anni io vivevo una vita spensierata come se tutto ciò fosse normale e ovvio per tutti i bambini della mia età.
Oggi Marco è Presidente di Noi Huntington, associazione giovanile nata da poco per raggruppare tutti i giovani parenti di pazienti, con la speranza che nessuno viva più la solitudine che lo ha segnato a causa di questa malattia rara neurodegenerativa. La malattia di Huntington, anche nota come corea di Huntington, colpisce il sistema nervoso centrale e si manifesta con movimenti involontari patologici, gravi alterazioni del comportamento e un progressivo deterioramento cognitivo. In genere esordisce tra i 30 e i 50 anni, con un decorso progressivo e fatale. Per un figlio, la probabilità di ereditare il gene della corea di Huntington dal genitore malato è del 50%.
Huntington oggi
“Oggi le cose sono molto diverse da un tempo” mi precisa. “Oggi di Huntington si parla di più e se non sai qualcosa puoi informarti su a fonti autorevoli e validate, come il sito internet della Fondazione Lega italiana Ricerca Huntington. Mancava però un ‘luogo’ dove i figli di queste persone potessero davvero condividere la propria esperienza, trovare comprensione reale.”
Mentre mi racconta la sua storia, Marco ribadisce il legame intenso con sua madre e al tempo stesso la difficoltà di capire perché le stava accadendo tutto questo. Nessuno si era preso la briga di spiegare a un bambino delle elementari che cosa stava accadendo alla sua mamma, perché la nonna rifiutasse di farle vedere i figli o perché guardava schifata Marcella dalla finestra ogni volta che si presentava. “Un bambino non capisce la gravità di quello che accade, non sa cosa chiedere. Mia nonna ha passato anni a ripetermi che per mia mamma non c’era nulla da fare e che di fatto mia madre stessa doveva vergognarsi della sua malattia, che così facendo aveva solo prodotto sofferenza per la nostra famiglia.”
Mai nessuno ha spiegato a Marco che cosa stesse accadendo davvero a Marcella. Forse nemmeno questa nonna così arrabbiata lo sapeva davvero.
“Huntington ti toglie il fiato. Vedevo mamma che mese dopo mese faticava sempre di più a parlarmi, le parole le si bloccavano fra i denti. Eppure fino alla fine è riuscita a trattenere abbastanza forze dentro di sé per ricordarci ogni giorno che eravamo i suoi bijoux jolie, i suoi gioielli. Era un’espressione tutta nostra”. Mentre Marco mi racconta a bassa voce questo dettaglio così intimo del suo passato mi immagino Marcella come Cornelia, madre dei Gracchi, mentre guardava i suoi ornamenta Caio e Tiberio. “Haec ornamenta mea“, ecco i miei gioielli.
Gli anni difficili della scuola
Marco passa anni duri a scuola. Le maestre non sanno o se sanno non comprendono perché il bambino non arriva sempre con i compiti fatti come i suoi compagni, perché talvolta è aggressivo, perché fatica a socializzare. “Vivendo una situazione così difficile in casa, sentivo una sorta di pudore nel mostrare la nostra vulnerabilità e quella della mamma. Così ti isoli, sembri ‘quello strano’ e vieni bollato come tale, ma in realtà sei solo. Per questo vorremmo mettere in piedi anche in Italia un progetto già attivo nel Regno Unito promosso HDYO (Huntington Disease Youth Organization) per raccontare la malattia di Huntington nelle scuole”.
Purtroppo ancora oggi la malattia di Huntington non ha cura definitiva. L’unico beneficio che i malati possono trarre viene dalla riabilitazione, che ne rallenta la progressione. “Il problema è che a oggi non esistono ancora protocolli validati o linee guida consolidate che garantiscano a tutti i pazienti l’accesso alla riabilitazione” spiega a OggiScienza Ferdinando Squitieri, Responsabile dell’Unità Ricerca e Cura Huntington e Malattie Rare dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza/CSS-Mendel e Direttore Scientifico di LIRH. Se vuoi che il tuo caro acceda a un percorso di riabilitazione costante devi pagarlo di tasca tua, e i costi sono ben più elevati di quanto previsto mensilmente dall’indennità di accompagnamento e di frequenza.
La comunicazione verso la società facendo rete rimane un tema importante, centrale nell’attività di Noi Huntington, che ha membri in tutta Italia. “Fare informazione nelle piazze, nelle scuole, è un punto nevralgico del nostro piano di lavoro, per fare in modo che sempre meno il malato e la sua famiglia si sentano emarginati sul piano sociale e lavorativo dopo la diagnosi.”
Per questo, sotto l’ombrello della European Huntington Association, l’associazione ha organizzato per il 18-19 maggio un weekend di consapevolezza sulla malattia a Firenze con una pedalata e un concerto, nel mese internazionale della consapevolezza sulla malattia di Huntington.
Leggi anche: Io, sorella Asperger