Cercare l’umano con lo sguardo: differenze tra razze canine
Non tutti i cani sono ugualmente motivati a guardarci per comunicare, una differenza che varia di cane in cane ma anche tra le diverse razze.
La comunicazione della nostra specie con quella canina può avvalersi di svariati canali. I cani hanno dimostrato di comprendere molti dei nostri vocaboli, toni ed espressioni. Noi, dal nostro canto, interpretiamo quanto loro ci dicono da posture, vocalizzazioni e, non da ultimo, dal loro sguardo. A quest’importantissimo strumento di comunicazione, Sara Stulle ha dedicato un recente articolo della nostra rubrica, approfondendo il possibile ruolo della selezione da parte dell’essere umano nel favorire lo “sguardo da cucciolo” e cosa avviene quando l’essere umano non è in grado di ricambiare lo sguardo del cane.
Il particolare comportamento definito gazing behaviour, o “ingaggio dello sguardo”, è stato studiato in diverse specie, compresa la nostra, per la quale rappresenta la prima interazione attiva tra il neonato e la madre. Nei cani è stato spesso investigato per il suo ruolo nel rafforzare il legame con il compagno umano ma – come può aver notato chi ha avuto modo di conoscere e passare del tempo con molti cani – non tutti sono così proni a rivolgersi a noi con un’occhiata. Nemmeno in caso di difficoltà. Sebbene la ragione di tale variabilità sia indubbiamente un complesso miscuglio di genetica e ambiente (che, insieme, hanno modellato la personalità del cane) è possibile cominciare a indagare il peso dell’uno o dell’altra in determinati contesti. Ad esempio, confrontando tra loro razze diverse.
Breve storia degli studi sullo sguardo
Secondo molti autori, la tendenza dei cani a guardarci negli occhi può essere stata uno degli elementi che hanno favorito il processo di domesticazione. La tendenza a cercarci con lo sguardo è propria del cane, ma non dei suoi parenti selvatici. Uno dei più importanti lavori a evidenziare questa tendenza è stato condotto dall’etologo ungherese Ádám Miklósi e dal suo team nei primi anni Duemila. I ricercatori hanno confrontato il comportamento dei cani con quello dei lupi quando posti di fronte al classico “compito impossibile”: agli animali s’insegna prima a raggiungere il cibo in un contenitore molto semplice da aprire, poi si blocca il contenitore rendendo il boccone irraggiungibile.
Di fronte al contenitore bloccato, lupi e cani non potrebbero impiegare strategie più diverse. I primi si dedicano con perseveranza alla scatola cercando in ogni modo di aprirla; i secondi si rivolgono con lo sguardo al proprio umano. Questo risultato è stato da interpretato dagli autori dello studio come una predisposizione genetica del cane a rivolgersi al proprietario. In questo senso, l’ingaggio dello sguardo può rappresentare un comportamento di comunicazione human-like che potrebbe essere stato tra le chiavi della selezione che ha guidato il processo di domesticazione dei cani. Tendenze simili a quelle dei lupi nel gazing behaviour sono state osservate anche nei dingo, canidi endemici dell’Australia.
L’importanza dello scambio di sguardi nella relazione umano-cane è stato ulteriormente indagato alcuni anni dopo da un lavoro pubblicato su Science (di cui OggiScienza ha parlato qui), nel quale i ricercatori avevano osservato che un prolungato contatto visivo tra il cane e il suo umano aumentava i livelli di ossitocina, un ormone correlato ai legami affiliativi e di fiducia. Nulla del genere avviene invece tra il lupo e gli umani con cui è cresciuto.
Le differenze tra razze
Se tra cani e lupi si osservano differenze così sostanziali nel gazing behaviour, viene da chiedersi se, allora, le razze più vicine al lupo conservino questa tendenza a non cercare il contatto visivo con noi se poste di fronte a un problema. Proprio questa differenza tra razze è stata indagata da un lavoro condotto da quattro ricercatrici dell’Università di Pisa e dell’Università di Milano e recentemente pubblicato su Royal Society Open Science. Le autrici dello studio hanno infatti confrontato la tendenza al gazing behaviour tra labrador retriever, pastori tedeschi e cani lupo cecoslovacchi.
«Le razze canine possono dividersi in gruppi più o meno primitivi, ossia più o meno vicini al cane ancestrale», spiega a OggiScienza Elisabetta Palagi, etologa dell’Università di Pisa e co-autrice dello studio. «Pur non essendo una razza antica, quella del cane lupo cecoslovacco è tra le più vicine al lupo, perché deriva dall’incrocio, avvenuto una sessantina d’anni fa, tra il pastore tedesco e il lupo dei Carpazi. Da questi cani possiamo aspettarci un comportamento più wolf-oriented, con una minor tendenza a ingaggiare lo sguardo».
All’altro estremo c’è il labrador, il pet per eccellenza: selezionato in Gran Bretagna a metà dell’Ottocento per collaborare con la nostra specie, ora è tra le scelte preferite delle famiglie (ma anche dei professionisti) in molti Paesi, conosciuto per il suo frequente impiego come guida per i non vedenti o come cane da ricerca in caso di disastro. E infine il pastore tedesco: scelto da una parte per la sua parentela con il cane lupo cecoslovacco e dall’altra per la lunga storia di selezione che, come avvenuto per i labrador, è stata guidata dalla volontà di avere un animale fortemente collaborativo con la nostra specie. A chi non viene in mente il pastore tedesco pensando al “cane poliziotto”?
Possibile e impossibile
Le ricercatrici hanno confrontato il comportamento di 23 cani lupo cecoslovacchi, 18 labrador e 15 pastori tedeschi prima di fronte al “compito possibile” (imparare ad aprire un contenitore contenente un bocconcino) e poi di fronte al compito impossibile, quando il contenitore veniva bloccato. Il gazing behaviour è stato analizzato in entrambe le fasi dell’esperimento, e non solo nel compito impossibile, ossia quando il cane era in difficoltà. L’esperimento è stato condotto, diversamente da quanto avviene di solito, non in laboratorio ma in casa. «Il gazing behaviour può in alcuni casi essere molto sensibile a stimoli estranei al cane, che potrebbe ad esempio cercare lo sguardo del proprietario perché l’ambiente del laboratorio, dove di solito vengono condotti questi test, lo intimorisce.
O, al contrario, potrebbe non guardarlo o interessarsi meno al cibo perché incuriosito dall’ambiente nuovo: noi abbiamo cercato di minimizzare quest’effetto lavorando direttamente a casa, in un ambiente che fosse loro familiare». Inoltre, allo scopo di limitare anche le differenze legate all’ambiente e all’esperienza dei singoli individui, il campione è stato selezionato tra cani che avessero uno stile di vita simile (ad esempio, tutti i cani dormivano nel letto con il proprio umano).
Al momento del confronto con il compito impossibile, le diverse razze hanno impiegato il gazing behaviour in modo profondamente differente tra loro. «Ci aspettavamo che i cani lupo cecoslovacchi tendessero a cercare meno gli occhi del proprietario, così come non ci ha stupito che invece i labrador lo facessero molto, ma non ci aspettavamo che le differenze fossero così marcate», commenta Palagi. «Di fatto, è stato possibile identificare una sorta di gradiente che dalla minor tendenza al gazing behaviour del cane lupo cecoslovacco arriva alla massima del labrador, passando per quella intermedia del pastore tedesco. Questo ne evidenzia fortemente la componente genetica, che può essere stata selezionata nel corso della domesticazione».
E quanto forte sia la tendenza del labrador a rivolgersi al proprio umano è indicato anche da fatto che gli sguardi non erano limitati al compito impossibile. «Sebbene il compito possibile fosse davvero molto semplice, e bastasse una zampata a raggiungere il boccone, abbiamo osservato che diversi individui di labrador voltavano lo sguardo verso il padrone anche in questa prima fase del test», spiega Palagi.
Chi guardare?
C’è un altro aspetto interessante da considerare. Al momento del test erano presenti sia il proprietario del cane sia lo sperimentatore, che era l’unico a manipolare il cibo. Ma il cane è in grado di capire chi ha il “potere” sul boccone? A chi si rivolge nel momento in cui il contenitore viene bloccato? Anche la risposta a queste domande evidenzia alcune differenze correlate alla razza del cane. I labrador tendevano a guardare indifferentemente il proprietario e lo sperimentatore, i pastori tedeschi si rivolgevano preferenzialmente al proprietario e i cani lupo cecoslovacchi guardavano più spesso lo sperimentatore.
Le autrici dell’articolo suggeriscono una possibile spiegazione per queste preferenze. I labrador potrebbero essere spinti dalla loro elevata socievolezza e da una maggior “ingordigia” (molti labrador sono altamente motivati dal cibo, un aspetto che – se non adeguatamente gestito – porta a una maggior incidenza di obesità) a rivolgersi agli esseri umani indipendentemente dal grado di familiarità. La risposta dei pastori tedeschi, scrivono le autrici, potrebbe invece essere guidata dallo stretto rapporto che questa razza tende a stringere con il proprio compagno umano. E per quanto riguarda i cani lupo cecoslovacchi, infine, si potrebbe ipotizzare una strategia opportunistica.
«Si potrebbe ipotizzare che il cane lupo cecoslovacco rivolga lo sguardo verso lo sperimentatore come segnale di allerta, perché si tratta di una persona estranea», spiega Palagi. «Ma se così fosse, allora avremmo dovuto osservare il gazing behaviour anche durante il compito possibile, e non è stato così. La scarsa tendenza del cane lupo cecoslovacco a rivolgere lo sguardo verso gli esseri umani e il farlo, nelle poche occasioni in ciò avviene, guardando lo sperimentatore, rimanda a un comportamento di questa razza più vicino al decision making del parente selvatico, in cui l’animale non si affida a un proprietario per raggiungere una risorsa, ma a chi può fornire informazioni».
Lo studio porta nuovi, interessanti dati sull’utilizzo dello sguardo, evidenziandone la base genetica che emerge tra razze dissimili tra loro. Un lavoro precedente aveva indagato le differenze fra i gruppi di razze associando anche l’età dell’animale, e osservando che nei cuccioli di due mesi il gazing behaviour è impiegato in modo minore rispetto a quanto avvenga negli adulti e nei cuccioli di qualche mese più grandi. Il lavoro appena pubblicato, oltre a identificare un gradiente di questa tendenza, comincia anche a indagare la direzionalità dello sguardo, un elemento estremamente utile per capire in modo completo la strategia che il cane sceglie d’impiegare per arrivare al cibo.
Le stesse autrici, tuttavia, avvertono che i risultati vanno presi con molta attenzione, ad esempio perché, nonostante la cura nella selezione del campione saggiato, è possibile che i proprietari si comportassero in modo diverso con i loro cani nelle piccole sfide della vita quotidiana. Inoltre, non bisogna mai dimenticare l’enorme influenza sia della personalità dei diversi individui (così come non tutti i labrador sono ingordi, non tutti sono socievoli) sia l’effetto delle esperienze che gli animali hanno vissuto.
Leggi anche: La genetica del comportamento nel cane
Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia. Fotografia: Pixabay