Riservare il vaccino ai bambini in età scolastica e agli adulti tra i 30 e i 39 anni, cioè alle categorie più esposte al contagio, non a quelle più deboli.
Questa la ricetta anti-influenza suina, almeno per gli Stati Uniti, proposta da uno studio pubblicato il 21 agosto su sciencexpress.org, il sito che anticipa la pubblicazione di alcuni articoli che appariranno poi sul settimanale Science.
La ricerca, opera del matematico Jan Medlock della Clemson University e della epidemiologa Alison Galvani della Yale University School of Medicine, contraddice così quella che è la tradizionale politica sanitaria per combattere l’influenza, cioè vaccinare le categorie più a rischio: i bambini piccoli, gli anziani, le persone già debilitate da altre malattie.
“Il vaccino”, afferma il matematico”, dovrebbe essere invece usato per prevenire la trasmissione del virus nelle scuole e tra i genitori” (l’intervista completa al ricercatore è alla pagina: http://www.sciencemag.org/cgi/content/full/1175570/DC2). Le scuole, infatti, sono i luoghi dove il contagio è più frequente, mentre i genitori degli allievi sono il veicolo più naturale per esportare l’influenza al resto della popolazione.
I ricercatori hanno elaborato i dati statunitensi relativi alle epidemie di influenza dal 1918 al 1957, considerando l’età dei malati, la mortalità, le misure intraprese, i danni sociali ed economici della malattia. Pur pesando questi dati in diversi modi, il risultato del modello è stato sempre lo stesso: avendo a disposizione quantità limitate di vaccino, la soluzione migliore è vaccinare i bambini in età scolastica e i loro genitori.
Dato che, purtroppo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità sembra proprio prevedere una produzione di vaccino insufficiente a proteggere tutte la popolazione dall’influenza suina (ormai ovunque ribattezzata influenza da virus A), la strategia di distribuzione delle dosi dovrebbe tener conto di questo risultato, affermano i ricercatori.