CRONACA – Niente di nuovo, e neppure qualche gustosa polemica, alla conferenza sul creazionismo islamico di Milano
Io di solito alle conferenze creazioniste non ci vado: mi sembra una totale perdita di tempo. Però gli adepti del profeta turco del creazionismo islamico Harun Yahya (“autore di 300 libri, tradotti in più di 50 lingue”, è stato ripetuto come un mantra per tutta la sera), non me li volevo perdere. Lui, il grande capo, non c’era. Anche se – ve lo anticipo subito – abbiamo potuto godere di un collegamento in diretta con la sua tv web, in cui si presentava a dire il vero un po’ meno azzimato di come appare in genere in vesti ufficiali .
Insomma, i personaggi comunque non mancavano, la conferenza si annunciava gustosa – con promessa di rivelazioni sconvolgenti sull’origine della vita e sulla vera natura della materia, più una mostra di fossili – e le polemiche sull’organizzazione (con tanto di coinvolgimento della destra nostrana) aggiungevano al tutto un po’ di pepe. E poi, sentite qua. Mentre arrivavo sul luogo mi chiama un amico, già dentro: “Oh, guarda che qui c’è pieno di forze dell’ordine”. Evvai, penso: che sia la volta buona per fare il salto dalla divulgazione scientifica al reporting di guerra? Dai, una guerriglietta urbana! Almeno un tafferuglio…
Davanti al Palazzo delle Stelline ci sono almeno tre camionette di carabinieri, e un’auto e una camionetta della polizia (ma quanto è costato tutto ‘sto dispiegamento?). Mai vista una roba del genere per una conferenza “scientifica” (già, è presentata così…). Per esempio, venivo fresca fresca dall’happy hour evoluzionistico del Museo di storia naturale di Milano, con Marco Ferraguti a parlare di convergenze evolutive, e se lì c’erano agenti o carabinieri dovevano per forza essere in borghese!
Comunque, supero le forze dell’ordine e mi getto ansiosa sulla mostra di fossili! Prima atroce delusione: mi aspettavo qualcosa di più. Anzi no, mi aspettavo molto di più. Non so: un intreccio perverso di ossa di tirannosauro e Homo sapiens, per esempio. Qualcosa che riuscisse a instillarmi almeno un dubbietto microscopico. Invece, ci sono 5 o 6 sassetti messi lì in fila su un tavolino. C’è l’impronta di una foglia, quella di un pescetto, quella di un cavalluccio marino. E sotto ciascuna, l’immagine dell’animale come è oggi (neppure una bella immagine, ma una foto stampata male, dai colori spenti, un po’ slabbrati): una foglia, un banco di sardine, un cavalluccio marino. E una scritta che dice, più o meno, “questi organismi nel tempo non sono mai cambiati. E’ la prova che l’evoluzione non esiste”.
Vabbe’.
Entro in sala, dopo aver cortesemente rifiutato le cuffiette per la traduzione. Un gesto che per un istante manda in tilt la macchina dell’organizzazione. Una specie di guardia del corpo (mi colpisce lo sguardo un po’ vacuo, lo stesso di Brad Pitt in Burn After Reading) bisbiglia a un collega: “Abbiamo un problema. Come facciamo a sapere quanta gente c’è se non tutti prendono le cuffiette?”. Andiamo bene.
Comunque, gente ce n’è. Un nutrito gruppo di promettenti guastafeste – giornalisti e divulgatori scientifici, più alcuni biologi evoluzionisti – poi qualche ragazza velata, qualche ragazzo con barba “islamica”, e un restante pubblico “generico”: direi a occhio e croce un centinaio di persone. Un pubblico tranquillo: gli applausi, quando ci sono, sono lampo e tiepidissimi. E ti credo: quando mi alzo per andarmene (durante le domande finali, ahimé… ma il treno scappava…), mi accorgo che c’è chi dorme della grossa.
Ma che si è detto, insomma? Niente di che: la solita rivisitazione dei soliti triti e ritriti luoghi comuni creazionisti: che dal darwinismo sono venute le peggiori nefandezze politico-economiche del secolo scorso e non solo (comunismo, nazismo, anarchia, capitalismo selvaggio), che Darwin stesso non credeva nell’evoluzione, che a certe domande neppure il supremo nemico Richard Dawkins, “principale evoluzionista al mondo”, sa rispondere, che non solo interi organismi viventi, ma addirittura le singole cellule sono così complesse da non poter derivare che da un fenomeno di creazione, che il meccanismo di selezione naturale non sta piedi, che non esistono mutazioni benefiche e così via. Unica differenza rispetto a interventi creazionisti nostrani: la (frequente) parola “Dio” è sostituita con la (frequente) parola “Allah”. Mi sono chiesta se valga la pena riprendere questi luoghi comuni e ribatterli uno per uno, ma ho deciso di no, vista la totale mancanza di originalità.
Dopo il citato collegamento con Harun Yahya, che ci assicura di amare tanto gli italiani, è il momento della rivelazione sulla natura della materia. Per farla molto breve, perché se mi sono annoiata io a morte a sentirla, figuriamoci voi ora a leggerla: la materia non esiste, è solo illusione. La prova? In una scena di Matrix.
Grandioso, come metodo scientifico: formulo un’ipotesi e poi mi fiondo al cinema, a vedere se è già data per buona in qualche film di fantascienza. Che voglia a star lì a costruire acceleratori di particelle, far scontrare protoni, cercare timidi bosoni: bastava guardare Matrix e scoprire che non esiste un bel niente di niente! L’unico essere reale è… Indovinate!
E magari qualcuno risponda anche a questo: perché a Milano la destra non vuole una moschea, ma presta il fianco a organizzare cose di questo genere? A me un luogo di culto per i credenti di fede islamica sembra cosa molto, molto più seria, civile e culturale di questa noiosa pagliacciata.
[La foto in apertura è di Mauro Colla]