JEKYLL – Non può che sembrare un’idea bizzarra ma geniale: la Coca-Cola che realizza una campagna pubblicitaria contro l’obesità. Proprio lei, la tanto amata e incriminata bibita zuccherata, sotto processo in molti Paesi per essere causa del dilagare dell’obesità cui assistiamo in questi anni. Insieme a tutte le altre bevande arricchite di zucchero e allo zucchero in generale. Soprattutto fra i bambini. E soprattutto negli Usa.
Così la compagnia Coca-Cola, la più grande società al mondo di bevande, pensa bene di realizzare un video «per aiutare la società a battere uno dei più gravi e complessi problemi di questa generazione: l’obesità» come loro stessi hanno dichiarato. E redimersi agli occhi della società. Due minuti in cui allo stupefatto spettatore vengono mostrate tutte le attività portate avanti da Coca-Cola in questi anni per vincere questa battaglia. Dalla diminuzione del contenuto calorico delle bevande, ridotto in media del 22%, alla creazione di mini-lattine in modo da bere solo il giusto, e le etichette informative sulle confezioni che rivelano il contenuto calorico di ciascuna bevanda.
Non solo: nelle scuole dove gli studenti possono acquistare bevande dai distributori automatici, si trovano prevalentemente acqua, succhi di frutta e bevande a basso contenuto calorico. Tanto che il consumo di bibite ad alto contenuto calorico è diminuito del 90% tra gli studenti, come afferma Coca-Cola. In più aggiungiamoci che la compagnia americana sta collaborando da un po’ di tempo con alcuni scienziati per sviluppare un nuovo dolcificante naturale privo di calorie, come il Truvia, che deriva da una pianta, la Stevia; e si è impegnata a realizzare e sponsorizzare eventi sportivi per incoraggiare gli americani a fare attività fisica, perché in fondo «il problema non è quello che mangia o beve, ma se si introducono più calorie di quante se ne consumi ogni giorno».
Per Valentina Maran, nota pubblicitaria italiana, non è neanche il miglior video realizzato da Coca-Cola: «Rispetto a tutta la comunicazione che hanno fatto finora (senza parlare dell’obesità però), questo video è molto standard. Dal punto di vista comunicativo è estremamente basico, una sorta di cleaning reputation, che è quello che fanno le aziende quando hanno il sentore di avere un atteggiamento sbagliato. Sostengono azioni positive per dare credibilità all’immagine dell’azienda. Hanno iniziato con attività più classiche come sponsorizzazioni di eventi, fino a organizzare veri e propri campi sportivi per i ragazzi. Qualcosa in più rispetto a quello che siamo abituati a vedere, soprattutto in Italia».
Il video rientra nella campagna “Coming Together to innovate, educate and act”, che mira appunto all’innovazione dei prodotti Coca-Cola con ridotto contenuto di zuccheri; all’educazione del consumatore tramite le informazioni contenute sulla confezione, programmi per bambini sull’importanza per la salute di una dieta bilanciata e l’attività fisica, e con corsi sportivi in stile campo di addestramento, offerti ai cittadini. E agendo, rimuovendo le bibite zuccherate dai distributori delle scuole, e sostenendo programmi di benessere per le famiglie.
«Tutto rientra nella più ampia campagna della felicità, su cui stanno basando tutta la loro comunicazione internazionale da alcuni anni» continua Valentina Maran. «Sono campagne a lungo termine, cui danno un nome e portano avanti per anni. In Italia per esempio stanno puntando molto sulla famiglia, l’amicizia, la felicità italiana classica, insomma, che ruota intorno alla convivialità. Probabilmente negli altri Stati è diversa a seconda di cosa è la felicità in quel Paese secondo la loro cultura e il loro stato d’animo. La campagna sulla felicità fu inaugurata con lo stupendo spot in 3D Happiness Factory. A livello creativo una delle cose più belle che hanno fatto, ed è quello che continuano a fare a livello di comunicazione internazionale. Sempre sulla scia di questa strategia della felicità, hanno organizzato una sorta di flash mob e video girati live nelle Università, senza che gli studenti lo sapessero. A chi inserisce una moneta nel distributore Coca-Cola succede di tutto, dal ricevere una pizza a venti bottigliette Coca-Cola. Happiness Machine, questo sì che è straordinario a livello comunicativo: la forza della comunicazione adesso è riuscire a fare interagire le persone con la comunicazione stessa, renderle parte di essa. Perché se sono coinvolte hanno più voglia di girare ai loro amici questo video curioso che ti fa ridere piuttosto che il dolcificante nuovo che fa meno male».
«Hanno lavorato su due fronti: da un lato questi video curiosi e divertenti che in rete girano tantissimo e hanno un sacco di condivisioni – osserva Valentina Maran – dall’altro usano una comunicazione più standard, istituzionale, dove parlano del marchio in maniera seria, forniscono i dati commerciali, parlano delle ricerche che fanno e di come si comportano. Perché è più complicato far passare un messaggio scientifico in maniera creativa. Per ora questa comunicazione avviene con un atteggiamento serio, istituzionale, per avere credibilità, ma non è detto che un domani non riusciranno a trasmetterlo in modo più creativo. Che ne so, magari si inventeranno un video che mostra sei mesi della vita di un ragazzino obeso che grazie a Coca-Cola dimagrisce, perché no?».
Usare la scienza, insomma, all’interno degli spot pubblicitari non sempre serve. O per lo meno dipende da come lo si fa, perché il rischio è di essere noiosi. «Le persone sono assuefatte da questo tipo di comunicazione, quando nello spot inserisci lo schemino che ti spiega quanto quel prodotto sia efficace dal punto di vista scientifico» conclude la copywriter italiana. «Ci credono fino a un certo punto. È più bello se riesci a fare passare la comunicazione in modo più creativo e interessante. Se dai la stessa informazione in maniera diversa, nuova, usando un linguaggio inaspettato, chi osserva è colto alla sprovvista ed è più disposto ad ascoltarti. Dipende tutto da come dici le cose, non da cosa dici. Mi puoi anche parlare della cosa scientificamente più incredibile, ma se lo fai in maniera interessante ti ascolto e lo ricordo, se mi annoi no. È automatico che quel dato non lo memorizzo».
Crediti immagine di apertura: Jo Naylor/Flickr