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RE-POST – AIDS: alla ricerca del vaccino perduto

LA VOCE DEL MASTER - Siamo giunti al quarto appuntamento con Re-post, il podcast del Master in Giornalismo Scientifico Digitale della Sissa di Trieste. Potete seguirci ogni due settimane sulle pagine di Oggiscienza. In questa puntata parleremo dell’AIDS e dei tentativi di produrre un vaccino contro quest’infezione, che continua a contare più di 2,5 milioni nuovi contagi all’anno. A che punto siamo con la ricerca? Ne parliamo con Guido Silvestri, capo della divisione di Microbiologia e immunologia allo Yerkes National Primate Research Center della Emory University di Atlanta, e , ex-presidente della LILA e autore del libro "AIDS: lo scandalo del vaccino italiano".

Dolore in bellezza, rassegna a Parma

Dolore e bellezza. Un ossimoro, nella nostra società. Quella società in cui il dolore, soprattutto se mentale, è ancora un tabù e aberrazione, non di certo bellezza. Le riflessioni sulla liberazione dalla morsa della solitudine, attraverso la riscoperta di una dimensione comunitaria fino a diventare fonte di riscatto e equilibrio, sono i temi della rassegna "Il non sentire", argomento della terza edizione di "Dolore in bellezza", serie di convegni che si terrà dal 22 aprile al 6 giugno nelle sale del Teatro Due di Parma.
COSTUME E SOCIETÀINFOGRAFICHE

Americani e teorie del complotto: chi ci crede di più?

All'inizio di aprile la Public Policy Polling, un'azienda americana che si occupa di sondaggi, ha pubblicato il documento "Democrats and Republicans differ on conspiracy theory beliefs". Come si intuisce dal titolo, l'analisi ha riguardato le maggiori teorie del complotto diffuse in America dall'assassinio di Kennedy fino al falso allunaggio: chi ci crede di più? Gli uomini o le donne? Guardando lo schieramento politico si notano differenze?

Un nuovo metodo di diagnosi per l’autismo?

"È possibile distinguere il cervello autistico da quello che non lo è semplicemente osservando i pattern di attività neurale? Sì, è possibile": Roberto Fernandez Galan della Cave Western Reserve University è sicuro che il metodo diagnostico da lui sviluppato con altri colleghi dell'Università di Toronto (pubblicato sulla rivista PLoS One) servirà a migliorare le diagnosi di autismo, che per ora si basano in gran parte sull'osservazione del comportamento dei bambini.
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Mangeremo alberi?

Le proiezioni mostrano che entro il 2050 saremo più di 9 miliardi di persone sulla Terra; se a questo aggiungiamo il fatto che aumenta anche il consumo pro capite di generi alimentari ecco pronta la ricetta per una futura crisi globale. Dove reperire tutte le risorse necessarie? Dal Politecnico della Virginia arriva una soluzione (forse) per il prossimo futuro: gli alberi. Secondo uno studio pubblicato su PNAS, infatti, è stato elaborato un procedimento per trasformare la cellulosa in amido, utilizzando un enzima sintetico.

Nature sul caso Stamina

CRONACA - Per la seconda volta la rivista Nature prende posizione chiara sulla vicenda che sta infiammando l'opinione pubblica nel nostro Paese, cioè quella che vede al centro della discussione la Stamina Foundation, capitanata da Davide Vannoni, che non è laureato in medicina e che almeno fino all'anno scorso insegnava psicologia della comunicazione all'Università di Udine, e promotore di una "terapia" a base di staminali mesenchimali, da lui inventata, e secondo lui in grado di curare diverse patologie, dalla sclerosi multipla alla famigerata leucodistrofia metacromatica. Famigerata perché proprio da questa malattia è affetta la piccola Sofia, la bambina pietradelloscandalo/vittimasacrificale "usata" dalle Iene, il programma televisivo, per fare audience premendo sui tasti più ovvi dell'animo umano, la pietà e il dolore genitoriale. Per un riassunto della storia potete leggere qui. Ieri Nature ha tuonato di nuovo sulla vicenda con un editoriale (il primo articolo era di Allison Abbot), qui di seguito un riassunto (ragionato) per chi non legge l'inglese. (Per chi conosce la lingua consiglio vivamente una lettura)

OggiScienza TV – Salto di Quirra: l’invisibile e l’impossibile

"Abbiamo tentato di fare un film che esplorasse l'invisibile e l'impossibile: l'invisibile di una minaccia mortale non ancora riconosciuta scientificamente e l'impossibile di un luogo inviolato in nome della ragion di stato." È così che viene presentato Materia Oscura, il film-documentario di Massimo D'Anolfi e Martina Parenti, proiettato nei giorni scorsi nell'ambito del festival Le Voci dell'Inchiesta.

More Than Honey

Le api stanno scomparendo? Perché sono tanto importanti per il pianeta e per l’uomo? Ruota attorno a questi interrogativi More Than Honey, documentario del regista svizzero Markus Imhoof.

Birra, un gusto da dipendenza

CRONACA - Bionda, fresca, spumosa, e... amara! Spesso la birra al primissimo assaggio - della vita - non ha un gusto così piacevole eppure man mano che ci abituiamo a berla sentiamo l'esigenza di gustarla sempre di più. Talvolta troppo. Pare la cosa più ovvia (per un neuroscienziato) eppure nessuno ancora era andato a controllare se il gusto della birra vada a stimolare il rilascio di dopamina, specie nel corpo striato, un nucleo del cervello. Questo meccanismo infatti, è associato alle dipendenze negli esseri umani (come quelle dalle droghe per esempio, o da certi comportamenti molto pericolosi). L'aumento dei livelli di dopamina infatti avviene in concomitanza alla sensazione di ricompensa percepita da un individuo, un meccanismo che porta ad associare uno stato di benessere a un comportamento portando l'individuo a ripeterlo (il comportamento). Questo va bene con i comportamenti effettivamente benefici per il soggetto, per esempio quelli associati alla riproduzione, ma diventa nocivo per quei comportamenti che pur essendo dannosi (l'abuso di alcol e droghe, per esempio) provocano una forte sensazione di appagamento. Stranamente per quel che riguarda la birra, gli scienziati avevano dimostrato che anche solo vederla o sentirne l'odore scatena nel cervello quella cascata di eventi biochimici che porta all'innalzamento della dopamina, ma nessuno aveva controllato se il sapore provocasse la stessa reazione. Detto fatto, David Kareken e colleghi dell'Università dell'Indiana hanno colmato questa lacuna e hanno testato 49 soggetti con livelli differenti nell'assunzione abituale di birra, dai "social drinker" a persone fortemente dipendenti
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