CRONACA – Da lato svedese, la storia dell’Energy catalyzer detto e-cat e “dell’ingegnere chimico” Andrea Rossi inizia nel 2011. Riassunto di un romanzo fiume.
L’11 gennaio alla rivista Ny Teknik arriva una mail in italiano con l’intestazione “Dipartimento di Fisica – Università di Bologna”. Annuncia che il 14 presso lo stabilimento GM, un “ricercatore dell’Università di Bologna” condurrà
la prova sperimentale per misurare l’energia prodotta da un esemplare di apparato per la produzione di energia basato sul processo Ni-H ( Nikel Idrogeno) e metodo Focardi-Rossi. … Qualora la quantità e l’origine dell’energia fossero confermati ci si troverebbe di fronte ad una nuova sorgente di energia.
Senza firma né persona da contattare per sapere l’ora, mettiamo, è il falso “comunicato stampa” scritto da Giuseppe Levi e spedito a destinatari selezionati da Andrea Rossi. Mats Lewan di Ny Teknik, che sa l’italiano, si precipita a Bologna, assiste alla storica “demo”, è sedotto dall’inventore e scrive un articolo entusiasta. Chiede commenti a ricercatori svedesi che declinano, meno Hanno Essén del KTH e Sven Kullander dell’Università di Uppsala, che fa ricerca sulla fusione fredda con due colleghi. Rilasciano un’intervista calorosa. In privato esprimono alcune perplessità che Lewan trasmette a Rossi.
Felice dell’interesse manifestato dai professori, egli ripete quanto detto in Italia e in più rivela “cose molto confidenziali”. Nel luglio 2010 il suo reattore è stato oggetto di un “esperimento al National Research Laboratory” della Difesa a Washington e di un “test a contratto” da parte di ricercatori dell’università di Creta (i quali parteciperanno alla grandiosa ma breve partnership con Defkalion). L’e-cat emette raggi gamma, certo, li ha misurati anche il dott. Celani dell’ENEA (sic). La reazione, ovviamente nucleare, è spiegata da una “Teoria del brevetto” mai mostrata ad altri, nemmeno al prof. Focardi. Nell’e-cat viene raggiunta la pressione
P = 2 x 10^16 kg/nm^-2
non molti, i 200 bar visti da Mats Lewan. La barriera di Coulomb è superata come d’incanto, “si allentano i legami che mantengono il protone” e nel decadimento beta+ “il positrone è annichilito dagli elettroni dell’idrogeno”. Da qui il cambiamento nella composizione degli isotopi di nichel dopo 30 ore di utilizzo, evidente negli spettri che Rossi ha fatto misurare all’Università di Padova. Il nichel è scomparso, “tutto bruciato”, spiega Rossi.
Sbigottito, Kullander trova la teoria “opaca” e rinuncia a capirla. Da quel momento alle proprie domande suggerisce anche le risposte, imitato da Essén. La scomparsa del nichel suscita parecchio sbigottimento.Ma se gli spettrogrammi sono confermati, vuol dire che “lì dentro accade qualcosa di grosso”. Dear Andrea si affretta a suscitare altro sbigottimento. Sta destinando 500 mila euro, i suoi “ultimi soldi”, all’Università di Bologna per un contratto di ricerca, il 50% dei propri guadagni alle cure di bambini diseredati e, se dovesse succedergli qualcosa, i propri segreti industriali a Essén, Kullander e Lewan. Ve l’avevo detto io che era un uomo straordinario, ne ha patite tante, ormai si fida solo di noi tre, commenta Lewan che gira la mail ai due professori. Aggiunge che Rossi ha già lasciato quei segreti in eredità a Levi e Focardi. Il libro al quale accenna è quello che Lewan ha iniziato a scrivere su di lui.
Tra gennaio e febbraio 2011, Rossi corteggia assiduamente i due scienziati. Li incontra quando porta a Stoccolma un campione di polveri usate da far analizzare in un laboratorio indipendente. Amore a prima vista. Il piccolo italiano è effervescente, spiritoso, incantevole. Torna in patria carico di articoli scientifici e di consigli, non fa in tempo a vedere i nuovi spettri.
Sbigottiscono pure il mio consulente abituale per la chimica:
Fe, Cu, perfino Zn. Non ho idea di come saltino fuori. Forse il trattamento con l’idrogeno “allenta” altri metalli dal contenitore. Tra l’altro l’ H2 in entrata si spezza in atomi di idrogeno in maggior parte idridici, più H- che H+ o H neutro. Di sicuro, la composizione del Cu che corrisponde al normale rame terrestre fa escludere il nichel come fonte.
“Perfino zinco”? Strano, il contenitore è in acciaio purissimo, aveva detto Rossi ai due professori. Non hanno tempo per pensarci. Mats Lewan presenta loro Giuseppe Levi che entra a far parte della conversazione via mail. Lo conosceranno a Bologna dove sono stati invitati, Essén a spese dell’imprenditore, mentre Kullander usa il finanziamento ricevuto da una fondazione culturale per tutt’altro. Il resoconto del viaggio è entusiasta, bis; la chiusa tradizionale “servono misure più precise” è una cautela pro-forma. Kullander la ripete il 10 aprile a Mark Peplow, caporedattore per l’attualità a Nature, che vorrebbe chiarimenti, ottiene invece un rimando all’autorevolezza del prof. Focardi che “negli anni ’60 aveva lavorato al CERN”, e lascia perdere.
Nature non ci sta? Pazienza. Grazie al solerte Mats, Angelo Saso della RAI chiede un’intervista agli autori del resoconto. Il 7 aprile Hanno Essén chiarisce d’emblée:
Vorrei sottolineare che sono state le nostre osservazioni (di Sven Kullander e mie) insieme a quelle più estese del Prof. Giuseppe Levi a fornire una buona prova (good evidence) di una produzione di energia che sembra troppo abbondante per essere spiegabile con reazioni chimiche.
“Osservazioni” in senso molto lato. Come tutti i tester scelti da Andrea Rossi, Essén e Kullander ricopiano le cifre viste da Levi senza guardare se risultano dallo strumento giusto messo al posto giusto nel modo giusto. Né guardano le foto e i video che pubblicizzano le “demo” allestite nel 2011 per loro due, giornalisti stranieri, anonimi osservatori della NASA, “clienti militari segreti” o “l”ex colonnello Fioravanti della NATO”. Foto e video nei quali tester competenti si accorgono degli errori immancabili – e spesso comici – di Levi.
La fusione fredda è una realtà assodata, ergo il reattore funziona. Una prova definitiva verrà dal test del 25/26 aprile 2012 in un laboratorio dell’Università di Uppsala.
PRODURREMO 105 VOLTE L’ENERGIA CHE OTTERREMMO CON IL COMBUSTIBILE (O LA BATTERIA) A PIU’ ALTA DENSITA DI ENERGIA ESISTENTE AL MONDO,
promette l’inventore il 20 aprile. Produce invece botti, fumi e l’esilarante catastrofe narrata da Mats Lewan nel suo libro. Dimostra agli osservatori la buona fede e il genio disinteressato di Rossi: un imbroglione avrebbe sicuramente organizzato una messa in scena più convincente.
Nel frattempo, “buone prove” di altro genere lo hanno dimostrato ai giornalisti elevati da Rossi al rango di osservatori: il contratto (mai perfezionato) con l’Università di Bologna, i 200 milioni di euro (mai investiti) annunciati dai greci della Defkalion, la cifra “consistente” versata (o meno) dagli americani dell’Ampenergo che erano i suoi soci in precedenti imprese, i 200 mila euro pagati dagli italiani della Prometeon, dagli svedesi della Hydrofusion e altri acquirenti di licenze per vendere in esclusiva una macchina che l’inventore dice di produrre in serie dal giugno 2011 in una fabbrica segreta della Florida. O di cui esiste un prototipo che l’inventore sta tuttora migliorando, fa lo stesso.
Investitori trovati dalla Hydrofusion svedese sono pronti a metterci 60 milioni di euro, ma prima mandano a Bologna i propri tester e ne aspettano la perizia. Finalmente “terze parti” possono effettuare le proprie misure. Il resoconto è segreto, ma l’11 settembre 2012 Mats Lewan comunica i risultati a Essén e Kullander
la potenza in ingresso era due o tre volte quella misurata da Rossi. Sono certo che Rossi non era al corrente del problema, aveva difficoltà a capirlo. Corretto l’input, il COP è rimasto stabile a quasi 1 per tutto il tempo.
Come mai? ho chiesto – tra altre spiegazioni – all’ing. Giancarlo De Marchis.
Il disguido nasce dal fatto che mentre Rossi si ostina a calcolare la potenza con la tensione fase-neutro, quei cattivoni di tecnici svedesi usano, giustamente, la concatenata, per cui la potenza effettiva è tre volte superiore.
L’e-cat rende quanto un qualsiasi boiler e molto meno di una pompa di calore. Non importa. Dei 60 milioni di euro, l’inventore non sa che farsene. In febbraio aveva venduto l’azienda, l’E-cat e la sua proprietà intellettuale a un “industrial partner” americano. Oppure la vendeva in novembre al fondo d’investimento Industrial Heat appena creato nel Delaware per raccogliere 20 milioni di dollari. (Nell’agosto 2013 ne aveva raccolti soltanto 11,8.)
Solo che 20 milioni di dollari non bastano per ottenere i brevetti finora negati, difenderli dalle contestazioni legali e costruire la “magnificent factory” segreta dove 60 tecnici ed operai specializzati stanno lavorando alacremente per cambiare il prototipo come desidera Andrea Rossi, ora Chief Scientist di Industrial Heat. Ammesso che in USA si possa costruire in segreto una fabbrica dove un esplosivo come l’idrogeno viene immesso in un reattore nucleare, per raccogliere altri finanziamenti e passare alla produzione in serieserve un “Third Party Report” meno scalcagnato dei precedenti.
Da dicembre 2012 a marzo 2013, “terze parti” eseguono pertanto il test che fornirà la prova decisiva. (*)
(*) Come la puntata precedente e la prossima, questa deriva dalla collaborazione al reportage di Marcus Hansson per la radio svedese.
Crediti immagini: curtis.kennington, Flickr
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