Madri di maschi e madri di femmine
Le mamme scimpanzé si comportano in modo molto diverso in base al sesso del loro cucciolo, cercando di esporre i maschi al contesto sociale per prepararli alla vita adulta
SCOPERTE – La società degli scimpanzé è dominata dai maschi e le gerarchie interne sono continuamente messe in discussione. Come vi raccontavamo qualche giorno fa, anche tra questi animali il rischio per i piccoli è più spesso dato da un maschio adulto violento che dai predatori. Le femmine devono confrontarsi con questa situazione e con gli infanticidi, nonostante cerchino di evitare i gruppi in cui è presente un maschio dominante particolarmente aggressivo.
Un nuovo elemento molto interessante, emerso da uno studio durato 40 anni e pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, è che le scimpanzé con cuccioli maschi sono del 25% più sociali rispetto a quelle che invece hanno delle femmine. Una percentuale che si concretizza con almeno due ore in più al giorno trascorse insieme ad altri primati della stessa specie.
Secondo gli autori dello studio questo comportamento rivela che le madri danno ai loro piccoli maschi l’opportunità di iniziare a studiare come si comportano gli adulti in circostanze sociali, per aiutarli a sviluppare quelle abilità di relazione che presto torneranno loro utili per entrare a far parte della competizione nel gruppo.
“È davvero intrigante che il sesso del cucciolo influenzi il comportamento della madre già poco dopo la nascita e che la stessa femmina sia più sociale quando ha un maschio rispetto a quando ha una femmina”, commenta Anne Pusey della Duke University, senior author dello studio. La scoperta ha seguito decine di anni di osservazioni quotidiane su una sottospecie dello scimpanzé comune, il Pan troglodytes schweinfurthii, tutti animali del Parco Nazionale del Gombe Stream in Tanzania.
Alla Duke, inoltre, vengono conservati tutti i dati della famosa comunità Kasakela del Jane Goodall Institute Research Center, con oltre cinquant’anni di osservazioni a partire dalle prime informazioni raccolte dalla stessa Jane Goodall nei primi anni Sessanta, prendendo nota ogni giorno del comportamento degli scimpanzé. Al momento i ricercatori guidati da Pusey stanno lavorando alla digitalizzazione dell’intera banca dati, per permettere di continuare l’indagine con studi longitudinali. “I risultati ottenuti nello studio sono anche più significativi rispetto a quelli che testimoniano il comportamento in generale, perché dimostrano che la stessa femmina agisce in modo molto diverso in base al sesso della sua progenie”, commenta Carson Murray, tra gli autori.
I ricercatori hanno misurato le tendenze sociali degli animali basandosi su tre tipi di analisi. Hanno osservato quanto tempo la madre trascorreva con altri adulti (non membri della famiglia), le dimensioni medie del gruppo e il tempo trascorso in gruppi solo femminili oppure misti, con anche maschi adulti. Per la maggior parte del tempo, spiegano gli scienziati, le madri rimangono da sole con il proprio cucciolo (70% della giornata) o con figlie divenute adulte e altre femmine. I maschi adulti al contrario sono i più gregari, tendendo a formare coalizioni con altri maschi per affermare la loro posizione sociale, cacciare in gruppo e difendere il territorio.
È così che è stato osservato come le madri con figli maschi trascorrevano molto più tempo in compagnia rispetto alle altre, specialmente nei primi sei mesi di vita del piccolo, in cui frequentavano più spesso specialmente i gruppi misti. Raggiunti i 30-36 mesi gli scimpanzé cominciano ad andarsene in giro per conto loro, senza supervisione materna, e si confermano molto più sociali delle loro coetanee femmine.
Per di più hanno la tendenza a mimare i comportamenti visti nei maschi adulti, specialmente i display aggressivi e la copula. “Le madri chiaramente cercano di aumentare l’esposizione dei piccoli maschi al contesto sociale”, spiega Murray. “Il che ci porta a una domanda più ampia, ovvero come quest’esposizione potrebbe plasmare comportamenti tipici di un genere o dell’altro anche negli esseri umani”.
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Crediti immagine: Tambako the Jaguar, Flickr