20 anni di fast food
Due nuovi studi americani mostrano che i parametri nutritivi del cibo dei fast food sono identici rispetto a 20 anni fa. Che significa ancora troppe calorie e troppo sale rispetto a quanto suggerito
SALUTE – Due nuove ricerche condotte da un gruppo di ricercatori americani dell’USDA Human Nutrition Research Center on Aging (USDA HNRCA) e della Tufts University hanno mostrato che dal 1996 a oggi, nonostante il problema dell’obesità e delle malattie a essa correlate sia uno dei temi più discussi e studiati, ben poco è cambiato all’interno dei fast food americani in termini di dimensioni delle porzioni di cibo, quantità di elementi nutritivi all’interno dei menù fissi, calorie, contenuto di sodio e grassi. Fanno eccezione solo le patatine fritte, che oggi conterrebbero molti meno grassi insaturi rispetto a 15 anni fa. Gli studi sono stati pubblicati su Preventing Chronic Disease.
I ricercatori si sono focalizzati sugli alimenti cardine della dieta del fast food: patatine fritte, cheeseburgers, pollo alla griglia, sandwiches, e cola, rispetto alla dimensione delle porzioni e al contenuto nutritivo, all’interno di un periodo lungo 18 anni. Sono stati esaminati ben 27 tipologie di articoli, fra cui i menù e le bevande considerati piccoli, medi e grandi, a cui gli autori hanno potuto accedere grazie a un database pubblico.
L’aspetto positivo, sottolineano gli autori, è che almeno le cose non sono peggiorate nell’ultimo decennio, anche se a detta degli scienziati questa è decisamente una magra consolazione. “C’è la percezione – afferma Alice H. Lichtenstein, direttore del Cardiovascular Nutrition Laboratory presso la USDA HNRCA e fra gli autori dello studio – che i ristoranti abbiano aumentato le porzioni dei cibi negli anni, ma in realtà noi abbiamo notato che i fast food non sono stati parte di questo trend.” Comunque, le differenze fra le diverse catene di fast food sono considerevoli e i livelli di sodio o di grassi sono più alti soprattutto negli alimenti spesso venduti insieme come un unico pasto, tanto da superare di molto i limiti delle calorie che dovremmo assumere per mantenere un peso forma.
Per esempio, le calorie di un pasto abbondante contenente cheesburger, patatine fritte e una bevanda può variare a seconda della catena da 1144 a 1757 calorie, ovvero rispettivamente il 57% e l’88% delle circa 2000 calorie stabilite come limite giornaliero.
Anche il contenuto di sodio rimane molto alto, rappresentando una fetta dal 63% al 91% della raccomandazione. Le Linee Guida Dietetiche statunitensi consigliano infatti agli adulti di limitare l’assunzione di sale a un massimo di 2300 milligrammi al giorno, mentre secondo i risultati di questo studio, tra il 1996 e il 2013 un solo cheeseburger avrebbe rappresentato 1100-1450 mg di sodio al giorno, cioè una percentuale dal 48% al 63% rispetti ai limiti di riferimento.
Almeno con le patatine fritte le cose sono andate migliorando. Gli scienziati hanno rilevato un forte calo dei grassi in esse contenuti, molto probabilmente correlato con l’entrata in vigore di precise leggi, come quella della città di New York, che ha vietato i grassi insaturi, per quanto questo non si traduca direttamente in una riduzione dal punto di vista calorico.
Nonostante le numerose campagne – spiegano gli autori – le vendite dei fast food almeno negli Stati Uniti rimangono ancora altissime. “I ristoranti potrebbero contribuire alla salute pubblica cominciando a ridurre le porzioni e rivedendo i contenuti nutritivi dei pasti che offrono. Questo può essere fatto gradualmente diminuendo la percentuale di sale o di formaggio. Qualche catena sta iniziando a cogliere questa possibilità, ma questi casi purtroppo ancora non fanno scuola.” I ricercatori hanno notato infatti che il contenuto di sale di una porzione piccola di patatine fritte per esempio può variare anche di 320 milligrammi da catena a catena e le calorie anche di 100 punti. E in un uomo una differenza di 100 calorie al giorno può significare un cambiamento di peso di 4 kg all’anno.
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