Qualcuno stampò le uova di cuculo (in 3D)
Studiare il parassitismo del nido è complicato, specialmente se le uova finte usate dai ricercatori sono di legno o plastica. Ma se le facessimo con una stampante 3D?
WHAAAT? Il venerdì casual della scienza – Il parassitismo del nido (o della cova), ovvero: deporre le proprie uova nei nidi altrui risparmiandosi non solo la fatica di costruirne uno proprio, ma anche di allevare la progenie lasciando l’incombenza alla “famiglia adottiva”. Nel caso del cuculo, famoso parassita, si tratta di un uovo per nido (deposto nei nidi di svariate specie di passeriformi), e negli anni questo comportamento ha dato luogo a una sorta di corsa agli armamenti evolutiva da ambo le parti.
Se da un lato i genitori parassitati sono diventati sempre più abili a riconoscere le uova altrui (e a “disconoscerle”), dall’altro cuculi e altri uccelli con questa abitudine depongono uova che sono via via sempre più simili a quelle delle specie nei cui nidi verranno abbandonate. Dal terzo lato ci sarebbero invece gli scienziati, che per decenni hanno costruito uova finte di malta, legno e altri materiali per nasconderle nei nidi, testando così la capacità delle varie specie di identificarle (basandosi su dimensioni, colore, pattern), e quindi di scovare quelle dei parassiti che si infiltrano tra la loro prole. Un metodo che ovviamente porta con sé alcuni limiti, che potremmo però vedere diminuire grazie alla stampa 3D.
Perché in fondo se già stampiamo pezzi di laboratori, modelli per trapianti e in futuro magari organi umani, perché non anche uova – dice un team di ricercatori su PeerJ? Costruire uova artificiali convincenti non è cosa facile, spiegano gli autori della ricerca. È un processo che richiede molto tempo, è soggetto all’errore umano e rende perciò molto difficile ripetere gli studi in modo identico. E, si sa, anche sulla ripetitibilità si basa il metodo scientifico. Per aggirare questo limite sì di base ma non per questo poco problematico, i ricercatori hanno elaborato modelli digitali dell’uovo di vaccaro testa bruna (Molothrus ater), una specie parassita tipica dell’America del Nord, e li hanno stampati.
Un altro vantaggio dello stampare uova in 3D, commentano i ricercatori, è la possibilità di farle cave e poterle riempire con gel o acqua, imitando così non solo il peso dell’uovo di interesse ma rendendo il falso più credibile anche dal punto di vista delle sue proprietà termodinamiche. Così – dopo averle dipinti di beige come le uova del vaccaro testabruna e di blu-verdastro come quelle del tordo americano, Turdus migratorius, sua comune specie ospite – i ricercatori hanno monitorato i nidi per sei giorni, in attesa delle reazioni della “famiglia adottiva”.
I tordi hanno accettato tutte le uova blu-verdastre, e rifiutato il 79% di quelle beige. Un risultato simile a quelli già ottenuti in passato con uova di altre materiali, ma che permetterà ora di ripetere gli studi ed estenderli a molte altre specie seguendo un protocollo sempre uguale. La reazione degli ospiti, spiegano gli studiosi, cambia molto in termini di come rispondono alle uova parassita. Il che solleva un sacco di domande, non solo sulle capacità di mimesi delle uova ma anche sul sistema visivo degli uccelli stessi, la loro capacità di contare, le regole cognitive sulle somiglianze e molto altro.
“Per decenni tutte queste domande hanno richiesto la produzione di uova finte”, spiega Don Dearborn del Bates College, esperto di parassitismo del nido non coinvolto nell’ultima pubblicazione. “Un procedimento che tutti consideriamo lento, inesatto e frustrante. Usare la stampa 3D darà il via a un processo ripetibile, che permetterà esperimenti molto più specifici sulla co-evoluzione tra ospite e parassita”.
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Crediti immagine: Eleonora Degano