Brichos, la molecola naturale che frena l’Alzheimer
Una proteina chiamata Brichos, naturalmente presente nell'uomo, potrebbe fare da freno per l'Alzheimer, attaccandosi alle fibrille amiloidi tipiche della malattia. Primi test positivi sugli animali
RICERCA – Bloccare l’Alzheimer con un freno naturale. Questa la strategia adottata da un gruppo di ricercatori dell’Università di Cambridge che ha pubblicato un articolo su Nature Structural & Molecular Biology.
L’Alzheimer è una malattia grave che colpisce quasi mezzo milione di persone solo in Italia. Proprio per questo da tempo i ricercatori di tutto il mondo (anche italiani) studiano i meccanismi di questa malattia, nella speranza di trovare nuove strategie per il trattamento.
L’Alzheimer, infatti, è una malattia complicata anche solo da studiare, perché il processo di costituzione delle placche che caratterizzano la malattia si autoalimenta. Quando non ci sono ancora sintomi, alcune piccole proteine, le beta-amieloidi, si ripiegano in modo scorretto e si aggregano, formando degli ammassi fibrillari. Qui nasce la malattia, perché questi piccoli aggregati fanno ripiegare altre beta amieloidi fino a formare le placche. E proprio in questa fase arriva la scoperta di Brichos: una proteina che non riesce a bloccare l’origine degli aggregati, ma evita che essi si ingrandiscano e possano formare le placche di beta-amieloide, prevenendo la loro tossicità e la progressione della malattia.
“Inizialmente il processo – ha spiegato Samuel Cohen, tra gli autori dello studio – è lento, ma poi accelera”. I ricercatori hanno cercato di testare questa proteina, un “chaperone” normalmente prodotto dall’uomo, in tessuti di cervello di topo attraverso esperimenti di citotossicità ed elettrofisiologia. I risultati sono stati positivi e ora si aprono nuove porte per il trattamento dell’Alzheimer, soprattutto alle prime fasi.
Nonostante il grande risultato, però, non mancano i dubbi e le preoccupazioni su come mettere in pratica questa scoperta. Brichos infatti è una proteina che viene assorbita molto velocemente dall’organismo, prima che venga raggiunto il cervello. Ottenere un farmaco non è quindi una strategia semplice. Tuttavia, una volta capito meglio il meccanismo di questa molecola, sarà possibile cercare di progettarne altre che siano più efficaci e più adatte per la progettazione di una terapia.
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