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Identikit di Kepler-452b, che per la Nasa è cugino della Terra

Si tratta del pianeta extra-solare in assoluto con le caratteristiche più simili al nostro. Le incognite sono ancora moltissime, dalla sua massa all'effettiva possibilità che ci sia acqua liquida, ma la scoperta è stata pubblicizzata alla grande

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SCOPERTE – Giovedì 23 luglio 2015 è una data destinata a diventare un punto di riferimento storico nella ricerca di altri pianeti abitabili al di fuori del nostro sistema Solare. Forse sì, o forse no.

Sul valore scientifico della scoperta non si discute: la Nasa ha annunciato di aver individuato, grazie al telescopio spaziale Kepler, un esopianeta che presenta caratteristiche simili alla Terra più di qualunque altro mai individuato nella storia della ricerca spaziale. Così il pianeta appena scoperto, battezzato Kepler-452b, è diventato direttamente il candidato numero uno tra i 4696 potenziali cugini della Terra individuati nel corso di circa due decenni di osservazioni (di cui poco più di 500 trovati negli ultimi quattro anni).

Tuttavia, prima di parlare con ragionevole certezza di “cugino” della Terra, se non addirittura di “fratello” o di “Terra 2.0”, occorreranno analisi molto più approfondite rispetto ai dati oggi a disposizione. Qualcuno sospetta che il comunicato della Nasa possa essere in realtà un’astuta (e legittima) manovra di marketing per evitare ulteriori tagli al budget ventilati dall’amministrazione Obama. In ogni caso, però, sbilanciarsi con affermazioni sulla possibile presenza di vita su Kepler-452b pare quantomai prematuro.

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Che cosa sappiamo di Kepler-452b
Secondo quanto diffuso dalla Nasa, Kepler-452b ha un diametro circa il 60% più grande di quello terrestre (è comunque tra gli esopianeti più piccoli mai individuati) e compie una rivoluzione completa intorno alla propria stella in 385 giorni, appena il 5% in più di quanto non faccia il nostro pianeta con il Sole. Del 5% è anche la differenza, rispetto alla Terra, del raggio orbitale medio, ossia Kepler-452b si trova grossomodo alla stessa distanza che il nostro pianeta ha dal Sole.

Rilevante è anche la somiglianza tra il nostro Sole e la stella di Kepler-452b (chiamata Kepler-452, senza la lettera b): si tratta di una stella con un’età di circa 6 miliardi di anni, uno e mezzo più del Sole, che però è di tipo G proprio come il nostro astro, e quindi ha sostanzialmente la stessa temperatura e può essere ragionevolmente definita come un parente stretto, anche se più anziano, del Sole. Rispetto alle stelle di tipo K o M intorno a cui orbitano la maggior parte degli esopianeti finora individuati, infatti, Kepler-452 ha caratteristiche molto più simili al Sole, con un diametro del 10% maggiore, una massa del 3,7% più grande e una luminosità superiore del 20% circa.

Il sistema planetario di Kepler-452 si trova all’interno della costellazione del Cigno, a 1400 anni luce dal sistema Solare. Ma le analogie con il sistema Terra-Sole sono sufficienti, secondo gli scienziati della Nasa, per sostenere che Kepler-452b si trovi nella cosiddetta zona abitabile della propria stella, ossia a una distanza tale da poter consentire – almeno in linea di principio – la presenza di acqua allo stato liquido.

Anche se può sembrare scontato, la Nasa ha chiarito di aver raccolto dati sufficienti per dimostrare che Kepler-452b è davvero un pianeta e non si tratta di un falso positivo. Questo tipo di conferma, in realtà, a oggi è disponibile solo per un migliaio dei 4696 esopianeti catalogati, mentre per tutti gli altri resta il dubbio che si tratti di semplici illusioni ottiche.

Come sono state raccolte le informazioni
Lanciato il 7 marzo del 2009, il telescopio spaziale Kepler orbita intorno al Sole compiendo una rivoluzione completa ogni 371 giorni. Mentre viaggia, Kepler resta orientato sempre verso la stessa piccola porzione del cielo, monitorando in continuazione la luminosità di oltre 150mila stelle. La regione della via Lattea su cui è puntato Kepler contiene stelle che si trovano grossomodo alla stessa nostra distanza rispetto al centro della galassia.

Grazie al suo telescopio lungo quasi 5 metri e ai suoi 42 sensori appositamente progettati, Kepler è capace di registrare minime variazioni dell’intensità luminosa delle stelle, causate dal passaggio dei pianeti orbitanti. I pianeti, infatti, non brillano di luce propria e non possono essere osservati direttamente, ma la loro presenza può solo essere dedotta da una raffinata analisi del modo in cui le stelle ci appaiono.

Le informazioni raccolte da Kepler sono state poi integrate con altri studi condotti dagli osservatori dislocati sulla superficie terrestre. Dal McDonald Observatory di Austin in Texas al Fred Lawrence Whipple Observatory sul monte Hopkins in Arizona, fino al Keck Observatory di Mauna Kea nelle Hawaii, le misure successive sono state determinanti per confermare la natura planetaria di Kepler-452b e per ottenere misure precise sulle dimensioni del pianeta e sulle caratteristiche della sua orbita.

Ciò che ancora non sappiamo
Il termine pianeta non implica necessariamente che si tratti di un corpo roccioso. Anche se la Nasa ritiene sia poco probabile che si tratti di un ammasso di gas, la massa di Kepler-452b è ancora completamente ignota. Questo significa, ad esempio, che non è attualmente possibile stimare la densità del pianeta, e quindi nemmeno ricavare informazioni sulla sua composizione.

La presenza di acqua allo stato liquido sul pianeta non dipende solo dalla distanza rispetto alla propria stella e dalla luminosità di quest’ultima, ma anche dalle condizioni di temperatura e pressione presenti sulla superficie, che dipendono criticamente dalla composizione dell’atmosfera. La possibile presenza di acqua liquida infatti viene stimata supponendo ci sia una pressione paragonabile a quella atmosferica terrestre. Pure Marte e Venere, secondo questo criterio, si trovano ai confini della regione di abitabilità del Sole, anche se di acqua sui due pianeti nostri vicini di casa non c’è (più) alcuna traccia. Su Venere, ad esempio, la composizione dell’atmosfera ha determinato un effetto serra auto-alimentato che ha provocato l’innalzamento della temperatura fino a 400°C e quindi l’evaporazione di tutta l’acqua presente.

Servono molte altre caratteristiche per essere simili alla Terra
Affinché un pianeta sia un corpo celeste (relativamente) ospitale come la Terra, occorre che siano rispettate tutta una serie di altre condizioni. Oltre alle giuste caratteristiche in termini di dimensioni, composizione atmosferica e pressione al suolo, un cugino della Terra dovrebbe avere anche grossomodo la stessa gravità al suolo e molti altri fattori secondari. La vita sulla Terra, ad esempio, si è potuta sviluppare grazie a un sottilissimo e precario equilibrio di condizioni quali la stabilità dell’asse di rotazione, la piccola eccentricità dell’orbita, la presenza di un campo magnetico capace di deflettere le particelle ad alta energia che bombarderebbero la superficie, la relativa regolarità delle temperature e il clima.

Anche se Kepler-452b non ha ancora tutte le carte in regola per essere definito un parente stretto del nostro pianeta, continuare a cercare e a raccogliere dati è l’unica via per trovare quel pianeta “fratello” della Terra che da secoli l’uomo sta cercando. Certo, la distanza di oltre mille anni luce renderà impossibile ancora per molto tempo anche solo pensare di scattare una fotografia di Kepler-452b, come è recentemente stato fatto con Plutone. Tuttavia la scienza ha dimostrato negli ultimi due secoli di saper progredire a un ritmo sempre crescente, quindi è possibile che tra qualche generazione quelle distanze interstellari non appaiano più così proibitive. Ma la buona notizia è soprattutto che le istituzioni scientifiche stanno imparando a divulgare, ad acquisire le logiche di mercato e a intraprendere azioni di marketing e pubblicizzazione dei risultati. Perché i fondi, come sempre, bisogna dimostrare di meritarli.

@undotti

Leggi anche: Alla ricerca di pianeti terrestri

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Crediti immagine: NASA/Ames/JPL-Caltech

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Gianluca Dotti
Giornalista scientifico freelance. Sui social sono @undotti