Cellule invasive e come si spostano: tutta questione di protuberanze
Scoperto il meccanismo chiave sfruttato anche dalle cellule tumorali per spostarsi all’interno dell’organismo: secondo i ricercatori della Duke University questo risultato potrà portare allo sviluppo di nuovi farmaci in grado di prevenire le metastasi.
SCOPERTE – In un nuovo studio della Duke University è stato scoperto un meccanismo chiave utilizzato dalle cellule tumorali per riuscire a infiltrarsi in altri tessuti, dando origine a metastasi. L’articolo, pubblicato sulla rivista Developmental Cell, descrive il modo in cui nel verme trasparente Caenorhabditis elegans – uno dei principali organismi modello per gli studi di biologia dello sviluppo – le cellule invasive adoperino un trucco per aprirsi un varco. Questa ricerca potrebbe consentire di mettere a punto, in futuro, nuove tecniche per prevenire le metastasi, che fanno del cancro una malattia così difficile da curare.
La maggior parte delle cellule, nel nostro organismo, non si muove, ma, di tanto in tanto, alcune sconfinano in altri tessuti. Questa capacità è determinante per diversi processi, come nel caso del passaggio dei globuli bianchi attraverso i vasi sanguigni per raggiungere il tessuto ferito o infiammato. Nel caso delle metastasi, però, questo meccanismo viene utilizzato in modo per noi nocivo, permettendo che le cellule maligne invadano l’organismo, spostandosi dal sito originario del tumore.
Per diffondersi, una cellula deve prima riuscire a superare la membrana basale, una lamina extracellulare costituita da diversi strati che separa i tessuti connettivi dall’epitelio, dall’endotelio, dalle fibre muscolari e dal tessuto nervoso. Questa membrana, resistente come il Kevlar, è troppo densa per poterci semplicemente passare attraverso: per questo la cellula spinge in avanscoperta alcuni peduncoli, chiamati invadopodi. Questi vengono spinti all’esterno e ritirati più volte nel giro di pochi secondi, come tanti minuscoli pistoni, finché uno di essi non riesce a creare un varco. A questo punto entra in gioco una seconda struttura, scoperta proprio in questo studio: si forma una protuberanza che, invece di tendersi come un palloncino, si ingrandisce accrescendo la membrana cellulare dall’interno. I lisosomi, piccoli organelli che contengono enzimi e fungono da sistema digerente della cellula, si concentrano vicino al varco e si fondono con la membrana cellulare esterna, aumentandone la superficie. Nel corso dell’accrescimento, una proteina chiamata distroglicano si raggruppa alla base della protuberanza, per mantenerla aperta ed evitare che si “sgonfi”.
A quel punto, nel giro di mezz’ora la protuberanza si contrae, lasciando un’apertura che permette a tutta la cellula di passare. Perché la sporgenza si formi, però, devono essere presenti un’altra particolare proteina, la netrina, e i suoi recettori, in grado di indirizzare i lisosomi nel punto giusto. Alti livelli di netrina sono stati collegati alla presenza di metastasi in numerosi tumori umani, perciò, anche se uno studio effettuato su un organismo così diverso da noi potrebbe sembrarci lontano, ci sono le prove che si tratti di un meccanismo molto simile.
Proprio la trasparenza di C. elegans ha permesso la visualizzazione di tutti gli stadi di questo comportamento. La parte iniziale del processo – la creazione di un varco – venne scoperta trent’anni fa, mentre la continuazione risultava ancora poco chiara. Il gruppo di ricercatori, guidato da David Sherwood, ha utilizzato una macchina fotografica collegata a un potente microscopio per tener traccia del comportamento delle cellule invasive ogni cinque minuti, per una durata totale di tre ore. Hanno tracciato una cellula specializzata, detta “cella di ancoraggio”, nel sistema riproduttivo femminile di C. elegans, mentre cerca di attraversare la membrana basale che separa utero e vulva, per connetterli e permettere al verme di deporre le uova. La cella riesce a portare a termine questo compito con una singola protuberanza, che si infila nel piccolo varco creato dagli invadopodi, come un piede che non solo non lascia chiudere la porta, ma permette anche di intrufolarsi all’interno. E riesce a farlo allargandosi, spingendo da parte la membrana basale e ampliando la fessura creata.
Questa scoperta permette di comprendere come mai i farmaci designati per fermare la diffusione delle cellule tumorali fallissero: non c’era niente che agisse contro questo meccanismo. Diversi trattamenti proposti cercavano di inibire gli enzimi in grado di dissolvere la membrana basale, ma il loro scarso successo negli studi clinici era dovuto all’incompleta conoscenza di come – nella pratica – le cellule riuscissero a farsi strada. Non bisogna scordare, però, che le tattiche d’invasione adottate sono molteplici: nel caso si riuscisse a bloccare la formazione di protuberanze, senza creare danni alle cellule sane o interferire con altri meccanismi fisiologici, si riuscirebbe a togliere alle cellule maligne uno strumento chiave, ma non è certo che si riesca a bloccarle del tutto.
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