Amiloidosi: scoperto perché le proteine diventano tossiche
Uno studio internazionale guidato dall’Università Statale di Milano chiarisce gli effetti di una mutazione genetica su una proteina e ne spiega la tendenza a formare aggregati amiloidi tossici. Ora si apre una nuova strada per cercare una cura.
RICERCA – L’amiloidosi è un fenomeno comune a diverse malattie, che consiste nella perdita di struttura da parte di una proteina, che finisce per assumere la forma di fibre allungate che si depositano in ammassi in diverse sedi dell’organismo, provocando vari disturbi, alcuni anche gravi. Fra le malattie in cui è convolto il meccanismo dell’amiloidosi troviamo l’Alzheimer, il Parkinson, la SLA, il morbo di Huntington, e alcune forme di malattia cardiaca come particolari cardiomiopatie. Attualmente sono circa trenta le malattie correlate con i depositi di proteina amiloide, ma purtroppo hanno in comune un unico aspetto: tutte presentano un decorso progressivo e per nessuna di loro esiste una terapia davvero risolutiva.
Oggi però, un team internazionale coordinato dal Prof. Stefano Ricagno dell’Università Statale di Milano e pubblicato su Nature Communications, chiarisce per la prima volta le basi molecolari che scatenano la tossicità di queste proteine in soggetti prima sani, ovvero gli effetti di una mutazione genetica sulla proteina, spiegandone poi la tendenza a formare questi aggregati amiloidi tossici.
Fra le trenta malattie in cui è coinvolta l’amiloidosi lo studio si è focalizzato su una in particolare, un tipo di Amiloidosi sistemica ereditaria, che era stata caratterizzata all’interno di un precedente studio pubblicato sul New England Journal of Medicine dallo stesso team nel 2012.
Nella famiglia francese esaminata, vi erano infatti tre sorelle e un cugino che mostravano sintomi costanti e simili e che peggioravano negli anni, fra cui una scarsa funzionalità intestinale che li fiaccava tutti i giorni da decenni. Studiando il caso i ricercatori si sono resi conto che ognuna delle persone coinvolte era interessata da depositi di proteina amiloide, dove la proteina in questione per mutazione genetica era diventata tossica, provocando la malattia, detta appunto Amiloidosi sistemica ereditaria.
“Il principale problema che rende così difficile trovare una cura per questa famiglia di malattie è che non sappiamo ancora esattamente da che cosa origina la tossicità, cioè perché a un certo punto una proteina che nasce sana inizia a perdere struttura, ad aggregare e a diventare tossica. Certo, sappiamo che in origine il fenomeno è ereditario, ma la sfida è comprendere a che cosa è dovuto il cambio di rotta improvviso della proteina” spiega Stefano Ricagno del dipartimento di Bioscienze dell’Università Statale di Milano,
“Ora finalmente, grazie a questo studio abbiamo capito che la mutazione rende la struttura della proteina meno stabile e soprattutto più dinamica facendo sì che le molecole perdano facilmente la propria struttura sana e formino delle fibrille amiloidi che si depositano su organi come la milza, l’intestino e il cuore e che diventano tossiche per l’organismo del paziente.
In particolare i ricercatori si sono concentrati sull’individuazione delle caratteristiche biochimiche e biofisiche peculiari del mutante tossico rispetto alla proteina presente in persone sane. Le due varianti proteiche sono state studiate usando cristallografia a raggi X, risonanza magnetica nucleare e simulazioni di dinamica molecolare.
“Un ulteriore aspetto importante da sottolineare – continua Ricagno – è che in aggiunta alla validità dei risultati dello studio stesso, abbiamo anche messo in atto un innovativo protocollo di lavoro, basato appunto sulla commistione di tecniche di cristallografia, di risonanza magnetica nucleare ecc, che potrebbe rivelarsi utile anche per studiare altre malattie dovute all’amiloidosi. Anche per questo l’articolo è apparso su una rivista prestigiosa come Nature Communication.”
Questa scoperta è dunque un’apripista per un nuovo approccio alle malattie attualmente incurabili dove sono coinvolti meccanismi di accumulo di proteina amiloide. “I nostri prossimi passi saranno nella direzione di ridurre la dinamica di queste proteine, che come abbiamo visto sono meno stabili appena prima di mutare e diventare tossiche”.
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