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Meat and Cigarettes

Secondo una discussa ricerca pubblicata su Cell Metabolism da un gruppo dell’University of Southern California, guidato da Valter Longo, assumere grandi quantità di proteine animali tra i 50 e i 65 anni aumenterebbe il rischio di cancro tanto quanto lo aumenta il fumo, mentre dopo i 65 anni potrebbe invece avere effetti benefici.

Quando le forme contano

SALUTE - È proprio il caso di dirlo, quando si parla di proteine le forme contano davvero. Per il corretto funzionamento all'interno delle cellule, le proteine devo assumere una corretta struttura tridimensionale e, se sono invece presenti mutazioni nella sequenza aminoacidica della proteina che la portano ad assumere una struttura non corretta, i meccanismi di controllo della cellula se ne accorgono e vengono avviati i processi di "controllo qualità" per dirottare la proteina difettosa in aree cellulari specifiche e successivamente eliminarla. E questo causa l'insorgenza di diverse malattie. Una ricerca pubblicata sulla rivista PNAS propone un nuovo sistema per correggere questi errori e riportare la cellula alla "normalità".

Nuovi indizi sulla morte di Ötzi

È un’analisi di proteine a fornire nuovi indizi su un omicidio irrisolto di oltre 5000 anni fa. La vittima è illustre, così famosa da meritare un posto d’onore in un museo. Si tratta di Ötzi, la mummia dell’Età del rame ritrovata nel 1991 sulle Alpi al confine tra l’Italia e l’Austria, ora conservata al Museo Archeologico dell’Alto Adige.

Tutto su Tisanoreica®

LA VOCE DEL MASTER - “Non sono a dieta, sono in Tisanoreica!”. Così recita lo slogan che accompagna qualsiasi pubblicità della dieta Tisanoreica di Gianluca Mech, ormai diventata un must tra vip e non. Non si tratta Infatti solo di una dieta, ma di un vero e proprio brevetto alimentare commerciale, la cui composizione è segreta, un po’ come per la Coca Cola (e quindi d’ora in poi si userà il nome corretto, ovvero Tisanoreica®). Sul sito de “Il Giornale” Gianluca Mech, inventore e promotore di questa dieta, svela che già il nome è tutto un programma: le tisane non c’entrano nulla, si chiama Tisanoreica® “Perché ti sana. Senza le tisane”. Se però si vanno a guardare quali prodotti vengono offerti nei 40 giorni previsti di regime dietetico ci si rende subito conto che se la parola tisana non compare spesso, il termine “decotto” la fa da padrone. Ma cosa prevede il protocollo dietetico Tisanoreica®? All’interno del sito dell’azienda Gianluca Mech Spa si legge “Il metodo Tisanoreica è un protocollo per la riduzione ponderale che si basa sull’attivazione di una via metabolica definita chetosi”. Chiaro no? Non molto. Per riduzione ponderale si intende la perdita di peso, di un individuo, sia per cause naturali come una malattia o per la pratica di uno sport, sia indotta da un regime dietetico; detto diversamente è il processo di dimagrimento

Le (enormi) conseguenze di uno sbaglio

CRONACA - I vertebrati sono emersi circa 500 milioni di anni fa a seguito di due ondate di "errori" di duplicazione genetica che hanno portato al raddoppiamento dei geni negli organismi invertebrati (in una specie simile all'anfiosso attuale) che hanno dato poi via alla linea evolutiva dei vertebrati (come noi). Questi raddoppiamenti che hanno creato copie diverse dello stesso gene (alcune perse rapidamete ma altre mantenute del corso della storia evolutiva) da un lato hanno migliorato i sistemi di comunicazione cellulare dall'altro però, come si legge in uno studio appena pubblicato su Open Biology, hanno aiutato certe malattie a sopravvivere alle pressioni selettive.Carol MacKintosh, dell'Università di Dundee, e colleghi hanno studiato un complesso di centinaia di proteine che nell'organismo umano coordinano la risposta cellulare ai fattori di crescita e all'insulina. L'analisi biochimica di un sottogruppo "chiave" di queste proteine ha dimostrato che risalgono alle duplicazioni del genoma, nel Cambriano.

Mai più ghiaccio nel nostro gelato

- Capita a volte di tirare fuori una vaschetta di gelato dal congelatore, di prenderne qualche cucchiaiata e di lasciare la vaschetta sul tavolo mentre ci si tuffa nel godimento ipercalorico sottozero. Poi, con calma, si mette a posto la vaschetta e, quando la si riprende la volta successiva, la trama vellutata del variegato alla fragola è diventata ruvida e fastidiosa al palato, e anche il sapore è meno intenso. La colpa è dei cristalli di ghiaccio (oltre che nostra, per aver lasciato il gelato fuori dal freezer). Tra qualche tempo, però, problemi di questo tipo potrebbero essere eliminati. Infatti, un gruppo di ricercatori francesi del del Cnrs (l'equivalente del Cnr italiano) e dell'azienda Saint-Gobain hanno scoperto che un composto chimico originariamente pensato per evitare l'aggregazione spontanea di particelle in una sospensione si dimostra capace di controllare la formazione di cristalli di ghiaccio. Questa ricerca, pubblicata in linea sulla rivista PLoS One, fornisce anche nuovi indizi per l'elaborazione di equivalenti sintetici alle proteine antigelo diversi da quelli oggi noti.

Proteine âgée

NOTIZIE - quando parlo di questi argomenti, ecco, mi sento come un artificere che maneggia una mina. Oscillo fra il desiderio che siano vere, e la paura di prendere un granchio e finisco costringermi allo scetticismo. Insomma, la notizia è che su PLoS One, James Sant'Antonio, Mary Schweitzer e altri hanno pubblicato dati a supporto di una spiegazione plausbile su come le proteine possono conservarsi nei fossili per diversi milioni di anni. A qualcuno forse il nome della Sweitzer non suona nuovo. La scienziata (una collaboratrice del famoso cacciatore di dinosauri, Jack Horner, di cui abbiamo parlato solo un paio di giorni fa) è al centro di un contenzioso che dura da qualche anno. Schweitzer infatti nel 2007 ha pubblicato un famoso articolo (su Science) in cui sosteneva di aver individuato dei frammenti di proteine di collagene nell'osso femorale di un T-rex (fossile ovviamente, e vecchio di 68 milioni di anni). A quel punto la comunità scientifica s'è divisa in due, da un lato coloro che credono nella genuinità dei dati di Schweitzer e quelli che ritengono che si tratti solo di artefatti sperimentali. I secondi si basano sulla nozione accettata dalla maggior parte della comunità scientifica che le proteine siano deperibili: secondo i modelli teorici non potrebbero conservarsi più di uno o due milioni di anni, e anche i dati sperimentali (Schweitzer a parte) confermano. Le proteine più vecchie finora trovate (e accertate) appartengono a dei batteri fossili trovati nelle carote di gìhiaccio e hanno "solo" qualche centinaio di migliaia di anni.
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