«Perché la rivoluzione oggi no, domani forse, ma dopodomani sicuramente!»
Sembrano ispirarsi al verso di Gaber le politiche del Ministero dell’Istruzione italiano in materia di testi scolastici. La rivoluzione, non violenta ma per alcuni pericolosa, è quella digitale, che vorrebbe la graduale trasformazione dei libri di testo in prodotti multimediali.
È ormai agli sgoccioli l’anno scolastico, ma qualcuno guarda già con apprensione ai prossimi mesi, e all’incertezza su quello che succederà dei libri che entreranno negli zaini degli studenti.
La novità è delle ultime settimane: l’introduzione obbligatoria dei testi digitali, prevista dal decreto dell'ex ministro Profumo per l’anno scolastico 2014/2015, rischia di slittare ancora.
Cambiare le abitudini alimentari a scuola per rendere i ragazzi più consapevoli oggi e più sani domani. È questa la sfida lanciata dal film-documentario Cafeteria man, proiettato nell'ambito del festival Le Voci dell'Inchiesta che si sta svolgendo in questi giorni a Pordenone.
CULTURA - Rivoluzionare il sistema educativo nel mondo. Con una modesta ambizione sono stati lanciati questo autunno i primi corsi gratuiti di edX, l’organizzazione fondata dalla Harvard University e dal Massachusetts Institute of Technology con lo scopo di sviluppare un sistema di insegnamento online di tipo interattivo.
Forse qualcuno ricorda gli improbabili corsi di matematica trasmessi anni fa a tarda notte su qualche canale televisivo italiano. Con un vecchio professore alla lavagna che non brillava certo per vitalità e un auditel prossimo allo zero. Ecco, niente di tutto questo.
Il progetto pilota di edX, chiamato MITx e testato la scorsa primavera, ha raccolto le iscrizioni di 155.000 studenti distribuiti in 160 paesi. Anche se il numero di studenti effettivamente arrivati a sostenere l’esame finale è sceso a 7.200, Anant Agarwal, presidente dell’organizzazione e docente del primo corso offerto, ha calcolato che ci sarebbero voluti 40 anni di insegnamento tradizionale per raggiungere la stessa cifra
CRONACA - L'Italia investe poco nell'istruzione. La conferma arriva dall'ultimo rapporto Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) sulla scuola "Education at a Glance 2011". Nel 2008 il nostro Paese ha destinato alla scuola e all'università solo il 4,8% del Pil contro una media dei Paesi Ocse del 6,1%. Tra i Paesi europei siamo nelle ultime posizioni della classifica: peggio di noi solo Slovacchia (4%) e Repubblica Ceca (4,5%).