AMBIENTEINFOGRAFICHE

Una nuova impronta

StampaAMBIENTE – L’impronta ecologica non basta, soprattutto quando parliamo delle materie prime necessarie per sostenere le economie dei Paesi industrializzati. Un nuovo studio australiano, pubblicato sulla rivista PNAS, ha mappato e ricalcolato l’impatto ambientale dell’utilizzo delle materie prime in 186 paesi dal 1990 al 2008, introducendo un nuovo indicatore: l’impronta materiale.

Semplificando, si tratta di un nuovo modello di calcolo che prende in considerazione non solo la quantità di materie prime prodotte, acquistate o vendute nei vari paesi, ma anche l’ammontare di quelle necessarie per rendere possibile gli scambi commerciali.  Diversi impatti ambientali di vasta portata sulla biodiversità, sul clima, sullo sfruttamento del suolo e dell’acqua avvengono proprio durante la trasformazione delle materie prime.

Nel 2008, nel mondo,  sono stati estratti 70 miliardi di tonnellate di materie prime. Di questi , solo 10 miliardi sono stati scambiati fisicamente, attraverso i flussi commerciali. Ben 29 miliardi di tonnellate sono state utilizzate per consentire la lavorazione e l’esportazione di questi materiali.

Guardando ai singoli paesi, l’impatto materiale maggiore si registra in Cina con 16,3 miliardi di tonnellate, il doppio degli Stati Uniti e il quadruplo di Giappone e India. A incidere sull’impronta della Cina sono soprattutto i materiali da costruzione (70%), che riflettono la veloce industrializzazione e urbanizzazione del paese negli ultimi 20 anni.

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