Malattie rare, ancora troppe disuguaglianze
Presentati i risultati del Report MonitoRARE, che mostrano una situazione disomogenea. Ma anche un miglioramento nella ricerca e nella disponibilità di farmaci orfani
SALUTE – Per mettere a punto politiche mirate è necessario partire dalla conoscenza della portata numerica del fenomeno che si sta affrontando, e in tema di malattie rare questo è ancora oggi un grosso limite, dal momento che non si sa con esattezza quanti siano i malati rari in Italia. Le stime non mancano, e parlano di una cifra compresa fra le 300 mila e le 324 mila persone, relativamente alle sole patologie inserite nel DM n. 279/2001. Ma la mancanza di un conteggio definitivo rimane uno dei primi punti dai quali partire per analizzare le criticità del sistema.
A raccontarlo è MonitoRARE, il primo rapporto sulla condizione delle persone con malattia rara in Italia, realizzato dalla Federazione UNIAMO. La più grande presentazione organica dei dati che possediamo, che coinvolge le 1.079 associazioni di pazienti.
“Si può stimare che la prevalenza dei malati rari complessivamente considerati sia dal 50 al 100% superiore a quella stimata per il solo elenco del DM n. 279/2001, cioè da 7,5 a 10 per 1000 residenti” si legge nella premessa del Piano Nazionale Malattie Rare 2013- 2016. Ciò significa – prosegue il report – che “il numero complessivo di tutte le persone con malattia rara in Italia può collocarsi nell’intervallo compreso tra 450.000 e 670.000 persone con una prevalenza tra lo 0,75% e l’1,1%.” Differenze numeriche non certo secondarie.
Ritardo nella diagnosi e profonde disuguaglianze
Secondo uno studio realizzato in Lombardia, utilizzando i dati del Registro Lombardo delle Malattie Rare, il ritardo diagnostico, cioè l’intervallo di tempo trascorso tra evidenza dei sintomi e la diagnosi effettiva, sarebbe circa di 6,5 anni.
Due sono infatti gli aspetti cruciali che emergono dal report: una diagnosi eseguita con molto ritardo, e un’assistenza sanitaria disomogenea a livello locale, con territori di forte isolamento per le famiglie, che troppo spesso si devono sobbarcare interamente o quasi l’impegno quotidiano che la cura di un malato raro può comportare. Il primo passo per mettere in piedi un empowerment ben riuscito dei pazienti e delle loro famiglie è infatti un network ben strutturato.
Tuttavia, nonostante le differenze territoriali, la media rispetto all’Europa è buona. In Italia abbiamo infatti una media di 3,3 centri di competenza ogni 1.000.000 abitanti, contro una media europea compresa fra 0.7 e 2.
Screening neonatale disomogeneo
Differenze importanti si evidenziano anche dal punto di vista dello screening neonatale. La legge prevede lo screening per tre patologie, ipotiroidismo congenito, fenilchetonuria e fibrosi cistica, ma lo scenario in realtà è molto più articolato. Vi sono regioni dove a tutti gli effetti lo screening viene effettuato solo per una o due malattie, e altre in cui si arriva addirittura a 58, come in Toscana, o a 57 come in Lombardia.
Se guadiamo ai dati censiti nel sito Orphanet, pare inoltre che l’Italia sia uno dei paesi in cui è possibile testare il maggior numero di geni in Europa, e in questo senso un bel balzo in avanti è stato compiuto negli ultimi due anni. 1101 geni analizzabili nel 2014, una delle cifre più alte del continente, in linea come ordine di grandezza con Francia e Germania.
Bene ricerca e farmaci orfani
Non fraintendiamoci, non va tutto male. Due note positive emergono dal report: una ricerca scientifica italiana sempre più attiva nel campo delle malattie rare, e un consumo via via maggiore dei cosiddetti farmaci orfani, quelli cioè considerati poco remunerativi e quindi scarsamente presenti in commercio, perché utili a trattare patologie poco diffuse come le malattie rare. Osservando infatti il numero di progetti sulle malattie rare finanziati con il Settimo Programma Quadro della Ricerca nei quali i gruppi di ricerca dei Paesi Europei hanno partecipato come leader di progetto, l’Italia si colloca in quarta posizione con 27 progetti, dopo Germania, Francia e Regno Unito.
Riguardo invece ai farmaci orfani, nel 2014 sono stati 81 quelli complessivamente disponibili in Italia, l’80% di quelli distribuiti a livello europeo, Nel 2013 erano 68 e nel 2012 61.
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