Tonno, tra scatolette e sashimi una pesca ancora poco sostenibile
Il 43% degli stock ittici dei tonni di maggiore interesse economico è oggi sovrasfruttato, con prelievi eccessivi che ne mettono a rischio la sostenibilità.
Predatori agili, veloci, capaci di scatti fulminei grazie alla temperatura del corpo più alta di quella dell’acqua circostante. Il gruppo dei tonni e delle specie affini è composto da circa 40 specie che vivono in banchi di migliaia di individui nell’oceano Atlantico, Indiano, Pacifico e nel Mare Mediterraneo.
Le catture sui loro stock sono aumentate continuamente dal 1950 a oggi, passando da meno di 0,6 milioni di tonnellate a oltre sette milioni di tonnellate. Dal 2005 a oggi il totale delle catture mondiali di risorse ittiche si aggira attorno agli 80 milioni di tonnellate l’anno. Con quasi 2,9 milioni di tonnellate di sbarcato nel 2016, il tonnetto striato (Katsuwonus pelamis) è la terza specie di pesce più pescata al mondo, mentre il tonno pinna gialla (Thunnus albacares), l’ottava, con poco meno di 1,5 milioni di tonnellate di sbarcato nel 2016.
Tonno in scatola, sushi e sashimi
Sette specie, le cosiddette principal market tuna species, rappresentano il 66% delle catture di tonni e specie affini e sono molto importanti sul mercato internazionale del pesce, dove sono scambiati a un alto valore economico su due mercati principali.
Il primo è quello del tonno in scatola, per il quale sono utilizzati il tonnetto striato, il tonno pinna gialla e il tonno albacore (Thunnus alalunga). Pescati principalmente da paesi dell’America Latina, del Sudest asiatico e dell’Africa, la maggior parte delle catture è inscatolata in Tailandia, il più grande centro di lavorazione e produttore di tonno in scatola al mondo, seguito da Ecuador, Spagna, Cina e Filippine. Il tonno in scatola è venduto principalmente in Europa e Stati Uniti, dove è commercializzato per la massima parte da catene di supermercato che lo presentano come un prodotto ittico economico e alla portata di tutti.
L’altro grande mercato del tonno è quello del sushi e del sashimi, per i quali sono preferiti i tonni con carni rosse, come il tonno rosso atlantico (Thunnus thynnus), il tonno australe (Thunnus maccoyii), il tonno rosso del Pacifico (Thunnus orientalis) e il tonno obeso (Thunnus obesus). Il Giappone è il più grande mercato mondiale per il sushi e il sashimi, dove i tonni sono importati freschi o congelati, interi o in tranci. Il sushi e il sashimi sono proposti sul mercato come un prodotto adatto a consumatori moderni e attenti alla salute e questo mercato è in espansione in Europa e negli Stati Uniti.
Anche se i tonni rossi contribuiscono relativamente poco agli sbarcati totali delle principal market tuna species, sono una delle specie di pesci più costose. Sul mercato giapponese un singolo individuo può costare fino a 100 mila dollari, e un singolo individuo di tonno rosso del Pacifico di 269 kg è stato venduto nel 2012 per 736 mila dollari al mercato del pesce di Tokyo.
Flotte sovradimensionate e stock sovrasfruttati
Il rapporto della FAO The State of world fishery and aquaculture 2018 mostra che il 43% degli stock delle principal market tuna species è soggetto a prelievi eccessivi che ne mettono in pericolo la sostenibilità. Il Mediterraneo e Mare Nero, il Pacifico Sud Orientale e l’Atlantico Nord Occidentale, sono le tre regioni statistiche FAO con la percentuale più alta di stock pescati a livelli non sostenibili.
Secondo la Lista Rossa dell’IUCN le popolazioni di tonno rosso del Pacifico sono “vulnerabili”, quelle di tonno rosso atlantico “in pericolo”, quelle di tonno australe “in pericolo critico”. Secondo le categorie IUCN questo significa che nell’arco di 10 anni le loro popolazioni si sono ridotte, rispettivamente del 50, 70 e 90%. Il tonno albacore è classificato come “in declino”, il pinna gialla “quasi minacciato”.
Nonostante queste pressioni, gli esperti della FAO notano che la domanda del mercato per i tonni è ancora alta e le flottiglie continuano a essere significativamente sovradimensionate. Per permettere agli stock in stato di sovrasfruttamento di ricostituirsi, dice la FAO, è necessario mettere in atto una gestione efficace, inclusi regolamenti che limitino i prelievi.
Quote di cattura e lotta alla pesca illegale
I tonni e le specie affini sono specie altamente migratorie che si spostano su vaste aree geografiche in zone di competenza di paesi diversi. Tutte le specie sono studiate e gestite da cinque Organizzazioni regionali per la gestione della pesca (ORGP), che riuniscono paesi con interessi comuni sugli stessi stock ittici negli Oceani Atlantico, Indiano e Pacifico. Nel Mediterraneo, la pesca del tonno rosso atlantico è gestita dalla Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico (ICCAT) e dalla Commissione generale della pesca del Mediterraneo.
Secondo gli scienziati il tonno rosso atlantico è una specie emblematica delle difficoltà nella gestione della pesca per tutte le specie che si trovano al di fuori delle giurisdizioni naturali: severo sovrasfruttamento degli stock, accesso in acque internazionali difficili da sorvegliare, espansione geografica degli areali di pesca, misure di gestione insufficienti a livello nazionale e internazionale. Pescato a livelli sostenibili sin dall’antichità in un centinaio di siti del Mediterraneo dai fenici e dai romani, negli anni ‘80 questa specie, assieme al tonno rosso australe, era sull’orlo del collasso a causa della crescente domanda da parte del mercato del sushi e sashimi in Giappone.
Delle quote massime di cattura, anche se molto superiori a quelle indicate dalla comunità scientifica, sono state introdotte nel 1998 dall’ICCAT. Tuttavia le quote non sono state rispettate e gli osservatori stimano che le catture non dichiarate eccedessero di più di tre volte le quote ufficiali. Con l’obiettivo di cercare di limitare le catture illegali, non riportate e non regolate (INN), nel 2007 l’ICCAT ha introdotto un sistema cartaceo di documentazione delle catture. Un’inchiesta condotta nel 2012 da parte dall’International Consortium of Investigative Journalists ha mostrato come questa misura sia stata del tutto inefficace, e i dati raccolti sui registri inutilizzabili perché falsificati o del tutto assenti. L’inchiesta ha rivelato collusioni tra pescatori e ufficiali preposti ai controlli, sforamento delle quote, prelievo di animali sotto taglia, riciclaggio di tonno pescato in acque europee nei paesi africani oppure negli “allevamenti” di tonno rosso atlantico nel Mediterraneo dove gli animali, catturati selvaggi quando di piccole dimensioni, sono fatti ingrassare prima di essere spediti in Giappone.
Promozione della pesca artigianale per lo sviluppo sostenibile
Nel dicembre 2016 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha votato l’istituzione del 2 maggio come giorno internazionale del tonno. Con questa decisione l’ONU afferma l’importanza della conservazione e corretta gestione di queste specie per assicurare risorse alimentari, sviluppo economico, e ricchezza culturale in molti paesi del mondo. La ricostituzione degli stock ittici, secondo la FAO, è uno dei settori chiave per la realizzazione dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile e in particolare dell’obiettivo 14 Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile.
Questo obiettivo può raggiunto soprattutto con la valorizzazione della pesca insulare e della pesca artigianale, basata sul principio della gestione della pesca basata sui diritti per uno sviluppo inclusivo ed equo. Nel mondo 120 milioni di persone lavorano nel settore della pesca e di questi oltre il 90% si trova in paesi in via di sviluppo. Il 47% sono donne.
Come scegliere quale tonno mangiare?
La pesca ai tonni e specie affini è oggi praticata sia con tecniche tradizionali sia con tecniche industriali. Queste hanno impatti diversi sia sulla sostenibilità degli stock dei tonni che su altre specie che rappresentano delle catture accessorie involontarie. Le catture accessorie risultano nel rigetto a mare di specie vulnerabili come squali, giovani di tonni o tonni di dimensioni troppo piccole, altri animali come tartarughe marine e uccelli marini.
La pesca del tonno alla canna è un metodo tradizionale e molto selettivo, nel quale le catture accessorie di altri animali sono minime; per questo è considerato la tecnica più sostenibile. La pesca con reti a circuizione (purse seine) è fatta con una grande rete che circonda il banco di tonni prima di essere chiusa nella parte inferiore e impedire che gli animali possano scappare. Questa tecnica non è molto selettiva e può produrre catture accessorie importanti. Ancora di più se è condotta con l’ausilio di FAD (Fish Aggregating Device), oggetti galleggianti utilizzati per concentrare i tonni e altri animali. La pesca al palamito è fatta con cavi di nylon che possono arrivare fino a 100 km ai quali sono attaccate fino a 3000 lenze più corte che terminano con ami. Le catture accessorie possono arrivare fino al 20% delle catture totali, con ripercussioni importanti dal punto di vista ecologico, sociale ed economico. I cosiddetti “allevamenti” di tonno rosso non riducono la pressione sugli stock selvaggi perché gli animali sono catturati prima di essersi riprodotti.
Slow Fish sconsiglia il consumo di tonno rosso atlantico, mentre Greenpeace ha condotto l’inchiesta Tonno in trappola per valutare la sostenibilità del tonno in scatola delle principali marche sul mercato italiano. La valutazione è basata sulla specie pescata, le tecniche di pesca, le condizioni di lavoro lungo tutta la filiera, la trasparenza delle informazioni fornite ai consumatori tramite le etichetta d’identificazione apposte sulle scatolette. La migliore scelta, dal punto della sostenibilità degli stock e degli impatti sull’ecosistema, è rappresentata dal tonnetto striato pescato alla canna.
Greenpeace ha anche elaborato una road map per una pesca responsabile. Uno degli elementi importanti è quello della trasparenza e tracciabilità, per creare un contatto diretto tra pescatori e consumatori al fine di promuovere una pesca su piccola scala a basso impatto ambientale.
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