archiveAMBIENTE

Quando l’inquinamento arriva nelle grotte

NOTIZIE - 121 grotte inquinate, 247 ostruite, 19 sparite: ad oggi questi sono i numeri che testimoniano l’inquinamento delle grotte dell’altipiano carsico. Il risultato di anni d’incuria e illegalità, durante i quali nelle grotte sono stati riversati liquami industriali, idrocarburi, acque fognarie di case private, e chiunque vi ha gettato oggetti di tutti i tipi, dai motorini ai residuati bellici ai pezzi di Eternit, come se le grotte fossero comodi immondezzai ad uso comune. Nel 2010 la situazione è diventata di dominio pubblico, quando a gennaio è stato pubblicato su National Geographic l’articolo di Fabio Dalmasso, sceso nelle grotte assieme agli speleologi triestini Claudio De Filippo e Roberto Trevi, e al fotografo Fabio Liverani.

Refusi e diplomazia

IL CORRIERE DELLA SERRA - Nel gennaio 2010, un blog rivelava la clamorosa esagerazione degli scienziati già travolti scandalo dallo scandalo "Climategate". La realtà era diversa da come veniva riferita e ancora più bizzarra. Nel volume 2 del rapporto, intitolato Impatti, adattamenti e vulnerabilità, si legge: Glaciers in the Himalaya are receding faster than in any other part of the world (see Table 10.9) and, if the present rate continues, the likelihood of them disappearing by the year 2035 and perhaps sooner is very high if the Earth keeps warming at the current rate. Its total area will likely shrink from the present 500,000 to 100,000 km2 by the year 2035 (WWF, 2005)

Bravi padri.. con le pinne!

AMBIENTE - Esiste un mondo in cui sono le femmine a scegliere i partner e i maschi ad accudire la prole, o tutt’al più i maschi e le femmine. Le femmine soltanto, mai. È il mondo dei pesci, anzi, a dirla tutta, neanche di tutti i pesci, ma solo di alcuni di quelli che vivono nelle aree costiere, legati al fondale, che molto probabilmente avrete sfiorato più di una volta durante i bagni in mare, ma di cui si sa tipicamente molto poco.

Arrampicare in montagna stando attenti alla biodiversità

AMBIENTE - È tarda mattina, il sole riscalda in pieno la falesia nel massiccio del Giura in Baviera, ma ormai i rocciatori sono in cima. Appagati dall'arrampicata, si preoccupano di raccogliere le corde e di prepararsi per la discesa. Ma si saranno anche preoccupati della flora che hanno incontrato lungo la parete? E comunque, perchè avrebbero dovuto? In fondo si sono solamente dedicati all'arrampicata, un'attività che tutti noi definiremmo molto faticosa, ma certamente “amica” dell'ambiente. In verità, sembra non essere proprio così, almeno leggendo l'articolo pubblicato sul Journal of Applied Ecology dai biologi Frank Vogler e Christoph Reisch dell'Istituto di Botanica dell'Università di Regensburg in Germania. Da una parte abbiamo i monti del Giura, con pareti disseminate di vie da scalare e cime raggiungibili solo arrampicandosi sulla nuda roccia; dall'altra, una piccola pianta sempreverde, Draba aizoides, originaria dell'Europa e del Caucaso, il cui ultimo habitat europeo è appunto rappresentato dalla catena montuosa del Giura.

Le tristi tinte del nucleare

LA VOCE DEL MASTER - È nella Foresta Rossa che il team del Professor Tim Mousseau, direttore della Chernobyl Reasearch Initiative dell’Università del sud Carolina (Columbia), dal 1998 studia gli effetti a medio e lungo termine dell’inquinamento radioattivo sull’ecosistema e sulla salute. I risultati del censimento effettuato dal gruppo di ricerca sull’avifauna della Foresta Rossa nel 2006, avevano messo in evidenza una stretta correlazione fra il livello della radiazione e la diminuzione della taglia di popolazioni di uccelli che presentassero piumaggio di colorazioni sgargianti giallo rosse (pigmenti carotenoidei), correlazione che non era invece emersa per le specie dal piumaggio “bigio” (pigmenti melaninici). L’evidenza cromatica ha portato il team ad approfondire la ricerca andando a studiare le cause biochimiche della differente resistenza all’inquinamento ionizzante.

Avanti con lo shale gas

AMBIENTE - L'Eni in due settimane ha fatto partire due nuovi progetti per sfruttare il gas shale. Il primo in Polonia a metà aprile, di cui abbiamo parlato in un precedente articolo, evidenziando soprattutto l’impatto ambientale delle tecniche di estrazione, e il secondo in Algeria firmando, in data 28 aprile, un accordo di cooperazione con la Sonatrach (compagnia petrolifera di stato Algerina). Un fattore determinante per le nuove attività estrattive è stata, ed è tuttora, la guerra in Libia come sembrano confermare le parole dell’Amministratore Delegato di Eni Paolo Scaroni «Nonostante le incertezze sui tempi di ripresa delle nostre attività in Libia, le prospettive di redditività e di crescita di Eni rimangono positive – e ha aggiunto - Eni è in grado di far fronte alla minore disponibilità di gas libico tramite altre fonti di approvvigionamento». Ma l’estrazione di gas shale nel Nord Africa è legata anche ad un altro progetto che risale otto anni fa, un nuovo gasdotto che collegherà l’Algeria all’Italia. Avrà una capacità di 8 miliardi di metri cubi all’anno ed entrerà in funzione nel 2014. Galsi, il Gasdotto Algeria Sardegna Italia, è sostenuto da una compagine di aziende internazionali e nazionali che operano nel mercato energetico - Sonatrach al 41,6%, Edison (20,8%), Enel (15,6%) Hera (11,6%) e Sfirs (10,4%), la finanziaria di investimento della Regione Sardegna. Inoltre il nuovo gasdotto è considerato uno dei progetti prioritari per lo sviluppo della Rete Transeuropea dell’Energia e rientra nell’European Recovery Plan. L'Unione Europea ha stanziato fino a 120 milioni di euro per la sua realizzazione.

Braccia restituite all’agricoltura

AMBIENTE - “Ero frustrato che la mia educazione non mi avesse aiutato a risolvere i problemi impellenti del mondo, ecco perché ho iniziato a lavorare nel settore agricolo”. Così Marcin Jakubowski racconta a Oggiscienza il perché della sua scelta, una scelta che apparentemente non fa una grinza, anche se a prima vista sembra quasi un'involuzione da nerd a bifolco (o evoluzione, dipende dai punti di vista). In realtà rappresenta una piccola rivoluzione. Sì, perché Jakubowski, nato in Polonia (ora vive in Germania), dopo aver ottenuto il dottorato in Fisica alla Princeton University, qualche anno fa decise di darsi all'agricoltura in Missouri, Stati Uniti. Si rese presto conto però che le macchine che usava erano molto costose e si rompevano spesso. E cosa potrebbe mai fare uno smanettone pentito? Ovvio: creare il "Global Village Construction Set", una piattaforma open che riunisce una cinquantina di software open-source per la progettazione di macchinari industriali. Non solo. Il progetto mette a disposizione online, attraverso un sito wiki, istruzioni, video-tutorial, previsioni di budget, e design in 3D.

La canna da zucchero che rinfresca l’aria

LA VOCE DEL MASTER- Il Brasile non è solo la terra del carnevale, della samba e del caffè. Grazie a strategie avviate in seguito alla crisi petrolifera del 1973, è diventato anche il paese del biocarburante e oggi è leader mondiale indiscusso nella produzione di biocombustibili da canna da zucchero. Un modo pulito di produrre energia che, oltre a limitare lo sfruttamento di fonti non rinnovabili, come gas e petrolio, riduce di molto le emissioni di anidride carbonica. E i benefici per l’ambiente non si esauriscono qui. Stando a una ricerca pubblicata sull’ultimo numero della rivista "Nature Climate Change", la riconversione in canna da zucchero di altre coltivazioni, soprattutto soia, è in grado di raffreddare il clima locale

Reazione a catena

AMBIENTE - A meno che non siate tra coloro che si sono costruiti carriera e popolarità sul negazionismo a proposito dei cambiamenti climatici, è probabile che molte delle conseguenze (sia ipotizzate che verificate) di questi ultimi vi siano abbastanza note, almeno nei loro principi generali, ma tra queste ce n'è una che, malgrado mal si presti a effettistiche drammatizzazioni hollywoodiane e venga tratta più di rado dai media, non è meno significativa delle altre (alle quali, peraltro, è ovviamente legata), nonché una delle più direttamente osservabili: gli areali, che in ecologia definiscono lo spazio occupa una specie, stanno cambiando. Si contraggono, si ampliano, si spostano, e ogni variazione si ripercuote su interi ecosistemi. E allora? Potrebbero dire i cinici. Allora ci sono milioni di granchi reali (famiglia Lithodidae) che stanno risalendo la scarpata continentale dell'Antartide, minacciando di spazzare via diverse specie di molluschi che racchiudono quegli inestimabili tesori biochimici che sono i composti antitumorali: più interessati adesso?
1 22 23 24 25 26 39
Page 24 of 39