CRONACA - Quel palombo al cartoccio, così buono una volta e tanto mediocre un'altra. O gli spaghetti alle vongolo veraci, facili facili, ma non sempre eccellenti. E pure il risotto alla milanese, oggi gustoso e aromatico mentre una settimana fa era quasi insapore. Che succede? Cucinate a singhiozzo, a volte da chef stellato, altre che neanche alla mensa aziendale? Niente paura, non è detto che sia colpa vostra: può darsi che siano le materie prime a difettare di qualità. Che il palombo comprato non sia sempre palombo, ma magari un pesce meno pregiato. Che di verace le vongole abbiano ben poco e che la bustina di zafferano talvolta contenga anche altro, per esempio della curcuma. Inquietante, vero? Sapere che nel piatto potrebbe non esserci quello che pensavamo di averci messo.
Per fortuna, oggi si sta diffondendo sempre più uno strumento molecolare che permette di fare rapide verifiche sui prodotti alimentari (e non solo), riducendo il rischio di frodi. È il DNA barcoding
CRONACA - Il piccolo C.elegans è di nuovo sotto ai riflettori, questa volta per un nuovo studio sulla longevità. Grazie al vermiciattolo per la prima volta è stato possibile vedere che la longevità si trasmette ai discendenti anche secondo meccanismi non genetici.
SALUTE - "Crediamo che il nostro studio sia il primo a proporre uno specifico meccanismo attraverso cui una delle caratteristiche dello stress, l'elevato livello di adrenalina, potrebbe a lungo andare causare un danno rilevabile al Dna", spiega l'autore senior dell'articolo, Robert J. Lefkowitz, docente di medicina e biochimica all'università americana. L'articolo è stato pubblicato sull'ultimo numero di Nature online a fine agosto, e un suo riassunto è disponibile qui.
Nello studio, i medici hanno iniettato in un gruppo topi un composto simile all'adrenalina, che funziona attraverso il ricettore beta-adrenergico, che Lefkowitz studia da diversi anni, in modo da riprodurre le condizioni di stress cronico. Il gruppo ha scoperto che l'iniezione di questo composto fa scattare una risposta biologica che, in ultima istanza, risulta nell'accumulo di danni al Dna
OggiScienza TV - News da MarcoPolo2011
Abbiamo raggiunto via skype i ricercatori di MarcoPolo2011 che si trovano in Armenia dove stanno incontrando le comunità di Terra Madre per effettuare test del DNA e altri campionamenti con lo scopo di studiare la relazione tra genetica e preferenze alimentari. Ne parliamo con Paolo Gasparini, responsabile scientifico del progetto MarcoPolo.
NOTIZIE - Le analisi sulla mummia dell'uomo di Similaun si moltilìplicano e ricorstruiscono nel dettaglio le sue ultime ore di vita, le abitudini e l'aspetto fisico (e molto sta ancora per essere svelato). L'altro ieri a San Diego in California si è tenuto il settimo Congreeso Mondiale sulle Mummie e naturalmente Ötzi l'ha fatta da padrone.
Per chi già non lo sapesse (ma potete leggere degli approfondimenti qui, qui e qui) Ötzi è la mummia di un uomo vissuto circa 5200 anni fa, ritrovata nelle alpi nei pressi di Bolzano nel 1991 (conservata al Mueso Archeologico dell'Alto Adige). Studiatissima, in tutti questi anni ha fornito importanti indicazioni sulla vita degli uomini nel neolitico. Oggi con le moderne tecniche di imaging e di analisi genetica sta rivelando dettagli sempre più sofisticati. Già si sapeva che Ötzi è morto poco dopo aver consumato il suo ultimo pasto (assassinato con una freccia alle spalle) ma ora la scena si delinea con una precisione mai raggiunta in precedenza. Dopo aver riesaminato una TAC eseguita sulla mummia, il microbiolo Frank Maixner, dell'Istituo per le Mummie e l'Iceman di Bolzano, e colleghi hanno individuato per la prima volta lo stomaco di Ötzi, che era finora sfuggito, in quanto l'oragano si era spostato in una posizione diversa da quella normale. Una volta trovato lo stomaco è stato facile prelevare dei campioni del suo contentuo e analizzarli (era infatti pieno...). A queanto pare, l'ultimo pranzo di Otzi è stata carne di stambecco, un animale tipico nella zona alpina, anche all'epoca del nostro Iceman.
Il nuovo approccio terapeutico proposto nell'ultimo numero della rivista Nature Medicine sfrutta il sistema immunitario del paziente per eliminare le cellule tumorali, senza ricorrere alla chemioterapia e alla radioterapia. Una lotta senza effetti collaterali, che se effettivamente arrivasse in clinica potrebbe rivoluzionare la terapia oncologica.
Istruire il nostro sistema immunitario ad aggredire le cellule tumorali non è certo un gioco da ragazzi. Prima di tutto è necessario conoscere quello che si chiama antigene che ci permetta di distinguere le cellule tumorali da quelle sane, come una bandierina issata sulla membrana cellulare... verde è buono, rosso è cattivo. La storia però non è così semplice. Gli epitopi sono tanti e nel corso della sua evoluzione, il tumore evolve e si modifica e quindi quella che oggi può essere una buona strategia, domani potrebbe non esserlo più. È una lotta ad armi impari, ma Alan Melcher e Richard Vile sembrano oggi aver ottenuto risultati più che incoraggianti nell'immunoterapia contro il tumore.
NOTIZIE - L'immobilizzazione del DNA su supporti solidi, attraverso un processo di auto-assemblaggio e manipolazioni enzimatiche, è un'applicazione importante per lo sviluppo di dispositivi miniaturizzati innovativi per la diagnostica.
Sulla rivista Nature Communications un team interdisciplinare di ricercatori ha recentemente pubblicato i risultati di uno studio che illustra i meccanismi con cui gli enzimi di restrizione interagiscono con il DNA in nanostrutture molecolari. La scoperta può aprire nuovi scenari per la medicina molecolare di frontiera e favorire lo sviluppo di nanotecnologie a basso costo, usando strutture composte da molecole di DNA, utili per esempio per l’analisi di tessuti biologici.
NOTIZIE - Hmmmm, di nuovo Science express che esce con una ricerca “potenzialmente” rivoluzionaria (ricordate i batteri all’arsenico?). Difficile dire se si tratti di un altro colossale granchio o di una pietra miliare nella biologia molecolare e per il momento la comunità scientifica rimane più io meno cauta (lo studio è stato pubblicato ieri, perciò è possibile che già da oggi si scatenino delle reazioni, stiamo a vedere). Sia come sia, Mingyao Li, Isabel Wang e colleghi della Scuola di Medicina dell’Università della Pennsylvania ritengono di aver trovato le prove che scardinano il “dogma centrale” della biologia molecolare. Il dogma dice che nel DNA sono contenute le istruzioni per costruire le proteine dell’organismo, queste istruzioni vengono tradotte dall’RNA e dai pezzetti di RNA si assemblano infine le proteine. Il luogo comune vorrebbe che la traduzione da DNA a RNA sia perfetta, senza errori, ma Li e Wang hanno osservato invece molti "refusi" nell’RNA (li hanno chiamati RDD, RNA-DNA differences). La cosa ulteriormente interessante che emerge nello studio è che gli errori osservati nell’RNA vengono mantenuti nelle proteine (cioè non vengono affatto corrette da qualche meccanismo per assomigliare di più al codice originario del DNA).