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Il genoma in ospedale

CRONACA - Sono passati 10 anni da quel 14 aprile 2003 in cui veniva annunciato il completamento del Progetto genoma umano e come per ogni anniversario a cifra tonda il momento è buono per qualche bilancio. Dieci anni fa, la disponibilità della sequenza del nostro genoma prometteva di rivoluzionare non solo la ricerca biomedica, ma anche le applicazioni cliniche, aprendo la strada a una vera e propria medicina personalizzata. È successo davvero? A che punto siamo? «Decisamente a un buon punto» anticipa il presidente della Società italiana di genetica umana Giovanni Neri. "La genomica ha potenziato la nostra capacità diagnostica e terapeutica". La strada sembra dunque in discesa. Anche se non manca qualche ostacolo .

Imparare? Danneggia il DNA

SALUTE - L’attività dei neuroni legata all’apprendimento sembra essere responsabile di un danno al DNA, secondo uno studio pubblicato online su Nature Neuroscience. Un gruppo di ricerca del Gladstone Institute of Neurological Disease, in California, ha esaminato l’occorrenza di un particolare tipo di lesioni del DNA nel cervello di topi in condizioni normali e patologiche. Questo tipo di danno, la rottura a doppio filamento, è considerato uno dei fattori coinvolti nell’invecchiamento cognitivo e in alcuni disturbi neurodegenerativi, come l’Alzhei

«Vi restituirò il Dodo»

CRONACA - Lo scorso venerdì a Washington D.C. si è tenuto il meeting TEDx DeExtinction. Organizzato sul modello delle celebri TED conferences con la collaborazione del National Geographic questo evento era dedicato alla possibilità di riportare in vita organismi estinti. Impossibile non pensare subito a Jurassic Park, la cui versione cinematografica tornerà di nuovo nelle sale in versione 3D: come riconosce anche Carl Zimmer, al quale è affidata l'introduzione, il tema della de-estinzione (questo il neologismo coniato per l'occasione) è stato reso per la prima volta familiare al pubblico grazie all'opera di Michael Crichton. Ma le cose ora sono un po' più complicate: in particolare ora abbiamo davvero tecnologie in grado di resuscitare delle specie, ed è probabile che nel prossimo decennio e in quelli a venire potremo realmente toccarne con mano alcune. Il dibattito sul tema non solleva solo problemi prettamente scientifici, ma va a toccare anche le corde dell'etica e della filosofia: sappiamo farlo, ma dovremmo farlo?

Una rete globale contro le malattie rare

SALUTE - Le fiction televisive ci hanno abituato a pensare che basti una diagnosi differenziale alla dottor House per diagnosticare malattie poco conosciute, ma nella realtà non basta urlare "Non è Lupus!" (i fan di Dr House ricorderanno senz’altro questa frase). Quando una malattia è rara fare una diagnosi corretta può essere difficile, ma quando una malattia è praticamente sconosciuta diventa quasi impossibile se non si hanno gli strumenti adeguati. I medici sono abituati a collegare i sintomi con le diagnosi delle malattie più frequenti, quelle che colpiscono molte persone, mentre quelle più rare non sempre vengono identificate rapidamente. Fortunatamente i nuovi metodi di sequenziamento ci vengono in aiuto come nel caso del sequenziamento del genoma di cui si parla sul numero di Nature di questa settimana.

Il DNA si fa in quattro

CRONACA - Era da un po' che gli scienziati la cercavano (la struttura era già stata osservata nei ciliati, piccoli organismi monocellulari - il paramecio, ve lo ricordate?) ma mai nell'organismo umano. Lo studio pubblicato su Nature e pubblicato il 20 gennaio sulla rivista Nature Chemistry dimostra che nelle cellule umane si può trovare DNA disposto su ben quattro eliche (anziché la ben più comune doppia elica). Quando Watson e Crick nel 1953 pubblicarono su Nature i risultati dei loro ricoluzionari studi presentarono per la prima volta quello che diventerà un archetipo della nostra conoscenza: la doppia elica del DNA, così elegante, così semplice, così potente. Una sorta di scala a pioli in cui i due filamenti lunghi erano formati da una "collanina" di elementi che lanciavano un ponte sull'altro filamento legandosi con un altro elemento (ciascuna "base" solamente con quella lei complementare). Queste quattro basi (guanina, citosina, adenina, tiamina) formavano il "linguaggio macchina" con cui era scritto il "progetto" di tutti gli organismi viventi sul nostro pianeta. Watson e Crick avevano scoperto la lingua madre della biologia.

Niente Jurassic Park

CRONACA - Una conferma al forte sospetto che il DNA non possa conservarsi così a lungo da poter addirittura maneggiare quello dei dinosauri (magari allo scopo di riportarli in vita, così come vorrebbe Jack Horner) arriva da uno studio sui Proceeding of the Royal Society B, fresco fresco di pubblicazione. Lo studio dimostra che l'emivita del DNA sarebbe di 521 anni (per un frammento di 242 coppie di basi). Questo significa che in questo periodo si dimezza il numero di legami fra nucleotidi originali (significa che nei primi 521 anni si resta con la metà, nei secondi 521 anni con la metà della metà rimanente e via dicendo, fino a che dopo circa 6,8 milioni di anni non rimane nessun legame, ma il DNA risulterebbe illeggibile ben prima, probabilmente già dopo un milione e mezzo di anni). Tutto questo se il reperto fosse conservato in condizioni ideali (a -5°C) e per il DNA mitocondriale esaminato da Morten Allentoft at the University of Copenhagen and Michael Bunce at Murdoch University in Perth. Probabilmente per il DNA nucleare il tempo di decadimento sarebbe ancora più rapido

Il Dna diventa “social”

PODCAST - Non solo foto, canzoni e video delle vacanze. Su Facebook e altri siti online c’è già chi condivide con gli amici virtuali anche il proprio Dna. Benvenuti nell’era del social networking genetico, una nuova tendenza che si sta facendo strada in Rete e promette di sconvolgere le relazioni tra persone, connettendo individui affini tra loro non più in virtù di gusti e interessi simili, bensì delle sequenze A-T e C-G in cui è scritto il codice della vita. “A pensarci bene, il Dna è un contenuto social per eccellenza: ce l’abbiamo tutti e troveremo sempre qualcosa da dire in proposito, circa le nostre origini genealogiche, la predisposizione a certe patologie o le attitudini caratteriali, vere o presunte, riportate dai test genetici predittivi”, osserva Sergio Pistoi, biologo e giornalista scientifico, autore del libro “Il Dna incontra Facebook”

Macché spazzatura

CRONACA - La rassicurante e lineare rappresentazione del DNA composto da geni che codificano pezzetto per pezzetto tutto ciò di cui siamo costituiti (proteine insomma), alla quale siamo abituati fin dai libri di biologia delle medie è forse destinata a essere rivoluzionata in breve tempo. E diciamocelo c'era da aspettarselo. Se non altro perché almeno dalla pubblicazione dei risultati del progetto Genoma Umano nel 2000 sapppiamo per certo che circa il 98% del nostro DNA apparentemente non ha alcuna funzione (non codifica proteine) e dunque è stato forse frettolosamente chiamato "spazzatura". Dato però che la Natura è una massaia che non butta via nulla e non spende energie a vuoto, c'era da aspettarsi che questa gran massa di materiale immaginato inerte non potesse essere poi così inutile. Sia chiaro, non è che nessuno si fosse insospettito e in questi anni c'è stato un gran lavoro di ricerca sull'argomento che già aveva iniziato a sgretolare questa concezione. Così ha fatto anche il progetto ENCODE (Encyclopedia of DNA elements) e lo ha fatto in maniera estensiva e sistematica, senza precedenti. Infatti ieri il progetto ha partorito ben 30 articoli scientifici ripartuiti fra le riviste Nature, Science, Genome Biology e Genome Research. Durato cinque anni ha coinvolto 442 ricercatori di 32 istituti sparsi in tutto il mondo (per dare un idea dello sforzo basti sapere che sono stati usati 300 anni di tempo-computer totali per l'analisi dei dati), analizzando 147 tipi di cellule provenienti da diversi tessuti. Risultato: il DNA spzzatura serve a regolare l'azione dei circa 20.000 geni riconosciuti come codificanti del nostro DNA

Feed #9

Qualche consiglio di lettura per il weekend. The Making of the Fittest: l'evoluzione al lavoro in tre brevi documentari presentati da Sean B. Carrol, autore dell'omonimo libro (titolo originale: Al di là di ogni ragionevole dubbio, Codice, 2008). La mini serie illustra, tra i tanti, tre casi emblematici di selezione naturale: il colore del mantello del roditore Chaetodipus intermedius, il sangue di emoglobina del pesce ghiaccio, l'anemia falciforme.

Tracce batteriche

SALUTE - Seguire le tracce di un pluri-omicida, colpevole della morte di sei persone, grazie al DNA. Niente di nuovo in un'aula di tribunale, dove la prova del DNA è ormai largamente utilizzata, ma questa volta si parla di batteri e di ospedali.
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