Alcuni dati: nel 1883 l’eruzione del vulcano Krakatoa, in Indonesia, sparse per il cielo 21 km cubici di materiale accompagnati dal boato più forte mai avvertito, che arrivò fino in Australia. Un’esplosione pari a quella di quattro bombe nucleari, seguita da terremoti e tsunami. Una catastrofe che costò la vita a 36000 persone.
Fino ad alcune decine di migliaia di anni or sono, il continente australiano era abitato da specie molto diverse da quelle attuali: in particolare, tra Australia, Nuova Zelanda e Tasmania erano presenti organismi di dimensioni enormi, se comparate con quelle attuali, la cosiddetta megafauna.
CRONACA - Lo scorso venerdì a Washington D.C. si è tenuto il meeting TEDx DeExtinction. Organizzato sul modello delle celebri TED conferences con la collaborazione del National Geographic questo evento era dedicato alla possibilità di riportare in vita organismi estinti. Impossibile non pensare subito a Jurassic Park, la cui versione cinematografica tornerà di nuovo nelle sale in versione 3D: come riconosce anche Carl Zimmer, al quale è affidata l'introduzione, il tema della de-estinzione (questo il neologismo coniato per l'occasione) è stato reso per la prima volta familiare al pubblico grazie all'opera di Michael Crichton. Ma le cose ora sono un po' più complicate: in particolare ora abbiamo davvero tecnologie in grado di resuscitare delle specie, ed è probabile che nel prossimo decennio e in quelli a venire potremo realmente toccarne con mano alcune. Il dibattito sul tema non solleva solo problemi prettamente scientifici, ma va a toccare anche le corde dell'etica e della filosofia: sappiamo farlo, ma dovremmo farlo?
Il 19% delle specie di rettili mondiali sono a rischio di estinzione: questo è il risultato di un incredibile sforzo di monitoraggio, guidato dalla Zoological Society of London e dell'IUCN che ha coinvolto centinaia di ricercatori in tutto il mondo.
PODCAST - Dove si incontra un viaggiatore del tempo? Naturalmente in un acelleratore di particelle. Certo non lo troverete a saltare fisicamente da un'era a un'altra. Piuttosto troverete i "cronosceinziati intenti" a ricostruire minuziosamente il passato del nostro pianeta, con una precisione che solo qualche decina di anni fa sarebbe stata impensabile. L’ultima impresa è quella di un gruppo di ricercatori dell’Università di Glasgow, coadiuvati da quelli di Berkley, che hanno “avvicinato" la data del famigerato impatto del super-asteoride che circa 66 milioni di anni fa colpì la terra (nei pressi della penisola dello Yucatan) e la data dell’estinzione dei dinosauri (lo leggete su Science). Di questa scoperta e di geocronologia parliamo oggi con Claudio Tuniz, cronscienziato ed esperto di applicazione della fisica nucleare allo studio dei fossili, al momento all'Università di Wollongong, in Australia, che ci svela anche che ci eravamo sbagliati sull'estinzione dei Neanderthal in Europa.
LA VOCE DEL MASTER - La caccia commerciale alla balena grigia, che tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900 ha sterminato decine di migliaia di esemplari, è stata probabilmente la causa principale della recente diminuzione della popolazione di questa specie. Lo suggerisce un nuovo studio, condotto da un gruppo di ricercatori guidato da Elizabeth Alter della Stanford University e pubblicato su PLoS ONE.
Anche se l’affermazione può sembrare ovvia, in realtà altre ricerche avevano ipotizzato che la diminuzione numerica fosse collegata a fenomeni precedenti alla caccia massiva della seconda metà del 1800. Erano stati considerati, infatti, fattori come l’influenza dei cambiamenti climatici (il “periodo caldo medioevale”, la “Piccola era glaciale”), la presenza di predatori (Orcinus orca) e il fatto che le popolazioni indigene avessero cacciato questa specie per 5000 anni
OggiScienza TV - The state of the ocean
Siamo sull'orlo di un'estinzione di massa, come quelle che nella preistoria hanno cancellato dalla faccia delle Terra molte delle specie allora viventi: è il monito di un panel di 27 scienziati chiamati a raccolta lo scorso aprile a Oxford dall'Internatonal Programme on the State of the Ocean (IPSO) e dall'International Union for the Conservation of Nature. Gli scienziati dopo aver analizzato la letteratura scientifica recente hanno concluso che il degrado del mare sta procedendo in maniera ben più veloce del previsto. Il report reso pubblico lo scorso 20 giugno è scaricabile alla pagina http://www.stateoftheocean.org/ipso-2011-workshop-summary.cfm