Cosa succederebbe se delle papere che nuotano spensierate in un fiume assumessero del Tamiflu? Potrebbe sembrare uno scenario irreale, ma come spiega un nuovo studio svedese potrebbe facilmente accadere.
Alcuni di noi custodiscono nel proprio DNA tracce di virus che avevano infettato i nostri dimenticati cugini eurasiatici: l'uomo di Neandertal e l'uomo di Denisova.
CRONACA - Arriva a essere grande fino a 1 micrometro e il suo genoma contiene più di 1100 geni: è il Pandoravirus, un nuovo tipo di virus gigante scoperto il luglio scorso che ha superato il Megavirus, sottraendogli il primato di virus più grande e complesso mai scoperto. Probabilmente le sue dimensioni non sembrano molto pericolose se si pensa che un micrometro equivale a un milionesimo di metro e che quindi il Pandoravirus è grande circa quanto un settimo di un capello medio; ma è importante considerare il contesto nel quale lo si misura: i virus finora conosciuti erano compresi fra 10 e 800 nanometri. Anche per quanto riguarda il suo patrimonio genetico il Pandoravirus non ha eguali: i suoi 1100 geni non sono paragonabili ai circa dieci del virus dell'influenza o dell'AIDS
Si chiama RNA interference (RNAi) pathway, ed è una via di attivazione antivirale differente da quella classica innata delle nostre cellule. Fino a poco tempo fa vi erano prove che la possedessero solo invertebrati e piante, ma di recente ne è stata confermata l’esistenza anche nelle cellule dei mammiferi, grazie a un lavoro pubblicato su Science. Generalmente, quando il nostro organismo è attaccato da un virus, si attiva la risposta immunitaria innata: le cellule infettate che riconoscono il virus rispondono liberando delle proteine specifiche, gli interferoni, che stimolano le altre cellule a resistere all’agente infestante. La prima cellula infettata però, quella che attiva la risposta mediata dagli interferoni, spesso muore.
La MERS, o sindrome respiratoria mediorientale da Coronavirus, è l’ultima malattia ad essere stata associata ai pipistrelli dopo la SARS, l’ebola, i virus Nipah ed Hendra e naturalmente il vampirismo.
Mentre quest’ultimo può essere tranquillamente annoverato fra le leggende, per quanto riguarda le altre patologie il contagio e la diffusione sono da attribuirsi principalmente ai pipistrelli.
SALUTE - Con la terapia genica si riparano le cellule cardiache difettose.
Disclaimer: lo studio di cui si parla qui è stato condotto in vitro e su modelli animali (porcellini d'India) ed è un primo, preliminare, passo che richiede ancora anni di sperimentazione prima di approdare all'essere umano. Questa è un'informazione che non si ripete mai abbastanza quando si parla di questo tipo di studi ed è bene esplicitarla fin dall'inizio. Ciononostante, la tecnica è così semplice, ingegnosa e il risultato così evidente, che ritengo valga la pena di parlarne.
La terapia genica continua a colpire al centro dei suoi bersagli (dopo un inizio faticoso) e si conferma uno degli orizzonti vicini e più promettenti dela ricerca medica d'avanguardia. Un esempio è questo recentissimo risultato ottenuto da un gruppo di scienziati dell'Istituto per il cuore Cedars-Sinai di Los angeles, pubblicato online una manciata di giorni fa sulla rivista Nature Biotechnology (sul cartaceo lo trovate dall'8 gennaio 2013). Avrete certamente sentito parlare di pacemaker: si tratta di un dispositivo elettronico che viene impiantato nel cuore di pazienti il cui ritmo cardiaco diventa difettoso, al fine di ristabilire il ritmo normale, scongiurando complicazioni fino alla morte. In realtà ogni cuore umano possiede un suo proprio pacemaker naturale: sui tratta di un gruppetto di cellule speciali (circa 10.000, dette SAN, da Sino Atrial Node) poste sopra l'atrio destro che mandano segnali ritmici e ordinati che regolano l'attività di contrazione e rilasciamento delle cellule muscolari dell'intero cuore. Con il passare del tempo (o per altri problemi) può succedere che queste cellule si deteriorino, da qui la necessità di intervenire con un aggeggio artificiale, che però porta con sè alcuni problemi: può dare rigetto, le batterie si possono esaurire, si può guastare, eccetera
LIBRI - Stavo camminando per la strada a Bruxelles e mi ero persa cercando di arrivare ad una riunione abbastanza importante. Mi si appiccica un ometto, abbastanza attempato, che si era perso pure lui e cominciamo a parlare. Quando arriviamo alla conferenza scopro che era un premio nobel!
La sera poi l'ho rivisto a cena e gli ho chiesto come mai non me l'avesse detto e lui: ma scusa, mica giro con la maglietta con scritto “sono un premio nobel”!
È uno degli episodi che ci ha raccontato Ilaria Capua nell'intervista sul libro “I virus non aspettano. Avventure, disavventure e riflessioni di una ricercatrice globetrotter” (Marsilio editore). Come dice il titolo, è un libro che unisce aneddoti divertenti e spiritosi a riflessioni sulla ricerca, sull'Italia, sulle donne e altro ancora.
Ilaria Capua, virologa e veterinaria, dirige il dipartimento di Scienza Biomediche comparate dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie e lavora nel campo dell'epidemiologia.
SALUTE - In un articolo pubblicato oggi su PNAS un team internazionale di ricercatori dà notizia di aver isolato un nuovo ceppo di influenza suina, chiamato H1N2. Molti di voi ricorderanno il predecessore, H1N1, che fu responsabile dell'allarme pandemia del 2009.
Il virus proviene da maiali coreani ed è riuscito ad uccidere dei furetti infettati (il furetto viene usato come modello sperimentale per valutare il pericolo infettivo sull'uomo), e a quanto pare si trasemette per via aerea.
Le sclerattinie o madrepore, le cui forme coloniali danno origine alle ben note barriere coralline, forniscono rifugio e nutrimento alle alghe unicellulari zooxanthelle, che a loro volta contribuiscono alla costruzione del reef e al reperimento di energia. Ma a chi dare la colpa se questa forma di simbiosi subisce stress e destabilizzazione fino all’erosione di circa l’80% della barriera corallina? È un fenomeno che si osserva da circa 30-40 anni, senza che ancora sia stato trovato un meccanismo che lo spieghi del tutto.
AMBIENTE - Le sclerattinie o madrepore, le cui forme coloniali danno origine alle ben note barriere coralline, forniscono rifugio e nutrimento alle alghe unicellulari zooxanthelle, che a loro volta contribuiscono alla costruzione del reef e al reperimento di energia. Ma a chi dare la colpa se questa forma di simbiosi subisce stress e destabilizzazione fino all’erosione di circa l’80% della barriera corallina? È un fenomeno che si osserva da circa 30-40 anni, senza che ancora sia stato trovato un meccanismo che lo spieghi del tutto.
Le ipotesi più accreditate parlano di virus, e su questa idea si stanno muovendo i ricercatori grazie al ritrovamento di materiale genetico appartenente a due virus (per esempio DNA codificante per le proteine del capside, la struttura proteica che contiene l’acido nucleico virale) all’interno di campioni di alga unicellulare e di corallo