RICERCA – “Se si potesse reincarnare un Neandertal e porlo nella metropolitana di New York, opportunamente lavato, sbarbato e modernamente vestito, si dubita che potrebbe attrarre attenzione“. Scriveva così William Straus, famoso anatomista e paleontologo statunitense della Johns Hopkins University vissuto nel secolo scorso, per mettere in evidenza le affinità, anziché le differenze, tra l’uomo moderno e i suoi cugini più prossimi. L’immagine usata da Straus è emblematica nel sottolineare l’erroneità della collaudata idea che gli uomini di Neanderthal fossero estremamente rozzi e con capacità cognitive molto limitate.
A conferma delle parole di Straus, negli ultimi anni sempre crescenti evidenze paleoarcheologiche stanno rivalutando la figura di Homo neanderthalensis, nostra specie sorella di origine europea estintasi solo alcune decine di migliaia di anni fa, ipotizzandone anche capacità di pensiero simbolico. L’ultimo indizio di questa serie viene dalla Grotta di Fumane, in provincia di Verona, già nota per essere stata frequentata abitualmente da popolazioni neanerthaliane. Si tratta di una conchiglia incisa e colorata, risalente a circa 47-45.000 anni or sono: la scoperta e le sue implicazioni sono state annunciate sulla rivista PLoS One da un gruppo di ricercatori italiani.
La conchiglia appartiene alla specie Aspa marginata, diffusa nelle acque del Mar Mediterraneo e dell’Oceano Atlantico lungo la costa dell’Africa occidentale: essendo una specie che viveva a non meno di 100 km dal luogo di ritrovamento, la sua presenza nella Grotta di Fumane è spiegabile solo dal trasporto umano. Analisi approfondite hanno evidenziano la presenza sia di numerose piccole incisioni non casuali sulla sua superficie e che di una colorazione a base di ematite, un pigmento naturale di origine minerale che conferisce agli oggetti un colore rosso scuro.
A questo punto, i ricercatori si sono focalizzati su possibili motivazioni che hanno spinto i Neanderthal a portare con sé la conchiglia e decorarla in quel modo: dopo aver escluso la possibilità che fosse utilizzata come strumento, data l’assenza di segni di modificazione funzionale o di effettivo uso, o come recipiente per contenere i pigmenti, date le sue ridottissime dimensioni, hanno concluso che con ogni probabilità doveva trattarsi di un oggetto ornamentale, quale un pendaglio.
Sebbene rimanga la possibilità che la conchiglia sia stata portata alla grotta e decorata senza alcun fine specifico, il ritrovamento indica come tale oggetto fosse molto probabilmente una componente della cultura simbolica degli uomini di Neanderthal. Il pensiero simbolico, concludono i ricercatori, sembra essere sempre di più una caratteristica dei nostri cugini, e si sarebbe dunque originato ben prima dell’arrivo di Homo sapiens in Europa.
Crediti immagine: Francesco Bartaloni, Flickr