CRONACA – Non è possibile rinunciare alla trasparenza quando si gestiscono soldi pubblici.
È la posizione assunta dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, che ha annunciato la scorsa settimana il proprio ritiro dal progetto europeo COMBACTE, parte della Innovative Medicines Initiative. Il progetto, finanziato per circa il 40% dall’Unione Europea, è dedicato ad affrontare il problema della antibiotico-resistenza, e prevede una collaborazione tra diversi istituti di ricerca e tre case farmaceutiche. È stato proprio il rapporto con una delle industrie private a portare l’Istituto Mario Negri alla decisione di ritirarsi dall’iniziativa: la società britannica GlaxoSmithKline, che contribuisce in larga parte al finanziamento del progetto, non avrebbe fornito sufficienti garanzie di trasparenza nel trattamento dei dati ottenuti dagli studi.
«Nel corso delle trattative», spiega Silvio Garattini, direttore dell’Istituto Mario Negri, «abbiamo notato che c’era troppa segretezza per essere un progetto che utilizza soldi pubblici. Discutendo i particolari della collaborazione, ci siamo accorti di non avere l’accesso ai dati degli altri partner del progetto, non potevamo avere un’idea del risultato finale».
Accettando i termini della collaborazione, i ricercatori sarebbero stati costretti a firmare lavori scientifici senza aver accesso a tutti i dati.
Da qui la decisione di ritirarsi dall’iniziativa. Una decisione, precisa Garattini, che non è stata presa con leggerezza: rinunciare ai finanziamenti del progetto può significare un sacrificio economico non trascurabile.
L’accettazione delle normative imposte dalle aziende sulla proprietà intellettuale dei dati e dei prodotti che provengono da studi scientifici non è certo una novità, e qualsiasi collaborazione con industrie private prevede un compromesso in materia. Ma la mancanza di trasparenza, sottolinea Garattini, è particolarmente grave quando sono coinvolti finanziamenti pubblici, in questo caso più di 80 milioni di euro di fondi europei.
L’Istituto Mario Negri è stato l’unico tra le 16 istituzioni di ricerca pubbliche coinvolte nel progetto a ritenere inaccettabile il compromesso con la GlaxoSmithKline.
«Non possiamo giudicare il comportamento degli altri», commenta Garattini, «Noi dobbiamo però agire in coerenza con i nostri principi etici».
Soltanto lo scorso febbraio, la GlaxoSmithKline aveva suscitato un forte interesse con la dichiarazione di voler rendere pubblici tutti i dati degli studi clinici. Seppure considerato da alcuni una conseguenza del pagamento di 3 miliardi di dollari per l’accusa di aver manipolato l’evidenza scientifica dei sui studi, l’annuncio era stato giudicato un enorme passo avanti verso la trasparenza dei dati da parte delle industrie farmaceutiche.
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