Combattere il grano con il grano
Il grano monococco contiene un glutine più fragile, più digeribile e meno tossico rispetto al grano tenero
RICERCA – Prevenire la celiachia attraverso la conversione a un regime alimentare basato su una particolare tipologia di grano. Sembra un controsenso, ma è quanto rivela uno studio del Consiglio Nazionale delle Ricerche apparso recentemente sulla rivista Molecular Nutrition and Food Research. Un team di ricercatori dell’Istituto di scienze dell’alimentazione (Isa-Cnr) di Avellino e dell’Istituto di biochimica delle proteine (Ibp-Cnr) di Napoli hanno infatti dimostrato come le caratteristiche del glutine presente nel grano monococco – noto anche sotto il nome di orzo piccolo, una delle più antiche specie di cereale coltivato dall’uomo – lo rendano digeribile anche per persone affette da celiachia.
All’incirca 10.000 anni fa, durante il periodo che va sotto il nome di Neolitico, grazie alla coltivazione del grano, l’uomo primitivo sperimentava per la prima volta il passaggio da uno stile di vita incentrato sulla caccia e la raccolta a uno basato sul controllo diretto della quantità di risorse necessarie al suo sostentamento. Da allora la nostra specie ha fatto giganteschi passi in avanti, sviluppando tecnologie in grado di rendere la coltivazione di questo cereale più intensiva, meno soggetta alle intemperie e soprattutto più adatta all’evoluzione dei gusti dell’uomo civilizzato. Eppure il progresso non è sempre espressione di benessere: insieme alla nostra sofisticatissima capacità di lavorare e trasformare questo alimento basilare della nostra dieta, abbiamo infatti visto crescere anche l’incidenza dei disturbi associati all’assunzione di grano e ai suoi derivati, diventati ormai un fenomeno endemico. La celiachia, la malattia autoimmune associata al consumo di glutine, per dare qualche numero, è l’intolleranza alimentare più diffusa a livello globale e, secondo l’Associazione Italiana Celiachia (Aic), in Europa ne soffrirebbe all’incirca l’1% della popolazione.
“Il monococco è un frumento con un genoma più semplice rispetto agli altri cereali e ha costituito la base della dieta delle popolazioni agricole per migliaia di anni, sostituito poi in gran parte dal grano tenero e duro, più produttivi e di facile trebbiatura”, spiega Mamone, coordinatore della ricerca per l’Isa-Cnr. “Con il nostro studio abbiamo scoperto che varietà antiche di questo cereale contengono un glutine più fragile e dunque più digeribile e meno tossico rispetto al grano tenero (Triticum aestivum). La riproduzione in vitro del processo di digestione gastrointestinale, seguita dall’analisi dalla valutazione della tossicità immunologica su biopsie intestinali e cellule linfocitarie prelevate da soggetti celiaci, ha dimostrato che la parte proteica del glutine, dannosa per i celiaci, è in gran parte distrutta durante il processo di digestione del grano monococco, contrariamente a quanto succede per il glutine del grano tenero”.
I risultati della ricerca non ci consentono ovviamente di affermare che sia stata trovata una soluzione definitiva per la cura della celichia: l’orzo piccolo, pur presentando caratteristiche peculiari, è un frumento, e come tale rimane un portatore di glutine. Tuttavia, le sue qualità potrebbero fornire un ottimo strumento per la prevenzione della malattia. Delle doti di monococco, inoltre, potrebbero beneficiare tutte quelle persone affette da intolleranze o allergie. “Seppur notevolmente meno dannoso – ha commentato Carmen Gianfrani, coordinatrice dello studio per l’IBP-CNR – il monococco non è comunque idoneo per pazienti che hanno già manifestato la celiachia. Invece potrebbe avere effetti benefici sullo sviluppo della malattia in soggetti ad alto rischio di celiachia. Infatti, dal momento che esiste una stretta correlazione tra la quantità di glutine assunta e la soglia per scatenare la reazione infiammatoria avversa, un’azione preventiva potrebbe essere quella di utilizzare grani con minor contenuto di glutine. Pertanto – conclude la ricercatrice – un grano come il monococco che contiene un glutine più digeribile, e dunque meno nocivo, potrebbe essere un valido strumento per la prevenzione di questa patologia”.
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