Andrea Romano

Andrea Romano

Biologo e giornalista scientifico, lavora come ecologo all'Università degli Studi di Milano, dove studia il comportamento animale. Scrive di animali, natura ed evoluzione anche su Le Scienze e Focus D&R. Dal 2008, è caporedattore di Pikaia - portale dell'evoluzione
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Il nuovo gufetto indonesiano

L'avifauna dell'Indonesia, già nota per essere tra le più diversificate del mondo, si arricchisce di una nuova specie: si tratta di un piccolo strigiforme, un rapace notturno del genere Otus (quello che identifica gli assioli), endemico dell'isola di Lombok, la 'gemella' della famosa Bali.
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Aragoste giovani, aragostelle vecchie

CRONACA - Per la comprensione delle dinamiche di popolazione e la previsione degli andamenti demografici futuri, oltre alla dimensione di una popolazione in un dato momento, è fondamentale conoscerne la distribuzione delle età degli individui che la compongono. E' infatti noto che sia l'aspettativa di vita che la fecondità (ad esempio, il numero medio di figli generati) variano considerevolmente al variare dell'età. Per diversi gruppi di organismi la determinazione dell'età è relativamente semplice grazie alla comparsa e all'identificazione di alcuni tratti età-specifici, mentre in altri ne è possibile una stima attendibile sulla base dell'esistenza di strutture che riflettono la crescita annuale, quali gli anelli di crescita del fusto delle piante legnose o quelli del tutto simili presenti nelle scaglie epidermiche dei pesci. In molti altri taxa, in particolare se non particolarmente longevi, di piccole dimensioni e non in possesso di strutture simili agli anelli di crescita, la determinazione dell'età è molto più difficoltosa. E il problema è ancora più accentuato per le specie che compiono una muta periodica dell'esoscheletro, come i crostacei
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I parassiti del futuro che minacciano i lemuri

CRONACA - Tra i primati a maggiore rischio di estinzione ci sono numerose specie di lemuri del Madagascar: la continua distruzione del loro habitat forestale a causa della massiccia presenza umana e la caccia spietata a scopo alimentare a cui sono soggette diverse specie sono le principali cause del loro declino demografico. A queste minacce se ne aggiunge un’ulteriore, anch’essa indirettamente di origine antropica, e riguarda la futura espansione dei loro parassiti
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All’origine delle sirene

CRONACA - Tra i mammiferi acquatici il gruppo che comprende lamantini (3 specie della Famiglia Trichechidae: Trichechus manatus, Trichechus senegalensis, Trichechus inunguis) e dugonghi (1 sola specie della Famiglia Dugongidae: Dugong dugon) è quello dei sirenidi (Ordine Sirenia), gli unici a nutrirsi esclusivamente di piante acquatiche. Inoltre, a differenza di cetacei e pinnipedi, la storia evolutiva di questo ordine è ancora poco documentata a causa della scarsità di fossili a disposizione della comunità scientifica. Dal punto di vista filogenetico, i sirenidi sono universalmente riconosciuti come appartenenti ad un clade dei Paenungulata che comprende gli elefanti (Ordine Proboscidea) e gli iracoidei (Ordine Hyracoidea) di probabile origine africana (qui l'albero filogenetico dei mammiferi). I fossili più antichi (circa 48-50 milioni di anni fa) e quelli con caratteristiche più primitive di sirenidi, invece, appartengono alla famiglia Prorastomidae (generi Prorastomus e Pezosiren) e provengono dalla regione delle isole caraibiche. Questa incongruenza tra studi filogenetici e resti fossili ha da sempre limitato molto le speculazioni sull'evoluzione e la diversificazione di questo gruppo di mammiferi
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Australiani? Isolati, ma non troppo

COSTUME E SOCIETÀ - In un panorama scientifico in continuo divenire in cui le nostre conoscenze vengono quotidianamente modificate e messe in discussione da nuove scoperte, favorite a loro volta dallo sviluppo di tecnologie di indagine sempre più economiche e all'avanguardia, poche informazioni sono considerate in qualche modo 'consolidate'. Nell'ambito dello studio dell'evoluzione umana e del popolamento della nostra specie dell'intero pianeta, una di queste conoscenze acquisite riguarda la colonizzazione del continente australiano e il successivo isolamento delle popolazioni giunte in questi territori dopo il primo imponente episodio migratorio. In generale, infatti, si è sempre pensato che le prime popolazioni umane giunsero in Australia intorno a 40.000 anni fa e che, almeno fino ai tempi storici, queste rimasero isolate dal resto dell'umanità (a parte contatti puntiformi con gli abitanti di Nuova Guinea e delle isole indonesiane e melanesiane). Questo punto fermo era basato su diversi studi che avevano confrontato il DNA degli aborigeni australiani con quello di diverse popolazioni provenienti da tutti gli altri continenti. Forse però questi studi non erano così approfonditi e condotti su campioni troppo ristretti poter cogliere alcuni importanti dettagli, come si legge sulle pagine della rivista PNAS in una ricerca condotta da Irina Pugach del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia ed altri ricercatori di svariate nazionalità che mette in dubbio questa nozione largamente condivisa. Lo studio ha analizzato, e successivamente confrontato tra loro, la varibilità all'interno dei genomi di aborigeni australiani, abitanti della Nuova Guinea e delle maggiori isole del Sudest asiatico, nonché di alcune popolazioni indiane provenienti dalle regioni da cui probabilmente partirono gli antenati dei primi colonizzatori dell'Australia.
CRONACA

Primo video del leggendario calamaro gigante in natura

CRONACA - Da secoli alimentano fantasie e leggende dei popoli legati al mare e fino a pochi anni fa solo marinai e pescatori hanno avuto la possibilità di incontrarne uno vivo. Stiamo parlando dei calamari giganti, leggendari organismi delle profondità oceaniche, le cui dimensioni corporee possono superare i 10 metri di lunghezza, anche se alcune fonti hanno descritto individui che raggiungevano i 20 metri. Dal punto di vista tassonomico appartengono alla famiglia Architeuthidae, composta dall'unico genere Architeuthis, anche se non si conosce il numero di specie preciso data la pochezza degli avvistamenti in natura e la scarsità delle informazioni sulle loro abitudini ecologiche. Infatti, sulla biologia di questi organismi la comunità scientifica possiede solo poche e frammentarie informazioni, tra cui che sono attivi predatori degli abissi, che presentano un accentuato dimorfismo sessuale di taglia (le femmine sono di dimensioni solitamente maggiori rispetto ai maschi) e che costituiscono la principale fonte di alimentazione del capodoglio (Physeter macrocephalus), un cetaceo cosmopolita che abita la maggior parte degli oceani del globo terrestre
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Più serpenti uguale più ragni

AMBIENTE - L'introduzione di specie aliene in un ambiente non in grado di contenerne la crescita demografica è tristemente nota essere tra le principali cause dell'attuale perdita di biodiversità a livello globale. Uno degli esempi 'da manuale' delle conseguenze disastrose di questo fenomeno è il famoso caso del Boiga irregularis, un serpente arboricolo accidentalmente approdato nei decenni scorsi sull'Isola di Guam, nell'Oceano Pacifico. Dall'arrivo di questa vorace specie si sono succedute ripetute estizioni della fauna locale, e particolarmente pesanti sono state le conseguenze per le popolazioni di uccelli forestali: 10 delle 12 specie che erano presenti sull'isola si sono estinte, mentre le due rimanenti sono state portate al collasso demografico e ora sono strettamente protette in aree in cui viene condotta una quotidiana procedura di eradicazione del predatore. Gli uccelli si sono evoluti in un ambiente privo di predatori arboricoli e dunque non hanno evoluto le strategie antipredatorie necessarie per ridurre le probabilità di cadere vittima dei serpenti
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Il delfino fantasma prende forma

Se fosse chiamato delfino fantasma non ci sarebbe nulla di male, dal momento che vengono portate le prime evidenti prove della sua esistenza: la vicenda riguarda la balena dai denti a spatola, o meglio il mesoplodonte di Travers (Mesoplodon traversii), specie che non é mai stata avvistata (viva) in natura, ma di cui si sospetta l'esistenza da oltre un secolo, tanto che possiede una collocazione tassonomica ben definita. Le prime testimonianze fugaci della specie risalgono alla fine del XIX secolo, quando una mascella fu rinvenuta in Nuova Zelanda ma poi confusa con quella di una specie affine. Nel secolo successivo altri due ritrovamenti ossei (due scatole craniche) hanno arricchito il povero record della specie, ma anche questa volta i resti non furono correttamente assegnati. Si è dovuto attendere solo il 2002 perché, grazie ad analisi sul DNA, i tre reperti fossero con certezza assegnati a questa enigmatica specie, di cui fino ad oggi non si conosceva l'aspetto
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