CRONACA

Envisat, addio per sempre

CRONACA - Non è bastato l’accorato appello delle sue ammiratrici, lanciato poco meno di un mese fa dalle pagine di Oggiscienza, a riportarlo in vita. Il satellite Envisat, dal quale non si ricevono più segnali dall’8 aprile scorso, ha smesso definitivamente di funzionare e l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha dichiarato chiusa la sua missione. Dal momento della perdita del suo segnale, un team di ingegneri ha cercato invano di recuperare i contatti col satellite. I tecnici ipotizzano che alla base della perdita di Envisat ci possa essere il blocco dei sistemi di controllo dell’alimentazione oppure un’anomalia che ha lasciato irreversibilmente il satellite in una pozione di stand-by. Lanciato in orbita più di dieci anni fa, Envisat ha inviato alla Terra oltre mille terabytes di dati, utili per monitorare l’atmosfera, gli oceani e le calotte polari e ha fornito agli scienziati preziose indicazioni sullo stato di salute del Pianeta. Finora, oltre 2500 pubblicazioni scientifiche si sono basate sui dati inviati dall’instancabile satellite
LA VOCE DEL MASTER

Fioriture frettolose

LA VOCE DEL MASTER - Le piante rispondono al riscaldamento globale, anticipando il momento della fogliazione e della fioritura, in modo molto più rapido di quanto abbiano finora stimato le osservazioni sperimentali. È il risultato di uno studio, frutto della collaborazione tra 22 istituzioni europee ed americane, pubblicato questa settimana su Nature. La fenologia, cioè l’analisi temporale degli eventi legati al ciclo di vita delle piante, viene considerato uno dei parametri per monitorare la risposta del mondo vegetale ai cambiamenti climatici. A seguito del riscaldamento terrestre alcune specie vegetali fioriscono giorni o addirittura settimane prima rispetto a qualche decennio fa. Ad esempio, la fioritura dei famosi ciliegi di Washington D.C., che attira ogni anno migliaia di visitatori, è anticipata di circa una settimana rispetto al 1970. Data la scarsità di archivi storici che monitorassero il fenomeno, gli scienziati hanno in alternativa studiato gli effetti del riscaldamento terrestre sulla fioritura delle piante con modelli sperimentali, riscaldando artificialmente piccoli appezzamenti di terreno e analizzandone gli effetti. Sulla base di questi risultati, circa 2-3 giorni di anticipo nella fioritura per ogni grado di aumento, si sono estrapolate previsioni sull’evoluzione degli ecosistemi per i prossimi 20 anni
CRONACA

Nuovi studi e vecchie dicerie sull’autismo

A VOCE DEL MASTER - In occasione della Giornata Mondiale dell’Autismo, che si è svolta il 2 aprile scorso, si sono riaccesi i riflettori mediatici, in maniera più o meno appropriata, su questa complessa patologia. Risale a qualche giorno prima la pubblicazione da parte del CDC (Centre for Disease Control and Prevention) di un rapporto che dà il numero di bambini statunitensi affetti da disturbi dello spettro autistico nel 2008 in aumento del 78% rispetto al 2000. Secondo questi dati, ne soffrirebbe un bambino su 88. Numeri tutt’altro che generosi, che fanno capire la necessità di un dibattito costante e costruttivo sugli aspetti sociali e scientifici che riguardano questo disturbo. Obiettivo non sempre facile da raggiungere dal momento che c’è ancora chi associa l’aumentato numero di casi di autismo a vecchie leggende ormai sfatate da tempo. Come Donald Trump, qualche sera fa nel programma Fox News, che ha avanzato (di nuovo!) la “teoria” che siano le vaccinazioni le colpevoli di questo incremento, nonostante questa si sia rivelata una delle più grosse frodi scientifiche degli ultimi anni (di cui si è occupata anche Oggiscienza).
LA VOCE DEL MASTERPODCAST

ScienceForward – Energia dal mare

ASCOLTA IL PODCAST! LA VOCE DEL MASTER - Torna l'appuntamento con Science  Forward, il podcast del Master in Giornalismo Scientifico Digitale della Sissa di Trieste, ogni due settimane  su Oggiscienza. La necessità di trovare nuove fonti di energia rinnovabili sta spingendo gli scienziati a esplorare panorami sempre più originali. Avete mai pensato, guardando il mare, che potesse essere una fonte di energia? Gianmaria Sannino, ricercatore dell'Enea, e Giuliana Mattiazzo, ingegnere del Politecnico di Torino ci descrivono come sia possibile catturare il movimento delle onde e trasformarlo in elettricità. La protagonista di Riciclati...
LA VOCE DEL MASTER

Screening anti-tumorali da una goccia di sangue

LA VOCE DEL MASTER - La Sissa, insieme all'Università di Trieste e al CRO di Aviano, ha dato il via ad un innovativo progetto con l'obiettivo di sviluppare nuovi strumenti per la diagnosi precoce dei tumori. Alessandro Laio, scienziato della Sissa coinvolto nel progetto, ci spiega come si potrebbero individuare marker proteici tumorali che, combinati con dei nanodipositivi, fornirebbero strumenti diagnostici rapidi e non invasivi.
LA VOCE DEL MASTER

Un database pubblico sulla salute degli oceani

LA VOCE DEL MASTER - Pochi giorni fa è stato pubblicato in rete il più completo database riguardante i livelli di anidride carbonica (CO2) misurati sulla superficie degli oceani negli ultimi 40 anni. L’atlante, chiamato SOCAT (Surface Ocean CO2 Atlas), comprende 6.3 milioni di misurazioni eseguite in navi da ricerca o imbarcazioni commerciali in giro per gli oceani a partire dal 1968 fino ad oggi. L’ideazione di SOCAT è partita nel 2007 a seguito dalla necessità, espressa da oceanografi e climatologi di tutto il mondo, di riunire in un unico formato tutti i dati disponibili sulla quantità di CO2 presente nelle acque marine del pianeta. Alla stesura del database hanno partecipato più di 100 scienziati da diverse nazioni, coordinati, fra gli altri, dall’Università dell’East Anglia (UEA) e dalla Commissione Oceanografica Intergovernamentale (IOC) dell’UNESCO. Il database è a portata di click per chiunque lo voglia consultare. É stato infatti ideato per essere facilmente interrogabile da scienziati ma è aperto anche anche a curiosi o appassionati
CRONACA

Il pranzo è servito e il Velociraptor ringrazia

CRONACA - Se dopo aver visto Jurassic Park siete rimasti impressionati dal temibile Velociraptor e magari avete curiosità sulle sue abitudini alimentari, sarete appagati da questa scoperta. È stato infatti possibile analizzare l’ultimo pasto di un Velociraptor vissuto 75 milioni di anni fa grazie ad un osso trovato nel suo apparato digerente. Il risultato? A quanto pare questo feroce predatore non disdegnava pranzi pronti e serviti. Il fossile del dinosauro in questione è stato ritrovato nel deserto del Gobi nel 1994 ma i risultati dettagliati delle analisi sono apparsi solo ora sulla rivista Palaeogeography, Palaeoclimatology, and Palaeoecology. I ricercatori hanno ritrovato all’interno della cassa toracica del Velociraptor, lì dove si sarebbe trovato lo stomaco, un frammento osseo lungo 75 mm. Le analisi hanno rivelato che si tratta di un osso di Pterosauro, un grosso dinosauro volante con un’apertura alare di più di 2 metri. I ricercatori dell’Università di Dublino, che hanno condotto lo studio insieme ad un team internazionale di studiosi, sembrano non avere dubbi sul fatto che un Velociraptor, non più alto di 50 cm, non potesse attaccare un volatile così grosso. Sembra quindi che il fortunato predatore sia incappato in una carcassa di Pterosauro e ne abbia ricavato un lauto pranzo
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Svelato il genoma di Schistosoma haematobium

LA VOCE DEL MASTER - Più di 230 milioni di persone infettate ogni anno in 77 nazioni, stando ai dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Queste le cifre della schistosomiasi, una malattia parassitaria seconda solo alla malaria in termini di diffusione. Ora, grazie ad uno studio pubblicato su Nature Genetics, si potranno sviluppare ulteriormente le terapie. Un team internazionale di ricercatori, coordinato dall’Università di Melbourne, ha infatti sequenziato il genoma di Schistosoma haematobium, uno dei parassiti che causano la schistosomiasi. Ed è bastata una piccola quantità di DNA, circa 200 nanogrammi estratta da due larve, per svelarne la sequenza. Lo Schistosoma haematobium, diffuso soprattutto nell’Africa sub-sahariana, attacca il sistema uro-genitale. È stato associato all’insorgenza del cancro alla vescica ed è considerato come fattore di rischio per le infezioni da HIV, soprattutto nelle donne. La trasmissione all’uomo avviene in acque infette tramite il contatto con piccole larve rilasciate da lumache d’acqua dolce. All’interno dell’organismo umano, i vermi adulti vivono nei vasi sanguigni mentre le uova si insediano nell’epitelio vescicale, provocando infezioni croniche fino a favorire la comparsa del cancro.
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