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Inchieste e reportage dal mondo della scienza. Una lente d’ingrandimento sul ruolo che la ricerca svolge nei temi più caldi e controversi della nostra società.

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Perchè non “Bosone di Englert”?

“Per la scoperta teorica di un meccanismo che contribuisce alla nostra comprensione dell'origine della massa di particelle subatomiche” si legge nelle motivazioni dell’Accademia Reale Svedese delle Scienze, che ha conferito il Premio Nobel per la Fisica 2013 a François Englert insieme a Peter Higgs.
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Nobel Medicina per le scoperte sul sistema di trasporto delle cellule

Se pensate che vincere il premio Nobel sia il momento più eccitante nella carriera di uno scienziato vi sbagliate. «Certo lo è, ma il momento in cui ci si rende conto di aver fatto una scoperta fondamentale per la scienza, universalmente accettata, lo è ancora di più». Lo ha rivelato ieri alla Tv svedese, James E. Rothman, dell’Università di Yale, uno dei tre scienziati vincitori del premio Nobel per la Fisiologia o la Medicina 2013.
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Il Nobel per la fisica al bosone di Higgs

Habemus praemium! Dopo un'attesa durata oltre il previsto, l'Accademia reale svedese ha proclamato i Nobel per la fisica 2013. Dopo i computer superveloci nel 2012, è la volta del tanto atteso bosone di Higgs. Il premio è stato assegnato al fisico britannico Peter Higgs, da cui il bosone prende il nome, e al belga François Englert, per aver teorizzato le modalità in cui le particelle elementari acquisiscono massa: modalità confermate dalla scoperta al Cern del bosone, l'anno scorso.
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Perché non esiste il Nobel per la matematica?

Come ogni autunno, anche quest’anno è tempo di Nobel, e per qualche giorno la comunità scientifica si raccoglie intorno a questo evento, trasudando speranze, attese, delusioni e qualche vittoria. In realtà, non tutto il mondo scientifico è coinvolto direttamente in questa sequela di trepidazioni: l’universo dei matematici come è noto, non ha ad esempio nessuna propria categoria di rappresentanza.
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Nessun uomo è un’isola…oppure sì?

Nessun uomo è un'Isola, intero in se stesso. Ogni uomo è un pezzo del Continente, una parte della Terra. Se una Zolla viene portata via dall'onda del Mare, la Terra ne è diminuita, come se un Promontorio fosse stato al suo posto, o una Magione amica o la tua stessa Casa. Ogni morte d'uomo mi diminusce, perchè io partecipo all'Umanità. E così non mandare mai a chiedere per chi suona la Campana: Essa suona per te. -- John Donne, Meditation XVII Questi versi di John Donne costituiscono un meme di indubbio successo (questa versione è un semplice copia incolla da uno dei primi siti suggeriti da google), ma fuori dalla sfera mistica non hanno molto senso. Ogni persona è un'isola (o, meglio, un arcipelago) per i dominatori del pianeta: i microbi.
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Fame

Questo post fa parte del VII° Carnevale della biodiversità, il cui argomento è “Ho visto cose... la biologia dei mondi fantastici”. Il Carnevale è ospitato da Livio Leoni, sul suo blog Mahengechromis, dove potete trovare anche tutti gli altri blog della “manifestazione”. Tutti i viventi devono mangiare. Sembra un'ovvietà, ma non è così. Nel caso degli animali la fame e, per estensione, la sete sono le pulsioni più potenti assieme a quella a riprodursi, che però si manifesta in seguito. La fame stimola comportamenti estremi che, nel caso dell'uomo, riescono addirittura ad aggirare raziocinio ed etica: si pensi agli episodi di cannibalismo in situazioni limite, o alle storie di naufraghi che, stremati dalla sete, cedono e tentano di dissetarsi con acqua di mare.
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Speciale trapianti: organi in provetta

SPECIALI - (Questo articolo fa parte dello "Speciale trapianti") E ci sono infine le cellule staminali, quelle che hanno destato il maggior interesse nei media e nel pubblico, insieme alla cosiddetta “ingegneria tissutale”. Un connubio che consentirebbe di costruire organi direttamente in laboratorio utilizzando congiuntamente la chimica e le nanotecnologie. Lo scorso anno i ricercatori sono riusciti a dare vita a piccoli organi animali a partire da cellule staminali in laboratorio. Sia per il polmone della Yale University che per il fegato della Wake Forest University di Boston, gli organi non sono stati costituiti però interamente da staminali, ma piuttosto da strutture di appoggio ricavate da materiali plastici o sistemi derivati dalle nanotecnologie ricoperti da cellule come farebbe uno strato di cute. A marzo del 2010 e a giugno del 2011 sono stati effettuati i primi due interventi di trapianto di trachea bioartificiale. Entrambi gli interventi sono stati coordinati dal professor Paolo Macchiarini, esperto italiano emigrato all'estero, oggi in forza al Karolinska Institutet di Stoccolma, e considerati delle vere novità perché si tratterebbe dei primi trapianti al mondo di questo genere. A marzo del 2010 il prof. Macchiarini, insieme ad un'equipe del Great Ormond Street Hospital for Children di Londra, ha trapiantato un'intero tratto di trachea in un ragazzino di dieci anni affetto da una stenosi congenita. La trachea, in quel caso, proveniva da un donatore, ma tutte le vecchie cellule del donatore sono state rimosse dall'organo lasciandone intatta la struttura sulla quale sono state fatte proliferare le cellule staminali ricavate dal ricevente. Si è trattato in pratica di rivestire di cellule epiteliali la struttura cartilaginea, azzerando così il rischio di rigetto
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Speciale trapianti: xenotrapianti

SPECIALI - (Questo articolo fa parte dello "Speciale trapianti") Per un attimo agli inizi degli anni Novanta la possibilità di trapianti d'organi provenienti da animali è sembrata realistica, ma le paure più grandi che allora, come oggi, ci ostacolano sono per lo più immunologiche: come poter trapiantare un organo di un animale senza incappare nel rigetto iperacuto (che avviene a poche ore di distanza dall'intervento e causa la perdita dell'organo) e come risolvere il rischio da parte del ricevente umano di contrarre infezioni virali di derivazione animale, quei virus che facendo il cosiddetto salto di specie, in linea teorica possono colpire il paziente rendendo inutile l'intervento e anche diffondersi ad altre persone. Gli studi che sono stati condotti in questi anni si sono focalizzati sui primati non umani e sui maiali, ma, anche se i primati sono molto più simili all'uomo e le speranze di riuscita potrebbero risultare maggiori, non è questa la via che si sta seguendo: “Le uniche tre specie che garantirebbero un cuore a un individuo di una certa taglia – afferma Emanuele Cozzi, responsabile dell'Unità Operativa di Immunologia dei trapianti dell'Ospedale di Padova e direttore scientifico del Consorzio per la Ricerca sul Trapianto di organi, tessuti, cellule e medicina rigenerativa (CORIT) – sono lo scimpanzè, l'orangutan e il gorilla, che, oltre ad essere difficili da gestire dal punto di vista della stabulazione, sono tutte in via di estinzione e quindi protette. I maiali da allevamento convenzionale, invece, vengono generalmente sacrificati per l'alimentazione umana quando pesano 120-150 chili e quindi, scegliendoli per lo xenotrapianto, non si presenterebbe alcun problema di misura
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Speciale trapianti: fabbriche di organi artificiali

SPECIALI - (Questo articolo fa parte dello "speciale trapianti") Quando un organo viene trapiantato non gode di lunga vita. In generale si stima che appena il 50% dei pazienti che sono stati sottoposti ad un trapianto mantengono le funzionalità dell'organo dopo quindici-vent'anni anni. A questo va aggiunto che l'età media dei donatori si è alzata notevolmente e quindi gli organi disponibili, sempre difficili da reperire in numero sufficiente, molto spesso non sono più giovanissimi. Questi alcuni dei motivi per i quali la ricerca e la sperimentazione clinica si stanno muovendo verso strade alternative. Per esempio i mini-organi artificiali che però secondo Nanni Costa, direttore del Centro Nazionale Trapianti, non soddisfano ancora.“È chiaro che nel momento in cui ci sarà un micro rene artificiale che funzionerà bene e garantirà anche tutte le funzioni endocrine del rene naturale, allora potrà esserci un futuro" ma questo biettivo è ancora lontano. "Invece, il discorso è diverso per il cuore, perché ha un'unica funzione relativamente semplice ed infatti questo dispositivo è già in uso”. Si chiama VAD (Ventricular assist device) di terza generazione ed è una mini pompa in materiale biocompatibile, molto simile per aspetto ad una pila stilo, che va impiantata all'apice del ventricolo malfunzionante e che viene collegata all'esterno con un cavo. Servono poi batterie, caricatore e un computer dal quale poter monitorare il funzionamento del dispositivo. A differenza del cuore naturale trapiantato, questo mini cuore potrebbe potenzialmente funzionare all'infinito perché la parte attiva, che lavora stando sospesa in un campo magnetico in modo da eliminare l'attrito, non si usura. In Italia è stato impiantato per la prima volta dall'equipe del dottor Ettore Vitali all'Istituto Clinico Humanitas.
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Speciale trapianti: lo stato dell’arte

SPECIALI - Di organi, di tessuti, di cellule. Possiamo superare i limiti biologici con organi artificiali e animali, “pile” per far battere il cuore, fegati e occhi in vitro o cuori rigenerati grazie alle staminali? Oggi in Europa 12 persone moriranno nell'attesa di un organo. È questo il numero che riguarda le morti giornaliere dovute alla mancanza di organi disponibili che è stato segnalato sull'ultimo rapporto annuale mondiale sui trapianti presentato a Strasburgo. In totale in questo momento sono 56.000 le persone in lista d'attesa in tutta Europa per ricevere un organo, solo in Italia 9.221. E anche se il nostro Paese è considerato tra i primi posti in fatto di trapianto d'organo con all'attivo 2.572 interventi nel 2011, di cui 170 da donatore vivente, non basta. Nel 2010 in Italia sono morte aspettando 511 persone in lista: 159 attendevano un rene, 195 un fegato, 98 necessitavano di un cuore nuovo e 59 desideravano polmoni funzionanti
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