SALUTE - Un segnale che con la sua presenza specifica può svelare una patologia e fornire una prima indicazione per una diagnosi. Si tratta del cosiddetto biomarker, un indicatore (proteina, gene ...) utile per monitorare processi biologici di diversa natura, tra cui quelli patologici.
Cercare un possibile marcatore è ancora più utile quando la diagnosi è difficile, o addirittura possibile solo post mortem.
La timosina beta 4 è proprio uno di questi. Si tratta di una proteina trovata in modo specifico nel liquido cefalo-rachidiano di pazienti affetti dal morbo di Creutzfeldt-Jakob (CJD, Creutzfeldt-Jacob Disease), patologia neurodegenerativa rara e parente della più conosciuta encefalopatia spongiforme bovina, o mucca pazza.
Allo stato attuale la diagnosi viene fatta attraverso l'analisi dei sintomi in fase clinica, spesso in condivisione con altre forme di demenza, o grazie a marcatori meno specifici, come la 14-3-3 e la TAU, due proteine comuni ad altre malattie neurodegenerative
LA VOCE DEL MASTER - I week end all’insegna del “colorito perfetto” sono alle porte e anche se richiamare all’uso della protezione solare può suonarvi banale, non lo è per niente. Esporsi in modo irresponsabile al sole aumenta davvero la probabilità del verificarsi degli errori al DNA che sono all’origine dei tumori della pelle: non è uno slogan per vendere l’ennesima crema protettiva, bensì l’ultimo passo della ricerca sul melanoma, pubblicato qualche giorno fa su Nature.
AMBIENTE - La prossima volta che sentite un allarme ‘squalo’ ricordatevelo: la presenza dell’uomo ha portato alla riduzione del 90% (90% !) delle popolazioni di squali negli ultimi tre decenni. Secondo questa recente ricerca, quindi, chi dovrebbe aver paura forse non siete voi…
A dir la verità non stiamo parlando del Mediterraneo; si tratta invece del primo studio a larga scala sugli squali del Pacifico centro occidentale condotto nell’ambito del Pacific Reef Assessment and Monitoring Program della NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration). 46 gruppi di isole, incluse le Hawaii e le isole Samoa, sono stati ‘setacciati’ dal 2004 al 2010 mediante immersioni subacquee. I risultati non lasciano spazio al dubbio: in prossimità delle aree antropizzate meno del 10% delle popolazioni originarie di squali di barriera sopravvive.
Secondo gli autori del lavoro, le acque calde, la complessità dei reef e l’ampia disponibilità di potenziali prede renderebbero le isole un habitat ottimale per gli squali ma la pressione antropica ne modifica profondamente l'effetto attrattivo: la presenza di un centinaio di abitanti è già sufficiente a ridurre del 20% le popolazioni di squali mentre ne basterebbero circa mille per raggiungere il 60%. Colpa della pesca illegale, delle uccisioni accidentali, del finning e della pesca sportiva, dicono i ricercatori. Senza dimenticare la distruzione degli habitat e la sovrappesca dei pesci che costituiscono la base della dieta degli squali
CRONACA - Non è bastato l’accorato appello delle sue ammiratrici, lanciato poco meno di un mese fa dalle pagine di Oggiscienza, a riportarlo in vita. Il satellite Envisat, dal quale non si ricevono più segnali dall’8 aprile scorso, ha smesso definitivamente di funzionare e l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha dichiarato chiusa la sua missione.
Dal momento della perdita del suo segnale, un team di ingegneri ha cercato invano di recuperare i contatti col satellite. I tecnici ipotizzano che alla base della perdita di Envisat ci possa essere il blocco dei sistemi di controllo dell’alimentazione oppure un’anomalia che ha lasciato irreversibilmente il satellite in una pozione di stand-by.
Lanciato in orbita più di dieci anni fa, Envisat ha inviato alla Terra oltre mille terabytes di dati, utili per monitorare l’atmosfera, gli oceani e le calotte polari e ha fornito agli scienziati preziose indicazioni sullo stato di salute del Pianeta. Finora, oltre 2500 pubblicazioni scientifiche si sono basate sui dati inviati dall’instancabile satellite
IL PARCO DELLE BUFALE - Prosegue l'approfondimento sull'energia piezonucleare scoperta dal "professor" Cardone, e in subordine, da Roberto Mignani dell'Università di Roma3 e da Alberto Carpinteri del Politecnico di Torino, presidente dell’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRIM).
Riassunto della prima puntata. Durante un convegno a Torino, era presentata una forma di energia destinata “a cambiare il panorama scientifico ed energetico globale”, secondo La Stampa. In una ricerca pubblicata nel 2009 dal prof. Fabio Cardone infatti, il torio diluito in acqua e sottoposto a onde di pressione modificava il proprio tasso di decadimento naturale e produceva un po’ di neutroni. L'anno scorso il prof. Cardone ne produceva di più rompendo pezzi di granito insieme ad Alberto Carpinteri.
Seconda puntata
(Da tecnico C3 in un istituto del CNR, Fabio Cardone si dà del professore, la custode si adegua.) Grazie a un brevetto chiesto dal prof. Cardone, la Startec S.r.l. di Brugherio (Milano) costruisce reattori simili a quello realizzato dall'Esercito nel 2005 “sotto la direzione del colonnello Antonio Aracu”