Federica Sgorbissa

Federica Sgorbissa

Federica Sgorbissa è laureata in Psicologia con un dottorato in percezione visiva ottenuto all'Università di Trieste. Dopo l'università, ha ottenuto il Master in comunicazione della scienza della SISSA di Trieste. Da qui varie esperienze lavorative, fra le quali addetta all'ufficio comunicazione del science centre Immaginario Scientifico di Trieste e oggi nell'area comunicazione di SISSA Medialab. Come giornalista free lance collabora con alcune testate come Le Scienze e Mente & Cervello.
SALUTE

La faccia antivirale del Prozac

SALUTE - La fluoxetina, il principio attivo di potenti antidepressivi come il Prozac, sembra avere inaspettate qualità antivirali. In particolar modo la molecola si è dimostrata efficace contro gli enterovirus, che colpiscono in molte forme l'essere umano, talvolta anche in maniera fatale. Gli enterovirus contano più di cento virus a base di RNA, che provocano malattie come la poliomelite e alcuni tipi di encefalite. Il virus della poliomelite è stato debellato grazie all'immunizzazione, ma non esistono trattamenti per gli altri virus simili. La scoperta, avvenuta quasi per caso, degli effetti antivirali della fluoxetina apre a nuovi studi per comprendere attraverso quali meccanismi questa funzione protettiva si esplica
SALUTE

La vista – temporaneamente – ritrovata

[Crediti immagine: suzyq212] SALUTE - Un recente articolo pubblicato sulla rivista Neuron riporta un dato molto significativo (che comunque necessiterà di ulteriori conferme e di essere testato anche sull'uomo). Gli occhi di tre gattini ciechi, affetti dall'analogo felino della retinite pigmentosa, hanno riacquistato - temporaneamente - la capacità di reagire alla luce dopo un trattamento a base di un composto chimico chiamato AAQ. Dopo un'iniezione della sostanza i gatti tendevano ad allontanarsi da una fonte luminosa a LED cosa che non avevano mai fatto prima, e le loro pupille mostravano segni di contrazione, una normale reazione agli stimoli luminosi
COSTUME E SOCIETÀ

Pubblicità onesta (per lo scarabeo-rinoceronte)

COSTUME E SOCIETÀ - Se sei una femmina di scarabeo rinoceronte giapponese il consiglio è di guardare le dimensioni del corno del tuo pretendnete, e null'alltro (meno che meno le dimensioni dei genitali): solo quello ti darà garanzia della prestanza del tuo aspirante partner. Il corno infatti è un indicatore "onesto" dello stato di salute e nutrimento dell'individuo, in pratica solo un individuo sano e ben nutrito può avere un corno ben sviluppato. I maschi della specie portano infatti sul muso una protuberanza cornea che può arrivare a misurare fino a due terzi delle lunghezza totale del corpo, anche se la dimensione varia parecchio da individuo a individuo. Uno studio pubblicato su Science ha ora scoperto i meccanismi ormonali che regolano la crescita del corno
CRONACA

Esopo aveva visto giusto

CRONACA - Dopotutto i corvidi sono davvero capaci di risolvere il problema della brocca mezza vuota. Nella fiaba originale di Esopo la cornacchia assetata ma da becco troppo corto non riusciva a bere dalla brocca con poca acqua dentro, ma riempiendola di sassi raggiungeva finalmente il liquido prezioso. Un compito molto simile a quello che Nicola Clayton dell'Università di Cambridge e colleghi hanno fatto fare ai loro corvi. Gli scienziati però non si sono fermati qui, hanno confrontato la prestazione degli uccelli con quella di bambini di diversa età (4-10 anni). Risultato: sia i bambini (fino ai 7 anni) che i corvi risovevano il problema in 5 tentativi. I bambini più grandi però ci riuscivano la primo tentativo
CRONACA

Le (enormi) conseguenze di uno sbaglio

CRONACA - I vertebrati sono emersi circa 500 milioni di anni fa a seguito di due ondate di "errori" di duplicazione genetica che hanno portato al raddoppiamento dei geni negli organismi invertebrati (in una specie simile all'anfiosso attuale) che hanno dato poi via alla linea evolutiva dei vertebrati (come noi). Questi raddoppiamenti che hanno creato copie diverse dello stesso gene (alcune perse rapidamete ma altre mantenute del corso della storia evolutiva) da un lato hanno migliorato i sistemi di comunicazione cellulare dall'altro però, come si legge in uno studio appena pubblicato su Open Biology, hanno aiutato certe malattie a sopravvivere alle pressioni selettive.Carol MacKintosh, dell'Università di Dundee, e colleghi hanno studiato un complesso di centinaia di proteine che nell'organismo umano coordinano la risposta cellulare ai fattori di crescita e all'insulina. L'analisi biochimica di un sottogruppo "chiave" di queste proteine ha dimostrato che risalgono alle duplicazioni del genoma, nel Cambriano.
CRONACA

Il gregge è egoista

CRONACA - È l'uovo di colombo, ma i risultati sono interessanti. I biologi evoluzionisti ipotizzavano da tempo che il movimento complessivo di certi gruppi di animali, per esempio le le greggi di erbivori sia guidato dalla tendenza degli individui a portarsi verso il centro del gruppo e non invece di correre in linea retta lontano da un predatore o, ancora, di disperdersi in maniera caotica. Questa tendenza verso il centro minimizzerebbe la probabilità di restare al margine del gregge e quindi di essere catturato. Finora però nessuno era riuscito a studiare il fenomeno in maniera quantitativa. Strano che nessuno ci abbia pensato prima, ma Theodore Stankowich e colleghi dell'Università del Massacchussets, a Amherst, hanno messo un rilevatore di posizione GPS addosso a 46 pecore e ne hanno monitorato i movimenti con precisione in risposta alla presenza di un cane pastore. Hanno poi analizzato i movimenti con un calcolatore
POLITICA

Appello INFN

POLITICA - Riportiamo qui il testo e linkiamo l'appello appena diramato dal personale INFN su DL 95/2012 (spending review) - c'è anche una petizione: Il rappresentante dei ricercatori dell'INFN propone il presente documento - elaborato sulla base della mozione approvata dall'assemblea della Sezione di Napoli - riguardo al Decreto Legge del 6 luglio 2012 n.95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica) e invita tutto il personale a sottoscriverlo. Solidali con il presidente dell'INFN Prof. Fernando Ferroni, sosteniamo il suo impegno nel difendere e garantire l'eccellenza dell'attività di ricerca di tutte le componenti dell'Ente.
CRONACA

La matematica delle bolle

CRONACA - Un trucchetto matematico che i delfini usano per pescare potrebbe affinare le tecniche di rilevamento sonar in acque basse, per esempio quelle che servono per rilevare le mine. I delfini usano "racchiudere" i banchi di pesce che cacciano in un muro di bolle per intrappolarli, ma questo metodo potrebbe ridurre la prestazione del sistema sonar che questi animali usano per individuare oggetti (e altri pesci) nell'acqua. Infatti le bolle nell'acqua riflettono il segnale sonar meglio dei pesciolini che i deflini vorebbero mangiarsi. Perché usare le bolle allora, si sono chiesti gli scienziati? Timothy Leighton e colleghi dell'Univesità di Southampton pensano che i delfini usino un "trucco" basato sulla matematica. I ricercatori hanno generato dei "click" simili a quelli usati dal sonar del delfino dentro una vasca in cui una sfera di metallo (che simulava un pesce) era nascosta da una nuvola di bolle
SALUTE

Accumulo di sodio come marcatore per la SM

SALUTE - I risultati di questa ricerca potrebbero aiutare a formulare diagnosi di sclerosi multipla più precoci e precise, offrendo anche un quadro del decorso temporale della malattia. Un gruppo di scienziati della CNRS francese, che lavorano all'Università Aix-Marseille a Marsiglia, hanno misurato grazie una tecnica specifica di risonanza magnetica le concentrazioni di sodio in pazienti affetti da sclerosi multipla (e in un gruppo di controllo). I risultati sono stati netti. Nel cervello di pazienti affetti dalla malattia (sclerosi multipla recidivante remittente) sono presenti accumuli di sodio. Anche le differenze fra pazienti allo stadio precoce e quelli in fase avanzata hanno offerto indicazioni rilevanti: in coloro che avevano ricevuto una diagnosi entro 5 anni prima dell'esperimento (14 in tutto) gli accumuli ero localizzati in aree specifiche: il tronco encefalico, il cervelletto e il lobo temporale. Nei pazienti la cui diagnosi era più vecchia invece (15 soggetti) invece l'accumulo era generalizzato
ricerca

Vedere nella nebbia

FUTURO - Vedere attraverso la nebbia, tutto analizzando semplicemente la luce naturale. Questo è quello che una ricerca pubblicata su Nature Photonics promette. Ori Katz e colleghi del Weizman Instutute in Israele hanno messo a punto una tecnica che permette di ricostruire l'immagine di un oggetto anche se questo si trova oltre a un mezzo torbido, come la nebbia per esempio, o un vetro smerigliato. Anche se l'argomento è stato studiato a lungo, spiegano gli autori, finora gli scienziati ritenevano questo risultato molto difficile da raggiungere. La novità del lavoro di Katz e colleghi sta soprattuto nel fatto che la metodologia non richiede l'utilizzo di sorgenti di luce speciale, come i laser per esempio, ma utilizza la luce naturale diffusa attraverso il mezzo. La luce riflessa da un oggetto, quando passa attraverso altri corpi e strati di materia (anche semplicemente l'atmosfera) viene diffusa (in inglese "scattered") in diverse direzioni facendo arrivare ai nostri occhi un'immagine più o meno confusa. Il livello di degrado dell'immagine dipende dall'opacità del mezzo
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